sabato 17 ottobre 2020

Il caso dei fattorini in bicicletta

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Il caso dei fattorini in bicicletta

Due fatti hanno richiamato l'attenzione pubblica sulla lotta dei riders. A settembre la sottoscrizione di un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro “pirata” e, giorni fa, la sentenza del tribunale di Milano che commissaria Uber Italy per sfruttamento e caporalato da parte di Uber Eats, tra le firmatarie del CCNL.
Sembra una vertenza “marginale”, ma non lo è affatto. In alcuni suoi importanti aspetti mostra il futuro di molti - lavoratori e non solo -, insieme alla risposta sociale possibile...

Il caso

É quello dei fattorini (riders) che consegnano cibo ed altri pacchi trasportabili in bicicletta o motorino, in agitazione per avere riconosciuti elementari diritti. Sono per lo più giovani, molti di pelle nera ed immigrati. La loro condizione non sarebbe salita agli onori della cronaca, se non avessero cominciato ad organizzarsi, mettendosi in lotta contro le aziende del settore, le “piattaforme” padronali che, via cellulare, comandano le consegne a domicilio.

Ne è scaturita una vertenza sindacale e politica segnata da due recenti fatti:

  • 17 settembre, firma di un CCNL, Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, tra Assodelivery (l'associazione padronale che riunisce Glovo, Deliveroo, Just Eat e Uber Eats) e Ugl-Rider1 (un “sindacato maggiormente rappresentativo”);

  • 12 ottobre 2020, sentenza del tribunale di Milano che commissaria per un anno Uber Italy perché ritenuta colpevole di sfruttamento e caporalato nei panni di Uber Eats, un suo marchio.

Prima di entrare nel merito e nelle implicazioni del caso, va ricordato che i bici-fattorini sono considerati lavoratori dipendenti in Olanda, Francia e Spagna, ma non in Italia.

La legge 128/2019

Durante la campagna elettorale, per ottenere consenso data la simpatia di cui godono, in particolare dal M5S erano state fatte delle promesse che una volta al governo si sono dovute “mediare” con gli alleati e le parti sociali. Pertanto, la legge n. 128/2019 varata dal Conte II per normare questo rapporto di lavoro, ha lasciato ampi spazi di manovra ad Assodelivery che, in combutta con Ugl-Rider resasi disponibile just in time, ne ha approfittato per firmare un CCNL escludendo gli altri sindacati ed in barba al tavolo di contrattazione istituito al Ministero del lavoro.

Presa in contropiede, la ministra del lavoro Nunzia Catalfo lo ha subito “bocciato” in base alla interpretazione ministeriale della legge ed in quanto stipulato da un solo sindacato.

L'accordo è stato definito “pirata” e stipulato con un “sindacato di comodo” da Riders Union Bologna, Deliverance Milano e Riders Union Roma. Anche Cgil-Cisl-Uil hanno manifestato la loro avversione, chiedendo la ripresa del tavolo negoziale nazionale, prontamente concessa. Eppure nessuno di questi ultimi può dirsi esente da responsabilità, anche se va dato atto a Nidil, la Cgil di categoria, di essersi mossa attivamente, a partire dal nodo della sicurezza, nel contrasto alle posizioni patronali.2

Rimane l'antefatto che la legge di cui stiamo parlando avrebbe dovuto stabilire con chiarezza che il lavoro dei riders è subordinato, lasciando alle parti unicamente la contrattazione delle condizioni, non solo remunerative, nelle quali doveva svolgersi.

Invece è successo che abbia concesso spazio ad un ventaglio di “possibilità”, per cui alla contrattazione collettiva è stata demandata di fatto la identificazione del tipo di rapporto in essere, corredato dalla ulteriore “possibilità” che questo deroghi al divieto generale di cottimo.

Si tenga presente che le diverse “possibilità”, se reputare i ciclofatturini come lavoratori dipendenti o collaboratori “etero-diretti” o autonomi, comportano tutele alquanto differenziate.

Il CCNL “pirata”

Viene ad applicarsi ai contratti di opera ma anche ai co.co.co, e prevede che i riders considerati autonomi siano perciò privati di compensi straordinari, mensilità aggiuntive, ferie e indennità di fine rapporto.

Benché in eventuali controversie sia comunque il giudice a dover sancire se il rapporto di lavoro sia effettivamente autonomo o altro, dovrà farlo ricorrendo ad altre norme e non in base alla 128.

«Il compenso – apparentemente fissato in dieci euro l'ora per eludere la legge che un minimo orario richiede – in realtà è da riparametrare in base ai minuti: non quelli effettivamente impiegati, naturalmente, ma quelli che secondo l'arbitrio unilaterale della piattaforma sono necessari.»3

In sintesi, il CCNL “pirata” convalida il nuovo caporalato a chiamata digitale per prestazioni pagate a cottimo.

Vi viene convalidato in tutto il modello organizzativo imposto dalle piattaforme padronali. I bici-fattorini sono considerati una platea di contrattualizzabili in numero illimitato, pagati solo se chiamati a lavorare, quindi sostituibili a piacimento qualora manifestassero il minimo accenno di disagio o protesta.

A rendere oltremodo significativo l'accordo è l'articolo 29 del CCNL in questione, grazie al quale i sindacalisti Ugl-Rider possono percepire un compenso totale di 18mila euro all'anno, tramite il riconoscimento di tutte le 1500 ore annue di “congedi sindacali” autorizzati dal contratto medesimo.4 Ugl-Rider, godendo del favore padronale, potrà tesserare contrattualizzati anche senza un'ora di lavoro o poco più e consolidarsi tramite i “congedi” (una conquista, ma via via rimasta priva di controllo di base sul suo uso e funzione) accordati ai suoi sindacalisti, perché firmataria di un Contratto Collettivo di Lavoro, nel sistema giuridico italiano valido erga omnes.5 [Vedi riquadro a seguire]

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Erga omnes

«L’espressione erga omnes, proveniente dal latino (…) significa letteralmente “nei confronti di tutti”, “contro tutti”. Nell’ordinamento giuridico italiano generale, la locuzione viene utilizzata per indicare che un atto o un fatto giuridico possono essere fatti valere nei confronti di tutti: il titolare di un diritto avente efficacia erga omnes, in altri termini, può pretendere che il potere derivante da quel diritto provochi effetti nei confronti di tutti gli altri consociati, che, per contro, non possono interferire nel suo godimento. Nel campo del diritto del lavoro, l’espressione erga omnes acquisisce, invece, una valenza speciale, stante la rilevanza che essa riveste in riferimento alla contrattazione collettiva e all'efficacia che questa spiega nei confronti di lavoratori e datori di lavoro.»

https://www.wikilabour.it/erga%20omnes.ashx

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La sentenza del tribunale

Nell'indagine, condotta dalla guardia di finanza e coordinata dalla procura, veniva contestato a Uber Eats il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, previsto dal codice penale.

Il giudice ha sottoscritto il provvedimento di amministrazione giudiziaria della durata di un anno, a carico della filiale italiana di Uber, multinazionale statunitense nota al grande pubblico anche per Uber taxi. Motivazione: lo sfruttamento lavorativo e l'approfittarsi dello stato di bisogno.

«La società che lavorava per conto di Uber Italy, infatti, procacciava lavoratori quasi tutti provenienti da “zone conflittuali del pianeta (Mali, Nigeria, Costa d’Avorio, Gambia, Guinea, Pakistan, Bangladesh e altri) e la cui vulnerabilità è segnata da anni di guerre e povertà alimentare”. Il giudice ha considerato anche il “forte isolamento sociale in cui vivono questi lavoratori”, che offre “l’opportunità” di reperire lavoro a bassissimo costo (intorno ai 3 euro netti a consegna), poiché “si tratta di persone disposte a tutto per sopravvivere, sfruttate e discriminate da datori di lavoro senza scrupoli”.»6

Nella sentenza si parla anche di sottrazione “legalizzata” delle mance e di “punizioni” economiche, a co-determinare una condizione di “sfruttamento e sudditanza” in un “regime di di sopraffazione retributivo”.

Lapidario il commento del collettivo Riders Union Bologna: «Con il commissariamento di Uber Eats per caporalato non ci si è liberati di una mela marcia, ma è il sintomo delle condizioni in cui si trova il settore.»

Lapidario e condivisibile perché il tribunale ha condannato una situazione estrema “oltre il limite”, ma tutte le condizioni del settore segnano la rottura di quello stesso “limite”, ben visibile nel CCNL “pirata” poc'anzi descritto.

Nel caso ed oltre il caso

L'introduzione delle nuove tecnologie viene presentata come cosa in sé positiva che ci conferma sul sentiero del “progresso”. Incominciamo invece a scoprire in cosa consista effettivamente il domani glorificato dai media prevalenti.

La gamification, per cui lavorare con un cellulare (o un personal computer) sarebbe come giocare, lascia il passo alla scoperta di una più dura realtà che si mostra a partire da un fenomeno ritenuto “marginale”, come “emarginati” sono i lavoratori coinvolti più duramente nello sfruttamento.

In questo futuro c'è un ritorno al passato.

Codigoro, monumento allo scariolante

La figura dei ciclo-fattorini è paragonabile a quella degli scariolanti occupati nelle bonifiche sin da fine Ottocento. Con mezzo proprio - la bicicletta al posto della carriola -, comandati al lavoro dalla piattaforma tramite cellulare invece che dal corno o dalla voce del caporale e come loro messi “in attesa” quando non rispondano per primi all'appello. Più del caporale, il sistema attuale è in grado di escludere con algoritmica precisione chi si mostri più volte poco sollecito nel rispondere o, magari, risulti nella memoria del data base qualche sua manifestazione di dissenso o critica.

Al tempo stesso questo futuro contiene un prorompente sviluppo del presente.

Le agenzie del lavoro interinale già dispongono all'ordine della merce-lavoro “impacchettata” nel corpo dei disoccupati in attesa che si auto-consegna a destino. Quanto ci vorrà perché agiscano compiutamente, con maggiore efficienza, nel medesimo solco tracciato dalle piattaforme dei bici-fattorini?

In fin dei conti si tratta di una App molto simile a quella di Amazon,7 usata nella logistica delle consegne a domicilio.

Poiché l'uso delle piattaforme digitali è una forma di organizzazione del lavoro a distanza che, come evidenziato dal tribunale di Milano, agisce su lavoratori in stato di isolamento, ci si può chiedere quanti altri lavoratori, più o meno occupati e nello stesso stato, siano avviati a subire questo “comune destino”.

È proprio il caso di dire che la vicenda dei riders, come quella dei tassisti, annuncia quella dei tele-lavoratori da casa propria.

L'azienda ti consegna i “pezzi” da lavorare e si li riprende lavorati secondo un suo standard definito, senza neanche la costosa incombenza di allestire un luogo ed un posto di lavoro, e magari scaricandosi pure dei costi del mezzo di produzione (un PC utilizzato come terminale “intelligente”) e della connessione in rete necessaria a veicolare l'elaborato in entrata ed in uscita (input/output).

Lavorare da casa

Questa modalità non ricorda da vicino la tessitrice ed al sarto, l'una dotata di telaio e l'altro di macchina per cucire che, a casa propria e con un mezzo sotto la propria responsabilità, producevano, ed altrove in Italia8 e nel mondo ancora producono, per conto di un lontano committente?

Inoltre, dalla trasformazione tecnologica sono aggrediti assetti urbani e sociali.

La piattaforma Ainb adibita agli affitti temporanei di abitazioni, ad esempio, ha comportato l'espulsione dai centri storici dei residenti non solo poveri ma pure appartenenti alle classi medie.

L'annunciata “globotica” aggredirà i “colletti bianchi” dei servizi e della conoscenza, usciti “vincitori” dalla precedente fase della delocalizzazione produttiva che ha investito i “colletti blu”, gli operai delle fabbriche dei Paesi avanzati, messi in concorrenza planetaria con quelli dei Paesi “in via di sviluppo” (e con gli immigrati). «Una aggressione che ha due aspetti strettamente interconnessi e reciprocamente potenzianti: da una parte alcuni e sempre più lavori potranno, e di fatto sono, automatizzati da processi di intelligenza artificiale di nuovo tipo sempre più potenti[...]; dall'altra sempre più “telemigranti” entreranno in competizione con le mansioni direttive e da analisti di simboli che pensavamo al sicuro dalla rivoluzione tecnologica».9

La socialità trovi i suoi luoghi

So che a questa mia esposizione si rimprovererà di essere unilaterale, di trascurare il conto costi-benefici, i vantaggi per l'ambiente e la libertà personale. Sicché non mi sottrarrò a dovuti approfondimenti che tengano conto di come, tra passato e presente, si rinnovi la questione della democrazia sul lavoro.

Per il momento mi limito a focalizzare due punti strettamente connessi: l'isolamento dei lavoratori e la loro dispersione sul territorio urbano ed extraurbano.

La ristrutturazione capitalistica in corso isola, disloca e disperde ulteriormente. Proprio quando massima si fa la cooperazione sociale nella relazione produttiva, riduce al minimo la socializzazione della sua esperienza pratica. “De-socializza” da un lato, e, dall'altro, vela ancor più la contraddizione capitale-lavoro tramite il comando tecnologico a distanza, asettico, “spersonalizzato”. Tuttavia, non può impedire (anzi impone) che nei quartieri popolari urbani ed extraurbani si faccia strada una risposta che unisca i problemi del lavoro a quelli più ampiamente sociali e, in luoghi fisici di aggregazione, trovi l'habitat necessario per organizzarsi e politicizzarsi.

Sappiamo che senza socializzare l'esperienza della propria condizione non può esprimersi la lotta e l'organizzazione per condurla, né trovare il suo ambiente la politicizzazione capace di farla progredire e vincere, in un contesto in cui proporsi di cambiare un tassello della realtà è impossibile senza, per lo meno, avere consapevolezza del puzzle nel suo insieme.

La condizione comune viaggia nel tempo. Possiamo pure imparare da un non lontano passato quando, agli albori della industrializzazione, dispersione ed isolamento erano i primi ostacoli da superare.

In tempi di pandemia ci si è resi conto di quanto sia vitale la socialità, alla cui sottrazione taluni pensano di ovviare negando il rischio per la salute costituito dal virus coronato, in una visione impotente della libertà individuale e personale, la quale per vivere oggi non può fare a meno di sostanziarsi ed attuarsi nella dimensione di una conquista popolare e collettiva.

Note

1 Ugl è figlia della ex-Cisnal, il sindacato di area MSI-DN.

2 Firenze, piattaforma Just Eat. Nidil aveva nominato un Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) che il tribunale non ha riconosciuto perché non eletto dai lavoratori. Pertanto, per aderire alla sentenza, il 25 settembre è stato allestita una “cabina elettorale” che ha eletto un RLS. Just Eat ha ribadito che ai riders non spetta alcun RLS.

3 Marco Barbieri, “Il buco della legge che apre ai contratti pirata per i riders”, il Fatto Quotidiano, 21 settembre 2020.

4 Mentre ai lavoratori è riconosciuta una paga di 10 € l'ora, in base al tempo prefissato dalla piattaforma per la consegna, la paga riservata ai sindacalisti Ugl è di 12€/ora per i "congedi" (1500X12=18.000) e di 70€/ora se partecipanti alle "riunioni paritetiche" con la controparte.

5 Sull'istituto erga omnes e sul suo ruolo, molto importante, sarà necessario ritornare per approfondire soprattutto la questione del diritto dei lavoratori di decidere sui CCL a loro applicati.

7 Amazon si fa pubblicità vantando l'assunzione nei suoi magazzini di smistamento di una disoccupata, usata come testimonial.

8 Vedi il diffondersi di offerte di lavoro a “cucitrici a domicilio”.

9 Alessandro Visalli, Richard Baldwin, “Rivoluzione globotica”.

https://sinistrainrete.info/globalizzazione/18705-alessandro-visalli-richard-baldwin-rivoluzione-globotica.html