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Sardine
in acqua dolce
Sardine
in acqua dolce
ed “istruiti” di sinistra
Il movimento delle
Sardine è insieme la sua piazza, le idee espresse da chi l'ha
convocata e quelle dei partecipanti, un fenomeno politico in
divenire.
Per comprenderlo non serve l'approccio “dietroquintista” che lo liquida come una subdola manovra del PD, volta a rilanciarne l'immagine elettorale, mentre trascura l'emergere di una crescente insofferenza alle manifestazioni di xenofobia e razzismo.
Gli organizzatori delle Sardine non affidano ai loro messaggi i classici “contenuti” politici, sicché, rilevandone l'assenza, alcuni hanno sentenziato la vacuità del movimento ed altri hanno chiesto una sospensione di giudizio. Il movimento sarebbe ancora troppo giovane per essere valutato politicamente e, soprattutto, animato da leaders ancora troppo giovani. Osservazione, quest'ultima, piuttosto incomprensibile se consideriamo che, sulla scena politica d'oggi, Luigi Di Maio, capo della forza di maggioranza relativa in parlamento, ha 33 anni ed il leader delle Sardine, Mattia Sartori, 32.
A mio avviso, la forma comunicativa per “valori” e l'insistente richiamo alle corrette modalità con cui il dibattito pubblico dovrebbe svolgersi, via social o tramite media tradizionali, costituiscono in sé già espliciti portati politici a cui l'analisi può fare riferimento. In parallelo, essa deve però tener conto della composizione del movimento, sia sociale che ideale.
Per comprenderlo non serve l'approccio “dietroquintista” che lo liquida come una subdola manovra del PD, volta a rilanciarne l'immagine elettorale, mentre trascura l'emergere di una crescente insofferenza alle manifestazioni di xenofobia e razzismo.
Gli organizzatori delle Sardine non affidano ai loro messaggi i classici “contenuti” politici, sicché, rilevandone l'assenza, alcuni hanno sentenziato la vacuità del movimento ed altri hanno chiesto una sospensione di giudizio. Il movimento sarebbe ancora troppo giovane per essere valutato politicamente e, soprattutto, animato da leaders ancora troppo giovani. Osservazione, quest'ultima, piuttosto incomprensibile se consideriamo che, sulla scena politica d'oggi, Luigi Di Maio, capo della forza di maggioranza relativa in parlamento, ha 33 anni ed il leader delle Sardine, Mattia Sartori, 32.
A mio avviso, la forma comunicativa per “valori” e l'insistente richiamo alle corrette modalità con cui il dibattito pubblico dovrebbe svolgersi, via social o tramite media tradizionali, costituiscono in sé già espliciti portati politici a cui l'analisi può fare riferimento. In parallelo, essa deve però tener conto della composizione del movimento, sia sociale che ideale.
Infine, qualora si
guardi ad altri Paesi dell'Occidente ricco, il fenomeno Sardine può
essere letto nel contesto di una generale tendenza alla ridefinizione
della politica. In essa un ruolo particolare lo svolgono gli
appartenenti ai livelli di istruzione medio-alti, abitanti nelle
grandi città, non solo giovani. Proprio come i partecipanti alla
piazza delle Sardine, espressione di un mondo di “istruiti” di
sinistra e centro-sinistra, alla ricerca di rinnovata identità
politica nel voler esserci.
Le Sardine hanno
cominciato col contendere la piazza alla Lega di Salvini, nel rifiuto
dell'odio e delle fake
del “politicamente scorretto”. Ancora non sappiamo dove andranno,
ma possiamo capire dove sono.
Per
quanto riguarda le idee dei promotori, mi sono attenuto a 3
comunicazioni ufficiali [riportate
integralmente qui sotto],
nell'ordine:
- “Benvenuti in mare aperto”, il manifesto col quale è stata convocata la prima manifestazione di piazza a Bologna, il 21 novembre.
- I “1o Comandamenti”, la mappa dei valori che ha chiamato alla manifestazione nazionale di Roma del 14 dicembre, a piazza SanGiovanni.
- II “Programma in 6 punti”, elaborato dal congresso tenutosi in coda a piazza San Giovanni e presentato dal leader Mattia Sartori.
Ho
cercato di leggere le 3 comunicazioni in stretta correlazione. Per
poi andare al fenomeno Sardine nel suo complesso.
“Benvenuti
in mare aperto”
Cari
populisti, lo avete capito. La festa è finita.
Per
troppo tempo avete tirato la corda
dei nostri sentimenti.
L’avete tesa troppo, e si è spezzata. Per anni avete rovesciato
bugie e odio su noi e i nostri concittadini: avete unito verità e
menzogne, rappresentando il loro mondo nel modo che più vi faceva
comodo. Avete approfittato della nostra buona fede, delle nostre
paure e difficoltà per rapire la nostra attenzione. Avete scelto di
affogare i vostri contenuti politici sotto un
oceano di comunicazione vuota.
Di quei contenuti non è rimasto più nulla.
Per
troppo tempo vi abbiamo lasciato fare.
Per
troppo tempo avete ridicolizzato argomenti serissimi per proteggervi
buttando tutto in caciara.
Per
troppo tempo avete spinto i vostri più fedeli seguaci a insultare
e distruggere la vita delle persone sulla
rete.
Per
troppo tempo vi abbiamo lasciato campo libero, perché eravamo
stupiti, storditi, inorriditi da
quanto in basso poteste arrivare.
Adesso
ci avete risvegliato. E siete gli unici a dover avere paura. Siamo
scesi in una piazza, ci siamo guardati negli occhi, ci siamo contati.
È stata energia pura. Lo sapete cosa abbiamo capito? Che basta
guardarsi attorno per scoprire che siamo tanti,
e molto più forti di voi.
Siamo
un popolo di persone normali, di tutte le età: amiamo le nostre case
e le nostre famiglie, cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel
volontariato, nello sport, nel tempo libero. Mettiamo passione
nell’aiutare gli altri, quando e come possiamo. Amiamo le cose
divertenti, la bellezza, la
non violenza (verbale e fisica),
la creatività, l’ascolto.
Crediamo
ancora nella politica e nei politici con la P maiuscola.
In quelli che pur sbagliando ci provano, che pensano al proprio
interesse personale solo dopo aver pensato a quello di tutti gli
altri. Sono rimasti in pochi, ma ci sono. E torneremo a dargli
coraggio, dicendogli grazie.
Manifesto
delle Sardine del 21 novembre 2019
10
Comandamenti
La
Mappa dei Valori delle 6.000 sardine:
1°
I numeri valgono più della propaganda e delle fake news.
2° È possibile cambiare l’inerzia di una retorica populista, utilizzando arte, bellezza, non violenza, creatività e ascolto.
3° La testa viene prima della pancia, o meglio, le emozioni vanno allineate al pensiero critico.
4° Le persone vengono prima degli account social. Perché? Perché sappiamo di essere persone reali, con facoltà di pensiero e azione. La piazza è parte del mondo reale ed è lì che vogliamo tornare.
5° Protagonista è la piazza, non gli organizzatori. Crediamo nella partecipazione.
6° Nessuna bandiera, nessun insulto, nessuna violenza. Siamo inclusivi.
7° Non siamo soli, ma parte di relazioni umane.
8° Siamo vulnerabili e accettiamo la commozione nello spettro delle emozioni possibili, nonché necessarie. Siamo empatici.
9° Le azioni mosse da interessi sono rispettabili, quelle fondate su gratuità e generosità degne di ammirazione. Riconoscere negli occhi degli altri, in una piazza, i propri valori, è un fatto intimo ma rivoluzionario.
10° Se cambio io, non per questo cambia il mondo, ma qualcosa comincia a cambiare. Occorrono speranza e coraggio.
Pubblicati da Il Fatto Quotidiano, "Il salto delle Sardine", 14 dicembre 2019. |
2° È possibile cambiare l’inerzia di una retorica populista, utilizzando arte, bellezza, non violenza, creatività e ascolto.
3° La testa viene prima della pancia, o meglio, le emozioni vanno allineate al pensiero critico.
4° Le persone vengono prima degli account social. Perché? Perché sappiamo di essere persone reali, con facoltà di pensiero e azione. La piazza è parte del mondo reale ed è lì che vogliamo tornare.
5° Protagonista è la piazza, non gli organizzatori. Crediamo nella partecipazione.
6° Nessuna bandiera, nessun insulto, nessuna violenza. Siamo inclusivi.
7° Non siamo soli, ma parte di relazioni umane.
8° Siamo vulnerabili e accettiamo la commozione nello spettro delle emozioni possibili, nonché necessarie. Siamo empatici.
9° Le azioni mosse da interessi sono rispettabili, quelle fondate su gratuità e generosità degne di ammirazione. Riconoscere negli occhi degli altri, in una piazza, i propri valori, è un fatto intimo ma rivoluzionario.
10° Se cambio io, non per questo cambia il mondo, ma qualcosa comincia a cambiare. Occorrono speranza e coraggio.
Programma
in 6 punti
elencati
da Mattia Sartori dopo il congresso di San Giovanni:
1.
Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a
lavorare.
2.
Che chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solamente nei
canali istituzionali.
3.
Pretendiamo trasparenza dell’uso che la politica fa dei social
network.
4.
Pretendiamo che il mondo dell’informazione traduca tutto questo
nostro sforzo in messaggi fedeli ai fatti.
5.
Che la violenza venga esclusa dai toni della politica in ogni sua
forma. La violenza verbale venga equiparata a quella fisica.
6.
Abrogare il decreto sicurezza.
Appare
sorprendente la generale eco mass-mediale data alle Sardine, tanto da
dedicare una diretta televisiva RAI alla loro prima manifestazione
nazionale di Roma. Chi non è nuovo alla frequentazione dei movimenti
sa quanto spesso i grandi media siano stati ostili al loro primo
manifestarsi, magari oscurati o velenosamente rappresentati
all'opinione pubblica.
Tuttavia, nell'occasione è emerso altro rispetto agli ordini di redazione ed agli interessi degli editori. Il “giro” degli addetti alla informazione tradizionale, reso assai inquieto dall'avanzare dei social e della comunicazione web che ne minacciano ruolo ed importanza, si è sentito in immediata consonanza di aspettative con i promotori delle Sardine che vogliono regolare i flussi delle notizie.
Tuttavia, nell'occasione è emerso altro rispetto agli ordini di redazione ed agli interessi degli editori. Il “giro” degli addetti alla informazione tradizionale, reso assai inquieto dall'avanzare dei social e della comunicazione web che ne minacciano ruolo ed importanza, si è sentito in immediata consonanza di aspettative con i promotori delle Sardine che vogliono regolare i flussi delle notizie.
Un
comun sentire rafforzato dal fatto che le Sardine, sorte a novembre
in ribellione alle fake news dei social abbiano
annunciato a dicembre il loro “Programma in 6 punti”, focalizzato
proprio sulla comunicazione.
Poiché
anche le Sardine si avvalgono dei social
network,
si introduce una distinzione implicita tra vero e falso
all'interno dello stesso canale mediatico: mentre la piazza di
Salvini si raduna attorno ad una retorica alimentata da menzogne
fake,
quella delle Sardine viene mobilitata in base alla verità. Una
distinzione semplice e persino ingenua, se non fosse corredata da
quanto affermato nel “Programma in 6 punti”, incentra-to sull'uso
ed il controllo dei social
network.
Temi non ritenuti “divisivi”, benché abbiano suscitato qualche
severa presa di posizione critica.1
Relazione transitiva
In particolare la critica mi pare doverosa quando i promotori delle Sardine chiedono che «La violenza verbale venga equiparata a quella fisica» (punto 5), e pretendono «trasparenza nell'uso che la politica fa dei social network» (punto 3).
Relazione transitiva
In particolare la critica mi pare doverosa quando i promotori delle Sardine chiedono che «La violenza verbale venga equiparata a quella fisica» (punto 5), e pretendono «trasparenza nell'uso che la politica fa dei social network» (punto 3).
Chi
stabilirà dove sussista violenza verbale ed insufficiente
trasparenza? Chi deciderà quali livelli di violenza verbale
corrispondano a violenza fisica? E a quali livelli di violenza
fisica? Con quali conseguenze, visto che la violenza fisica è
punibile come reato penale?
Nell'ordinamento
giuridico italiano è previsto il reato di apologia del fascismo.2
Reprime non semplicemente una violenza verbale o il ripresentarsi di
tipiche forme rappresentative del fascismo, ma le associa alla
ricostituzione pratica del partito fascista. Insomma, non solo parole
e gesti.
Incurante della leggi italiane e del diritto internazionale, della lotta ai “fomentatori di odio” tramite social si è già fatto carico Mark Zuckerberg. Ha disposto l'oscuramento su Facebook sia di “Primato nazionale” di Casa Pound, sia delle pagine solidali con la resistenza curda, chiudendo la pagina di Al-Fatah, il partito del presidente dell'autorità palestinese Abu Mazen.
Incurante della leggi italiane e del diritto internazionale, della lotta ai “fomentatori di odio” tramite social si è già fatto carico Mark Zuckerberg. Ha disposto l'oscuramento su Facebook sia di “Primato nazionale” di Casa Pound, sia delle pagine solidali con la resistenza curda, chiudendo la pagina di Al-Fatah, il partito del presidente dell'autorità palestinese Abu Mazen.
Quanto
alla trasparenza ed alla connessa identificazione delle fake news,
a livello europeo esistono forti spinte verso una regolamentazione,
la quale, inevitabilmente, passa per la selezione di una verità
ufficiale ed istituzionale alla quale attenersi...
Se
violenza fisica = violenza verbale e violenza verbale = populismo,
per relazione transitiva abbiamo: violenza fisica = populismo. Un
approdo tutt'altro che privo di “contenuto” politico, poiché, de
facto invoca una norma penale repressiva del populismo a partire
dalle sue modalità comunicative. Pertanto, mettere le braghe strette
alla libertà di comunicazione più o meno social, significa
introdurre una censura, ponendola nelle mani di élites
dominanti che non vedono l'ora.
In
particolare, del citato articolo di Barbara Spinelli riporto una
conclusione sul punto 6:
«pretende l'abrogazione dei decreti Sicurezza. È l'unico punto
sensato, ma se la pretesa sulla violenza contenuta nel numero 5
(applicata in vari ambiti: media online e offline, manifestazioni
pubbliche etc.) viene inserita nei decreti riscritti, è meglio forse
tenersi quelli di Salvini.»
Di contro, assistiamo ad una “strana” sottovalutazione degli effetti pratici dei decreti Sicurezza sui conflitti sociali e sindacali. I pastori sardi che protestavano contro il prezzo del latte troppo basso, si sono visti recapitare un avviso di garanzia per blocco stradale.3 A Prato, 21 lavoratori, in prevalenza pachistani, in lotta contro il lavoro nero e per essere pagati, sono stati multati di 4.000 euro ciascuno, sempre per blocco stradale.4
Nel caso di Facebook e dei decreti Sicurezza, si tratta di esempi di limitazione fascistizzante delle libertà democratiche e di pratico razzismo sociale, che mostrano preoccupanti convergenze tra protagonisti apparentemente lontani tra loro.
Di contro, assistiamo ad una “strana” sottovalutazione degli effetti pratici dei decreti Sicurezza sui conflitti sociali e sindacali. I pastori sardi che protestavano contro il prezzo del latte troppo basso, si sono visti recapitare un avviso di garanzia per blocco stradale.3 A Prato, 21 lavoratori, in prevalenza pachistani, in lotta contro il lavoro nero e per essere pagati, sono stati multati di 4.000 euro ciascuno, sempre per blocco stradale.4
Nel caso di Facebook e dei decreti Sicurezza, si tratta di esempi di limitazione fascistizzante delle libertà democratiche e di pratico razzismo sociale, che mostrano preoccupanti convergenze tra protagonisti apparentemente lontani tra loro.
Roma, 14 dicembre 2019 |
Populista!
In
barba ad ogni discussione sulla natura popolare del populismo, alla
quale partecipò anche Dario Fo,5
i promotori delle Sardine sono piuttosto sbrigativi. Per loro:
populismo = Lega.
Alla
«retorica populista» contrappongono «arte, bellezza, non violenza,
creatività ed ascolto» (2° Comandamento). Questi ultimi, agitati
come valori astratti, possono bastare a «cambiare l’inerzia» di
quella retorica, senza dir nulla a cosa di concreto s'appigli?
Inoltre,
chi è in grado di comprendere appieno tali valori nella loro
astrattezza, se non gli “istruiti” al pensiero critico?
Quanto
all'ascolto, mi pare emerga piuttosto una propensione a tapparsi le
orecchie, dal momento che la Lega è inascoltabile e tutte le
manifestazioni di populismo vengono ricondotte alla Lega.
L'assioma
di partenza “populismo = Lega”, quando il M5S ed una seppur
piccola parte della fu sinistra sono definiti “populisti”, mi
pare un avvilente atto di subalternità ideologica alle oligarchie
dominanti italiano-europee. Riecheggia, per chi ha vissuto altre
stagioni politiche, la famigerata teoria degli “opposti
estremismi”, ricorrente negli oscuramenti decisi da Facebook.
Racchiude una sconcertante lettura della nostra Costituzione.
Non
insisterò oltre su questo profluvio di relazioni transitive. Mi
limito a sottolineare quanto il linguaggio “politicamente corretto”
veicoli preoccupanti incitamenti a limitare alcune libertà
fondamentali.
Io
“testa”, tu “pancia”
Si
rivolge un’accusa a coloro che solleticano la “pancia”, invece
di ragionare con la “testa” (3° Comandamento). Un’accusa
da “istruiti", di chi si reputa capace, in quanto acculturato,
di allineare le proprie «emozioni» «al pensiero critico», mentre
invece - è sottinteso - al populismo un simile passaggio sarebbe
inibito. Un atteggiamento mentale tipicamente aristocratico
(l’aristocrazia degli “istruiti”), per il quale il populismo
accalappia il popolo perché, ahinoi, questi “ragiona con la
pancia”.
E
se, invece, così si esprimesse la rabbia di tante, per così dire,
"pance vuote”?
Nè
sarebbe di consolazione scoprire che con rabbia non si esprimono solo
gli esclusi, ma pure gli impoveriti ceti di medio reddito, nonché
settori della piccola imprenditoria minacciata o declassata dalla
crisi che attanaglia il BelPaese, così splendidamente immerso in
arte, bellezza e creatività.
Forse
varrebbe la pena di cogliere le ragioni sociali del populismo, sulle
quali la retorica leghista cerca di fare leva, invece di criticarne i
soli modi sguaiati, nascondendosi la realtà dietro un dito
accusatore.
Si
dà il caso che proprio in questi giorni le piazze di Francia siano
invase da una protesta dai toni populisti in difesa delle pensioni,
dopo che per mesi hanno accolto la ribellione dei gilets jaunes.
Seguendo la traccia dei promotori delle Sardine, il dileggio e
l'insulto dei manifestanti francesi verso il governo Macron sarebbe
materia per tribunali...
Rispetto
ed ammirazione
Le
azioni mosse da interessi vanno
guardate con rispetto, riservando
l’ammirazione a quelle fondate sulla gratuità e sulla generosità
(9° Comandamento).
Ma
non tutti gli interessi meritano uguale rispetto.
Anzi, alcuni di essi non sono degni affatto di rispetto, quando, in
strettissima minoranza (1%), si avvalgono di un regime di
sfruttamento architettato a loro misura per arricchirsi a sistematico
detrimento degli interessi delle altre parti, la maggioranza della
società. Una parte della quale è nella povertà assoluta. Possibile
che i promotori delle Sardine non abbiano mai sentito parlare di
Occupy
Wall Street, il
movimento contro le disuguaglianze sociali che nel 2011 individuò
negli interessi della finanza l'avversario del 99% dell'umanità?
Di
contro, gratuità e generosità non costituiscono un merito
particolare, se, cullandosi nella propria illusione filantropica, non
schiudono l'impegno all'empatia con le lotte contro le ineguaglianze
sociali. Di ciò è consapevole anche quella parte della carità
cristiana che non ritiene bastevole la rivoluzione nell'intimo
personale, quando trascuri la giustizia sociale.
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Illusione
filantropica
«L'altro
fattore che contribuisce a legittimare i miliardari è ciò che si
può chiamare “illusione filantropica”. (…) In numerosi
settori, come la cultura, i media e la ricerca, ci si può inoltre
disporre al ricorso a una diversità di finanziamenti, pubblici e
privati, nel quadro di una struttura decentrata e partecipativa. Il
problema è che il discorso filantropico è a volte messo al servizio
di una ideologia anti-Stato particolarmente pericolosa. È
specialmente il caso dei paesi poveri, dove la elusione dello Stato
da parte della filantropia (e talvolta tramite l'aiuto allo sviluppo
dei paesi ricchi) partecipa alla sua pauperizzazione. (…)
Il
secondo aspetto dell'illusione filantropica è la sua debole
dimensione partecipativa e democratica. In pratica, i doni sono
estremamente concentrati tra i più ricchi, che beneficiano spesso di
vantaggi fiscali aggiuntivi eccezionalmente importanti. Sicché di
fatto le classi popolari e medie finiscono col sovvenzionare con le
loro imposte le preferenze dei più ricchi. Ciò assomiglia a una
nuova forma di confisca del bene pubblico e di deriva censitaria.
(...)»
Thomas
Piketty, “Capital et Idéologie”, Seuil, settembre 2019, pag. 832
– Traduzione mia.
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Nella
città reale
Nella
narrazione degli organizzatori delle Sardine, la Piazza è sospesa in
una città fantasma, priva del Palazzo, senza barrio
alto e barrio
basso.
Intanto,
nella vita della città reale, a
coloro che sono già stretti nel barrio
basso si chiede di stringersi ancor
più nell'accoglienza per essere meritevoli d'ammirazione. Pazienza
se i loro abitanti ne possono oltremodo patire, essendo la loro
comunità di destino in preda a mero interesse.
Viceversa,
è ricorrente che i comodi residenti nel barrio
alto, nonché
abitudinari
del Palazzo, facciano la morale a quelli che si lamentano di vivere
in troppe ristrettezze, delle quali gli accolti, nuovi arrivati,
ricattati ed ancora spaesati, tutto sopportano. Salvo venire repressi
quando protestano in quanto lavoratori sfruttati, come nel caso degli
immigrati pachistani di Prato.
Comunque
è detestabile chi, pur avendo molte e gravi ragioni per lamentarsi,
lo faccia in modi così poco urbani, magari prestando orecchie alle
lusinghe di cattivi consiglieri.
Sarebbe
politica, con la P maiuscola,
contrastare la retorica di quei portatori di discordia nel barrio
basso tra
già residenti e nuovi arrivati, svelando le loro
vere finalità. Ma ciò comporterebbe il rischio che si faccia largo
l'idea di abbattere le dorate porte del barrio
alto e
l'intero muro divisorio eretto in difesa dei privilegi di chi vi
abita, mettendo altresì l'assedio al Palazzo della loro Ragione.
Davvero
un bel problema per la P maiuscola!
Forse
per le Sardine stare nella città fantasma, evitando quella reale, è
solo un modo per non sentirsi né di qui né di là; un volersi
ricavare un luogo intermedio, nel quale lo spettro delle relazioni
umane non deve schiudersi empaticamente a quelle ampie sociali,
esponendo a dura verifica la propria illusione filantropica.
La
Resistenza imbalsamata
Senza
dubbio il successo delle Sardine è dovuto alla convocazione di un
popolo che ha conteso la piazza al pubblico plaudente ai comizi di
Salvini. Ci siamo anche noi e siamo di più, slegati dalla Lega!
Al
risveglio di questo popolo, di sinistra e di centro-sinistra che si
mette in movimento, non possiamo che plaudire, soprattutto quando,
riconoscendosi antifascista ed antirazzista, evoca la memoria della
Resistenza e canta “Bella ciao” insieme all'inno nazionale di
Mameli.
Un
team di analisti6
ha suggerito che il richiamo alla Resistenza fa di ogni piazza delle
Sardine una sorta di 25 aprile, declinato al presente politico.
Un giusto suggerimento, da completare.
Nel
nostro Paese i 25 aprile non hanno dato, nei decenni che ci separano
dalle vicende belliche, una versione unica della Resistenza, anche
perché vissuti nella stretta attualità politica. Al contrario, nei
cortei e nella piazza conclusiva, si sono confrontati, talvolta
aspramente, diverse visioni del fascismo e dell'antifascismo.
Per
esempio, negli anni che seguirono le stragi fasciste, il palco,
riservato al racconto istituzionale di quelle stragi, venne
contestato da una buona parte dei manifestanti che accusavano il
governo ( “Valpreda è innocente!”, “la strage è di Stato!”)
di coprirne benevolmente i mandanti, utilizzando la “strategia
della tensione” per fascistizzare le stesse istituzioni
repubblicane e reprimere i movimenti di lotta politici e sociali.
Alla faccenda, si sa, non erano estranei i servizi segreti degli
alleati, che stavano behind.
D'altro
canto la Resistenza fu solo l'atto finale di una lunga ed articolata
lotta antifascista, affatto priva di contraddizioni. In seguito,
negli anni cinquanta, l'essere stati partigiani costituiva motivo di
“sospetto” ed esclusione, in un contesto di restaurazione
dell'assetto economico e sociale capitalistico che del fascismo e
della guerra si era nutrito...
A
quali valori della Resistenza fanno riferimento le Sardine, per non
disperderne la memoria?
Inoltre,
cantando l'inno di Mameli, riconoscono l'esigenza di opporre al
nazionalismo il patriottismo. In cosa consiste il patriottismo
nell'attuale mondo globalizzato e dominato dalla finanza e dalle
multinazionali?
A
meno che non si voglia riproporre una Resistenza imbalsamata nella
retorica delle “autorità”, queste domande esigono una risposta.
Non solo perché fascismo e
razzismo si inseriscono nelle spaccature sociali, facendo leva sulla
disoccupazione e sulla instabilità del lavoro. Ma,
primariamente, perché le forme politiche della fascistizzazione non
possono essere oggi quelle vecchie e riconoscibili della camicia
nera, dell'orbace e del saluto romano.
Patologie
Per
non lasciare equivoci: la malattia italiana non è la Lega e la sua
retorica patriottarda e razzista, bensì l'ingiustizia sociale, la
povertà, la precarietà, lo sfruttamento, accompagnati dal
declassamento dei ceti di medio reddito. Tutti sviluppi messi in atto
dal liberalismo ed acuiti dalla insuperata crisi del 2007-2008.
Sicché la lotta contro la Lega è vuoto spinto se non affronta la
crisi ed il declino del BelPaese nei quali s'incista.
Poiché
la Lega non ha conquistato il potere – che non è solo il governo -
e, se anche ne fosse il seme, non è pianta, né fascismo compiuto,
la nostra prima attenzione dovrebbe andare, qui e subito, a sottrarle
il terreno sul quale prospera la sua retorica, invece di prendercela
con tutte le espressioni del populismo,
più
o meno veicolate dai social.
Ma
sottrarle terreno significa
entrare in collisione con i poteri oggi dominanti, l'establishment
degli oligopoli finanziarizzati, sul quale le Sardine tacciono.
E
questa assenza di contrasto è assai ben voluta non solo dallo stesso
establishment, ma
pure da quelle forze di governo della sinistra e del centro-sinistra
che hanno condiviso e persino promosso il liberalismo globalizzato
della diseguaglianza sociale e dell'emarginazione, sulle quali ora
attecchisce il razzismo e la xenofobia.
Fino ad oggi i promotori delle Sardine sembrano preferire l'acqua dolce di un laghetto, al mare salato ed aperto al quale pur ci chiamano, non rinunciando però a bollare con durezza ogni populismo – loro effettivo bersaglio - e a voler mettere sotto controllo la comunicazione dei social, come se fosse il principale veicolo della mala informazione che infesta l'opinione pubblica.
Populisti e “istruiti”
Giunti a questo punto, per comprendere il fenomeno delle Sardine nella sua importanza,7 è necessario guardare a due aspetti interconnessi, sinora lasciati in sospeso: la composizione socio-culturale e politica dei partecipanti, ossia di coloro che si sono sentiti chiamati in causa; gli spostamenti di consenso delle parti sociali nella ridefinizione della politica in atto nel nostro Paese, come in altri dell'Occidente post-industriale.
È da escludere, anche secondo il parere di Luca Ricolfi,8 che il popolo delle Sardine rientri nella “società signorile di massa” da lui descritta, essendo questa privilegio delle classi medio-alte. Non escluderei, tuttavia, che ne sia totalmente avulso, in forza del fatto che l'accesso ai più alti livelli d'istruzione rimane una opportunità a disposizione soprattutto delle classi ricche.
Secondo la già citata ricerca dell'Istituto Noto il movimento delle Sardine è composto non solo da giovani. In prevalenza i partecipanti risiedono nelle grandi città ed appartengono ad un livello d'istruzione medio-alto. Oltre ad aver votato il PD per il 42%, il M5S per il 22% e non essersi schierato per il 15%. La motivazione a ritrovarsi «sembra il desiderio di superare tutti insieme una “crisi di identità” per prendere forza e reagire all'irrilevanza.»
Seguendo questo solco, non è fuori luogo trarre la conclusione che si tratta di una espressione della ricerca di identità di una società di “istruiti” di area progressista, ai quali viene indicato come avversario generale il populismo.
L'appello alla mobilitazione, d'altro canto e come ho evidenziato in precedenza, è rivolto: all'area progressista, in base al richiamo all'antifascismo e all'antirazzismo; alla componente sociale istruita, in base alla sua capacità non solo di distinguere il vero dal falso nella comunicazione, ma in particolare di ragionare con la “testa” invece di rimanere succube della “pancia”, nonché di comprendere bellezza-arte-creatività, allineando le emozioni al pensiero critico.
Spostamenti
La ricerca di identità avviene in un contesto di spostamenti del consenso politico, che hanno avviato una ridefinizione generale della politica pure sul piano istituzionale. Si tratta, nella fattispecie, dello spostamento di una larga fetta di operai, di lavoratori subordinati ed in generale delle classi popolari che tradizionalmente votavano a sinistra.
Thomas Piketty nel suo ultimo libro9 rende conto in molti argomentati grafici del divorzio tra una consistente parte di questa società e la sinistra istituzionale, le cui politiche hanno invece raccolto crescente consenso sia tra i più ricchi e benestanti che tra i livelli d'istruzione medio-alti, detentori di più elevato “capitale umano”.
Il fenomeno risulta evidente in Francia, negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
In quest'ultimo Paese, alle prese con la Brexit, ne abbiamo avuto una palese dimostrazione in occasione delle recenti elezioni politiche. Il voto dei collegi della working class, tradizionalmente laburisti, a causa dell'attaccamento del Labour all'Unione europea, si è riversato sui tories di Johnson, decretandone la schiacciante vittoria. Negli Stati Uniti la candidatura di Hillary Clinton ha consegnato il voto degli Stati in crisi industriale, una volta serbatoio dei democratici, a Donald Trump. Situazione che rischia di ripetersi se il prossimo candidato dem sarà Joe Biden.
In Italia, in diversi appuntamenti elettorali, si è verificato uno spostamento nelle grandi città, con i centri votanti per il PD, divenuto minoritario nelle periferie, una volta punto di forza della sinistra. In questo panorama il M5S ha rappresentato una parziale eccezione10 nello sviluppo della tendenza. Ha temporaneamente impedito che il consenso dei più penalizzati dalla crisi e dal declino confluisse verso la destra liberista e fascistizzante, raccogliendone le istanze. Al tempo stesso ha intercettato il profondo disagio di quella parte della società istruita che appartiene al popolo delle partite IVA, al lavoro qualificato reso precario e malpagato.
A spiegare la diversità del caso italiano possono concorrere due aspetti. Per un verso, per così dire “a monte”, sull'accesso ai livelli più alti di istruzione da noi ha pesato meno, rispetto a Paesi come la Francia, gli Stati Uniti ed il Regno Unito, la pre-selezione economica e sociale derivante dalle diseguaglianze patrimoniali e reddituali di partenza. Per l'altro, per così dire a valle, la nostra più profonda crisi economico-sociale ha comportato che le stesse diseguaglianze si siano abbattute più gravemente sui laureati provenienti dalle classi medie e medio-basse, prive di “relazioni privilegiate” in grado di garantire sbocchi occupazionali stabili e ben remunerati. Il noto fenomeno della emigrazione dei “cervelli” si situa in questo contesto.
Per proseguire il suo cammino, il movimento delle Sardine dovrà darsi una struttura più ampia di quella offerta dai suoi promotori e, in qualche misura, più “autonoma” dall'input iniziale. Nel populismo potrebbe vedere delle diversità. Comunque, si troverà nella duplice condizione di spingere gli “istruiti” progressisti o al rinnovamento della politica, tramite l'ascolto ed il dialogo con le parti della società esclusa e più penalizzata, il popolo populista, o, alla spaccatura con queste parti, nel tentativo (vano?) di riconfermare la vecchia politica della seconda Repubblica.
Post scriptum
Non ho seguito l'analisi di Piketty sino ad affrontare il tema dell'ideologia meritocratica, benché in essa vi si ritrovino le categorie degli “istruiti” e del populismo. Questo per non dilatare troppo il presente articolo, coinvolgendo un argomento così complesso. Anche perché, aspetto non irrilevante, tra le Sardine l'unico riconoscimento al “merito” riguarda le azioni fondate su gratuità e generosità, in quanto degne di ammirazione.
Pertanto mi limito a portare alla riflessione del lettore lo spunto fornito dall'opera di Michael Young, brevemente ricordata nel box a seguire.
Sardine di lago |
Fino ad oggi i promotori delle Sardine sembrano preferire l'acqua dolce di un laghetto, al mare salato ed aperto al quale pur ci chiamano, non rinunciando però a bollare con durezza ogni populismo – loro effettivo bersaglio - e a voler mettere sotto controllo la comunicazione dei social, come se fosse il principale veicolo della mala informazione che infesta l'opinione pubblica.
Populisti e “istruiti”
Giunti a questo punto, per comprendere il fenomeno delle Sardine nella sua importanza,7 è necessario guardare a due aspetti interconnessi, sinora lasciati in sospeso: la composizione socio-culturale e politica dei partecipanti, ossia di coloro che si sono sentiti chiamati in causa; gli spostamenti di consenso delle parti sociali nella ridefinizione della politica in atto nel nostro Paese, come in altri dell'Occidente post-industriale.
È da escludere, anche secondo il parere di Luca Ricolfi,8 che il popolo delle Sardine rientri nella “società signorile di massa” da lui descritta, essendo questa privilegio delle classi medio-alte. Non escluderei, tuttavia, che ne sia totalmente avulso, in forza del fatto che l'accesso ai più alti livelli d'istruzione rimane una opportunità a disposizione soprattutto delle classi ricche.
Secondo la già citata ricerca dell'Istituto Noto il movimento delle Sardine è composto non solo da giovani. In prevalenza i partecipanti risiedono nelle grandi città ed appartengono ad un livello d'istruzione medio-alto. Oltre ad aver votato il PD per il 42%, il M5S per il 22% e non essersi schierato per il 15%. La motivazione a ritrovarsi «sembra il desiderio di superare tutti insieme una “crisi di identità” per prendere forza e reagire all'irrilevanza.»
Seguendo questo solco, non è fuori luogo trarre la conclusione che si tratta di una espressione della ricerca di identità di una società di “istruiti” di area progressista, ai quali viene indicato come avversario generale il populismo.
L'appello alla mobilitazione, d'altro canto e come ho evidenziato in precedenza, è rivolto: all'area progressista, in base al richiamo all'antifascismo e all'antirazzismo; alla componente sociale istruita, in base alla sua capacità non solo di distinguere il vero dal falso nella comunicazione, ma in particolare di ragionare con la “testa” invece di rimanere succube della “pancia”, nonché di comprendere bellezza-arte-creatività, allineando le emozioni al pensiero critico.
Spostamenti
La ricerca di identità avviene in un contesto di spostamenti del consenso politico, che hanno avviato una ridefinizione generale della politica pure sul piano istituzionale. Si tratta, nella fattispecie, dello spostamento di una larga fetta di operai, di lavoratori subordinati ed in generale delle classi popolari che tradizionalmente votavano a sinistra.
Thomas Piketty nel suo ultimo libro9 rende conto in molti argomentati grafici del divorzio tra una consistente parte di questa società e la sinistra istituzionale, le cui politiche hanno invece raccolto crescente consenso sia tra i più ricchi e benestanti che tra i livelli d'istruzione medio-alti, detentori di più elevato “capitale umano”.
Il fenomeno risulta evidente in Francia, negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
In quest'ultimo Paese, alle prese con la Brexit, ne abbiamo avuto una palese dimostrazione in occasione delle recenti elezioni politiche. Il voto dei collegi della working class, tradizionalmente laburisti, a causa dell'attaccamento del Labour all'Unione europea, si è riversato sui tories di Johnson, decretandone la schiacciante vittoria. Negli Stati Uniti la candidatura di Hillary Clinton ha consegnato il voto degli Stati in crisi industriale, una volta serbatoio dei democratici, a Donald Trump. Situazione che rischia di ripetersi se il prossimo candidato dem sarà Joe Biden.
In Italia, in diversi appuntamenti elettorali, si è verificato uno spostamento nelle grandi città, con i centri votanti per il PD, divenuto minoritario nelle periferie, una volta punto di forza della sinistra. In questo panorama il M5S ha rappresentato una parziale eccezione10 nello sviluppo della tendenza. Ha temporaneamente impedito che il consenso dei più penalizzati dalla crisi e dal declino confluisse verso la destra liberista e fascistizzante, raccogliendone le istanze. Al tempo stesso ha intercettato il profondo disagio di quella parte della società istruita che appartiene al popolo delle partite IVA, al lavoro qualificato reso precario e malpagato.
A spiegare la diversità del caso italiano possono concorrere due aspetti. Per un verso, per così dire “a monte”, sull'accesso ai livelli più alti di istruzione da noi ha pesato meno, rispetto a Paesi come la Francia, gli Stati Uniti ed il Regno Unito, la pre-selezione economica e sociale derivante dalle diseguaglianze patrimoniali e reddituali di partenza. Per l'altro, per così dire a valle, la nostra più profonda crisi economico-sociale ha comportato che le stesse diseguaglianze si siano abbattute più gravemente sui laureati provenienti dalle classi medie e medio-basse, prive di “relazioni privilegiate” in grado di garantire sbocchi occupazionali stabili e ben remunerati. Il noto fenomeno della emigrazione dei “cervelli” si situa in questo contesto.
Per proseguire il suo cammino, il movimento delle Sardine dovrà darsi una struttura più ampia di quella offerta dai suoi promotori e, in qualche misura, più “autonoma” dall'input iniziale. Nel populismo potrebbe vedere delle diversità. Comunque, si troverà nella duplice condizione di spingere gli “istruiti” progressisti o al rinnovamento della politica, tramite l'ascolto ed il dialogo con le parti della società esclusa e più penalizzata, il popolo populista, o, alla spaccatura con queste parti, nel tentativo (vano?) di riconfermare la vecchia politica della seconda Repubblica.
Post scriptum
Non ho seguito l'analisi di Piketty sino ad affrontare il tema dell'ideologia meritocratica, benché in essa vi si ritrovino le categorie degli “istruiti” e del populismo. Questo per non dilatare troppo il presente articolo, coinvolgendo un argomento così complesso. Anche perché, aspetto non irrilevante, tra le Sardine l'unico riconoscimento al “merito” riguarda le azioni fondate su gratuità e generosità, in quanto degne di ammirazione.
Pertanto mi limito a portare alla riflessione del lettore lo spunto fornito dall'opera di Michael Young, brevemente ricordata nel box a seguire.
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Uno
spunto di riflessione
Il
sociologo britannico Michael Young ha scritto nel 1959 un libro
preveggente: “1870-2013, L'Ascesa della Meritocrazia: Un saggio su
Istruzione ed Uguaglianza” (The Rise of the Meritocrazy
1870-2033: An Essay on Education and Equality).*
Nel
1945 Young aveva partecipato alla redazione ed all'attuazione
dell'avanzato programma sociale del Labour, partito dal quale si era
allontanato negli anni '50 perché in disaccordo con le sue politiche
in materia di istruzione pubblica.
Nel
libro si immagina nel 2033 e, fingendosi entusiasta, ripercorre
l'affermarsi nel XX secolo del principio meritocratico in ogni ambito
della società, sino a stratificarla in funzione delle capacità
cognitive.
In
conseguenza di questa trasformazione, il partito Tory era diventato
il partito dei laureati, insediato in una Camera dei Lords dal
rinnovato potere.
Il
Labour, invece, si era trasformato nel partito dei tecnici
(techniciens),
dominante alla Camera dei Comuni, ai quali si opponevano i populisti
(populist),
esponenti degli strati popolari resi furiosi dalla loro retrocessione
socio-economica, in un mondo dove la Scienza aveva stabilito che solo
un terzo della popolazione era occupabile.
Scrive
Piketty che Young, essendo scomparso nel 2002, non ha potuto
«constatare che la sua storia si apprestava ad essere sorpassata
dalla realtà, almeno su un punto: negli anni 2000 e 2010, il Labour
divenne il primo partito dei laureati, davanti ai tories.»**
*
Michael Young, “L'avvento della meritocrazia”, Edizioni di
Comunità, 2014 (1961).
**
Thomas Piketty, “Capital et Idéologie”, Seuil, settembre 2019,
pag. 832 – Traduzione mia.
Note
1
Barbara Spinelli, “Sardine, cosa non va nel programma”, il Fatto
Quotidiano, 17 dicembre 2019. Spinelli si è occupata nella passata
legislatura del parlamento europeo dell'uso e del controllo dei
social network.
2
Art.
4 della legge Scelba, attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione.
4 https://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2019/12/20/news/multe-ai-lavoratori-in-sciopero-protesta-il-sindacato-1.38238584
6
Sandra Cuocolo, responsabile team
Analisi Politiche - Istituto Noto Sondaggi - “Più che i Girotondi
evocano i cortei del 25 aprile”, il Fatto Quotidiano, 15 dicembre
2019.
7
A prescindere dalla sua “durata temporale” come singolo
fenomeno.
8
Luca Ricolfi, “La società signorile di massa”, La Nave di
Teseo, ottobre 2019.
9
Thomas Piketty, “Capital et idéologie”, Seuil, settembre 2019.
10
Eccezione parziale giacché anche in altri Paesi del Sud europeo
sono nate nuove formazioni politiche, quali
Syriza in Grecia e Podemos in Spagna, che possono essere considerate
“insorgenze” analoghe al M5S.