mercoledì 4 novembre 2015

Traditori e Traditi

                              [Clicca sul titolo se vuoi scaricare l'articolo in formato PDF]
Può la sinistra italiana essere accusata di tradimento? Lo spunto ci viene offerto dal dibattito sul Blog di Alberto Bagnai. Risposte tra morale e politica nei mutamenti sociali.

   Il tradimento è l'atto (il fatto “oggettivo”) del venir meno ad un patto morale, ad un impegno volontariamente preso (“soggettivamente”). Esso viene compiuto dal traditore mascherando le proprie reali intenzioni verso il tradito, portato a fidarsi di lui. Spesso, ma non sempre, la vittima è colta di sorpresa dal tradimento.
  Sicché il tradimento implica diversi ingredienti: il rapporto tra l'atto oggettivo conclamato ed il patto morale soggettivo, la fiducia del tradito nel traditore, il momento specifico in cui il tradimento trova attuazione.
 Fin qui ci soccorre il dizionario.
Polemos
A cavallo degli anni sessanta e settanta il Pci fu accusato di tradire il comunismo. I democratici di sinistra (DS) furono accusati di tradire il dettato pacifista della Costituzione all'art. 11 quando a fine millennio (in rapida sequenza, prima Prodi e poi D'Alema) impegnarono il Paese nella “guerra umanitaria” della Nato in Kosovo.
Attualmente il PD (governo Renzi) è accusato di tradire la propria Carta dei Valori, con riferimento al combinato disposto delle modifiche costituzionali (Senato) e della legge elettorale (Italicum).
Da questo punto di vista, ci troveremmo di fronte, sul piano storico, ad un “tradimento continuato” da parte di personale politico che, mutando nome, tuttavia persevera nella stessa deriva politico-morale attraverso più generazioni.
Tralasciando la questione del comunismo, per restare al punto, ossia al tradimento della sinistra (che dovrebbe avere a cuore la democrazia come suo indispensabile habitat), dei tre ingredienti sopra elencati, mancano sia il “fattore sorpresa” che quello decisivo della “fiducia”.
Come può dirsi sorpresa la vittima, se il voltagabbana non si rivela tale all'improvviso? Come può accadere che l'inganno continui per così lungo tempo (vari decenni) senza che l'ingannato se ne sia potuto rendere conto? In questi casi, per lo meno, il sussulto d'indignazione e l'accusa di tradimento appaiono assai tardivi e “sospetti”.
Inevitabilmente viene chiamato in causa il terzo e più importate “ingrediente”: il rapporto tra il fatto oggettivo e quello soggettivo.
Posta seccamente, come la pone Bagnai, la questione non lascia scampo [vedi riquadro “Tra oggettivo e soggettivo”] e la sentenza di condanna non è scontata solo perché non appare altrettanto scontata la consapevolezza soggettiva, da parte del traditore, di ciò che va combinando.
Saremmo di fronte ad un “tradimento oggettivo”, dalla verifica del quale non si potrà sfuggire, dal momento che, nel loro divenire, i fatti oggettivi, inesorabili, riproporranno al pettine i nodi irrisolti. Come le contraddizioni dell'Eurozona ripropongono puntuali il riesame della scelta della sinistra di aderire alla moneta unica.
Eppure, può chiamarsi tale un tradimento che manca del carico morale soggettivo nell'atto del tradire? Se il traditore non si rende conto di tradire, moralmente sarebbe scusabile, purché riconosca l'errore (fatto diverso dal tradimento) e vi ponga adeguato rimedio.
Labilità dei ceti medi
Forse, gioverebbe comprendere che in qualche modo il tradito non è poi così ingannato dal traditore, giacché l'esperienza gli avrebbe più volte dimostrato quanto mal riposta sia stata la sua fiducia. Dal che si può risalire a diverse concause, nelle quali l'oggettivo ed il soggettivo si intrecciano e non si presentano in forma tanto chiara e distinta.
L'ingannato potrebbe essere stato cointeressato, coinvolto nel gioco. Una sorta di autoinganno per non riconoscere una falsa coscienza di sé. Sul piano sociale attiene all'ipotesi che in molti, nel popolo di sinistra, si siano sentiti parte della cosiddetta middle class, una categoria sociologica del consumo, attenta allo status che oscura quella della proprietà (dei marxiani “mezzi di produzione”). In tal caso quel popolo avrebbe supposto di essere ricco, per via di un fuggevole benessere da potere d'acquisto, restando però di fatto povero, in particolare nel momento in cui si è reso conto di non disporre più, o in misura ridottissima, dell'essenziale: lavoro, pensione, sanità, università, ambiente... E magari ai figli si prospetta un avvenire peggiore del proprio passato.
Alla radice, l'ipotesi contempla una trasformazione della società, avvenuta nei decenni appena trascorsi, mutando l'idea che essa nutre di se stessa: la classe operaia che non si auto-riconosce tale; in una società in apparenza non più divisa in classi, resa a tal punto “fluida” da escludere dalla sua coscienza una sua parte, un crescente numero di poveri ridotti ai margini come “scarti”. Una società in cui tutti sono imprenditori autonomi dal capitale, liberi prestatori d'opera, e persino una nonna italiana può credersi “imprenditrice” se paga una badante immigrata.
Quando la crisi ha rimesso ciascuno coi piedi a terra, è iniziato un salutare disinganno?
Non è automatico. I margini del “benessere” non sono ovunque e comunque totalmente erosi. Alcune generazioni senza la guerra addosso, in un tempo chiamato pace, hanno consentito l'accumulo di tanti risparmi (e la casa di proprietà)... Siamo nel post-industriale, in un Paese in stagnazione, tuttavia parte del club dei più ricchi al mondo...
E se la natura della società è cambiata, non percependosi nemmeno più come “società” ma unicamente come insieme di individui rivali, come può non cambiare “la sinistra in natura”1?
Il consumatore si consuma
Per attenerci all'attualità delle vicende politiche istituzionali e delle rappresentanze elettorali, possiamo scorgere “mutamenti paralleli”.
Da Berlusconi in poi le elezioni sono trattate come un mercato delle illusioni (mercantili). Tramite la pubblicità, soprattutto televisiva, l'elettore diventa un consumatore al quale viene chiesto di comprare una merce astratta (politica) invece di un'altra. Sicché in una perenne campagna elettorale, conta più l'immagine di un prodotto che il suo reale valore d'uso, sempre che il voto non divenga puro valore di scambio. Tuttavia, l'elettore, al pari del consumatore, sa già che di tutto ciò che gli viene promesso in campagna elettorale, come nelle pubblicità, solo una piccola parte verrà mantenuta, quando l'eletto non farà addirittura il contrario di quanto “pattuito” a suo tempo.
Dopodiché il gioco, pur reiterato da uno scafato politico di professione (il giovane Matteo Renzi)2 e dal suo “governo del fare”, si è palesemente logorato. Una democrazia elettorale, nutrita da partiti e liste di solo “apparire”, finisce per alimentare la disaffezione da sé o/e contro-movimenti, di rottura con l'andazzo dominante. E ai falsi mediatici, necessariamente, si accompagna il concreto della stretta anticostituzionale ed antidemocratica, nella logica politica di classe più tradizionale.
In Italia la crescente disaffezione al voto ed il successo di M5S evidenziano un logoramento del gioco elettorale-istituzionale condotto con le modalità dell'immagine, al pari di quanto avviene in Europa, con Syriza (prima che rientrasse nei ranghi), di Podemos, o di Corbyn nel Labour inglese. Stando alle classificazioni canoniche, il fenomeno non riguarda solo la sinistra e il centro-sinistra, ma pure la destra. Il che, esponendoci a rischi di autoritarismo e fascismo, dovrebbe indurci ad indagare meglio la realtà.
Nomi
Insistere sul tradimento della sinistra, pertanto, mi pare un vuoto esercizio, secondo paradigmi politici oramai scompigliati dal divenire pratico.
La sinistra da lunga pezza attua politiche negli interessi delle oligarchie finanziarie, con lievissime differenze non sempre percepibili tra liberal-liberismi e social-liberismi, con l'aggravante che alla sinistra sono permesse, per mancanza di opposizione, nefandezze a suo tempo impedite alla destra.
Il destino del significante “sinistra” segue fatalmente il significato politico dato dal pluridecennale operato dei suoi “interpreti ufficiali”. E la polemica, scontato il passo, giunge fuori tempo massimo.
Come se, a decenni di distanza, passati tra divorzi e matrimoni, con i figli adulti e magari con un nutrito stuolo di nipoti in una famiglia oramai “allargata” più o meno felice, in una fu-coppia un fu-coniuge rinfacciasse all'altro fu, di non aver tenuto fede all'antico patto coniugale. Tutti leggeremmo la vicenda come un ritorno di gelosia (e patetico amore), alla vana ricerca del tempo perduto.
Può succedere, sarebbe senescenza.
Non consegniamoci al passato dei “nomi” per continuare a recriminare. Badiamo alle contraddizioni reali con tutta l'inventiva di movimento e linguaggio. Non rassegnamoci ad un futuro eternamente ripetitivo del passato e delle sue forme.
Voltare pagina non significa dimenticare.

1 L'idea che la “sinistra esiste in natura” e di P. Bersani.
2 Renzi, grazie alle primarie del PD, ha bypassato le elezioni ed è stato nominato premier in quanto segretario di partito.


Nessun commento:

Posta un commento