giovedì 31 agosto 2023

Conseguenze di una subalternità velleitaria



 Governo Meloni

CONSEGUENZE di una

SUBALTERNITÀ VELLEITARIA


All'opinione pubblica il governo Meloni presenta la propria politica estera come la dimostrazione di quanto sia premiante, per l'Italia, essere fedele alleato degli Stati Uniti ed “affidabile” partner nell'attuazione della strategia di blocco militare della Nato.

In tal modo avrebbe ottenuto una migliore “difesa dell'interesse nazionale”.

Presa per mano

Alla Casa Bianca come al G7 di Hiroshima.


Presa per mano da Joe Biden, Giorgia Meloni a Washington ha assicurato:

  • il pieno sostegno italiano all'Ucraina di Zelensky ed al prolungamento della guerra e delle sanzioni contro la Russia, secondo modi e tempi stabiliti dalla Casa Bianca;
  • l'impegno militare diretto dell'Italia nelle acque e nei cieli attorno a Taiwan,1 in appoggio alla strategia statunitense che si predispone alla resa dei conti finale con la Cina, considerata il nemico numero 1.
    Ottenendo in cambio:
  • il riconoscimento di affidabile referente locale della Nato nel Mediterraneo, in particolare verso l'Africa settentrionale ed occidentale;
  • l'avallo statunitense al cosiddetto Piano Mattei, centrato sull'energia, col proposito di coinvolgere i Paesi nordafricani e della fascia subsahariana anche nel controllo dei flussi migratori “irregolari”;
  • l'attribuzione, nel piano di ricostruzione postbellico, dell'Ucraina occidentale.

Su un campo minato

In seguito al fallimento della controffensiva ucraina, dai vertici della Nato è stata avanzata un'ipotesi di negoziato: in cambio di alcune “concessioni territoriali”, la Russia dovrebbe dare il suo placet al passaggio del resto dell'Ucraina nella Nato.

Molti hanno plaudito come fosse una realistica base per avviare una trattativa di pace, benché l'allargamento della Nato all'Ucraina sia notoriamente ritenuta dalla Russia una minaccia esistenziale, dunque inaccettabile, neppure se all'offerta della Crimea si aggiungesse quella delle regioni del Donbass, peraltro già in mano russa.

Pertanto, quali sono i veri motivi della avance di Stian Jenssen, capo di gabinetto del segretario generale Stoltenberg?

La controparte russa è reduce da numerose esperienze che la inducono a diffidare di accordi sulla carta, quando non accompagnati da fatti concreti a garanzia della loro esecuzione. Cito solo quelli più recenti: gli accordi di Minsk I e II, usati come espedienti per armare Kiev; l'accordo di Ankara dell'aprile 2022, sconfessato dopo il ritiro dell'esercito russo dalle porte di Kiev; l'accordo umanitario su grani e fertilizzanti, non rispettato solo per l'esportazione di quelli russi, mentre i grani ucraini invadevano i mercati continentali, abbattevano i prezzi a danno delle agricolture concorrenti (polacche, magiare e rumene) e finivano accaparrati al 97% da più facoltosi Paesi europei.

È impensabile che Putin sia disponibile ad intavolare una trattativa per consentire a Kiev ed alla Nato di guadagnare tempo e riprendersi dalla precaria condizione militare e politica in cui oggi versa. Sicché la mossa dei vertici atlantici è indirizzata ad altro.

Va gestita l'opinione pubblica occidentale, già alquanto dubbiosa per non dire resistente al racconto dei governi e dei ripetitori mediatici, sia al cospetto dell'innegabile “evidenza empirica” (fallimento militare e della politica di isolamento e dissanguamento della Russia), sia in vista di possibili nuovi svolgimenti.

Si dà risalto alle critiche di importanti esponenti ed analisti militari che accusano lo stato maggiore ucraino di “incapacità”, per non avere seguito le metodologie e le direttive della Nato, scaricandola della responsabilità degli insuccessi sul campo di battaglia. Così si prospetta una giubilazione del comando militare che può coinvolgere lo stesso Zelensky.

Non è in discussione il prolungamento della “guerra contro l'aggressione” e la consegna degli F16, che però non potranno entrare in azione prima dell'autunno-inverno e non sono in grado di rovesciare l'andamento del conflitto. Nè, congiuntamente, si rinuncia a disaccoppiare l'Europa dalla Russia e mantenere sotto scacco permanente la Germania, nella cui recessione è trascinata tutta l'eurozona.

Tantomeno è ammesso il proprio fiasco militare e politico (attribuito a Kiev), che mina l'intera strategia dell'amministrazione Biden, proprio in prossimità delle elezioni presidenziali.

Piuttosto, mostrando realismo, elasticità e disponibilità alla trattativa, ci si dispone a fronteggiare i casi peggiori, tra i quali quello del collasso del regime di Kiev, rubricato ora tra le congetture fantapolitiche.

In tal caso le “concessioni territoriali” non sarebbero negoziate ma de facto. Dopo aver combattuto la Russia fino all'ultimo ucraino e nell'impossibilità di includere tutta l'Ucraina, si passerebbe al suo smembramento,2 mettendo “in sicurezza” almeno la sua parte occidentale.3 Compito quest'ultimo riservato alla Polonia, che eviterebbe alla Nato di entrare direttamente in guerra4 e le permetterebbe di sottrarre “all'espansionismo russo”, occupandoli, gli oblasti ai propri confini, già polacchi prima del secondo conflitto mondiale.

In tale contesto paragonare il ruolo dell'Italia a quello della Polonia, come ha fatto il ministro della Difesa Guido Crosetto, è vanto avventurista dal “sen fuggito”. Tanto più che una funzione analoga a quella di Varsavia, sul fianco nord-orientale della Nato, è stata assunta da Roma sul fianco meridionale dell'alleanza.

In continuità con la linea tracciata da Draghi, sulla quale si sono compromessi anche i partiti partecipanti al suo esecutivo ed oggi fuori dal governo, la premier Meloni ha trascinato l'Italia su un terreno alquanto minato.

L'art. 11 della nostra Costituzione è stato rinnegato, al pari di qualsiasi iniziativa diplomatica italiana o di appoggio a proposte altrui.

Quella cinese, articolata in 12 punti e nel pieno rispetto del diritto internazionale, instradava le parti su un percorso che, a partire dall'immediato cessate il fuoco, portava alla definizione concertata di un sistema di garanzie per la reciproca sicurezza in Europa, da Est ad Ovest, il solo in grado di garantire una pace stabile.

La premier Meloni ci ha invece consegnato a qualsiasi decisione proveniente da Washington, anche la più scellerata.

Postura gregaria

Nel maggiore partito al governo domina l'inebriata esaltazione della postura assunta dall'Italia. Il guadagnato innalzamento di status (Italia “protagonista”) può giusto soddisfare un ceto politico votato a portare la borraccia.

Postura resa ancora più subalterna dall'impegno preso alla Casa Bianca di disdire il Memorandum con la Cina sulla Via della Seta, a suo tempo firmato dal primo governo Conte.5 Impegno avallato da Romano Prodi, a testimoniare che il centro-destra al governo fa quel che al suo posto farebbe il centro-sinistra.

Poiché anche l'amministrazione Biden è protesa a non entrare per ora in collisione con la Cina, sarà consentito alla premier Meloni nella prossima visita a Pechino di cercare una mediazione, che non affossi del tutto le nostre relazioni economiche e commerciali con il “Dragone”, almeno fino a quando da Washington non dovesse arrivare un ordine belligerante sullo scacchiere attorno a Taiwan.

La stessa postura gregaria è rintracciabile nella corsa al riarmo, connessa all'adesione alla strategia guerrafondaia di blocco militarizzato.6

In un'audizione parlamentare a gennaio, Guido Crosetto ha sostenuto:

«L'aiuto che abbiamo dato in questi mesi all'Ucraina ci impone di ripristinare le scorte che servono per la difesa nazionale.»

Eppure Giorgia Meloni aveva affermato che dare all'Ucraina nostre armi era senza costi. Veniamo ora a conoscenza dell'esistenza di costi di “ripristino”, tra i quali rientra l'acquisto di numerosi (da 125 a 200) Leopard 2 A8 dall'azienda tedesca Krauss-Maffei Wegmann.

L'etichetta di “Piano Mattei”

Riferita alla politica energetica del governo italiano, avrà fatto beffardamente sorridere gli interlocutori nord-americani, specialisti in questo genere di contraffazione semantica.

Non possono essersi scordati del fatto che Enrico Mattei, proprio a causa della sua intraprendenza a capo dell'Eni, in comunanza d'interesse con i Paesi africani ed in contrasto con le “sette sorelle” anglo-americane, ebbe un “incidente” mortale nei cieli di Bescapé.

Per gli Stati Uniti è assai vantaggioso incoraggiare l'aspirazione della Meloni di fare dell'Italia il futuro hub energetico dell'Europa dal Mediterraneo, mentre nel concreto immediato si assicurano, al triplo dei prezzi russi del gas bloccato dalle sanzioni, le forniture al nostro Paese del loro gas da scisti bituminosi. Gas naturale liquido (Gnl) che implica l'uso di rigassificatori, vere e proprie bombe ambientali sul territorio della Nazione.

Per Meloni la furbata dell'etichetta può essere buona per il marketing finto sovranista del governo, ma non può trarre in inganno i Paesi ai quali, insieme alla Ue, si rivolge, pretendendo credibilità per il solo fatto di loro offrire rapporti da “pari a pari” ed improntati ad “un modello virtuoso di collaborazione”.

Decenni di belle parole hanno ammantato la predazione estrattiva delle multinazionali occidentali, le pratiche neo-coloniali ed imperialiste, non solo della Francia.

Nessuna meraviglia se, come ricorda la ex diplomatica Elena Basile:7

«decenni di politica mediterranea (dal processo di Barcellona 1995 all'Upm 2008) siano falliti nonostante gli sforzi di partnership egualitaria, di codecisione, di approccio olistico e non settoriale.»

Mentre si sta dalla parte del neo-colonialismo, reiterare il falso storico degli “italiani brava gente” non può nascondere il contrasto radicale con l'interesse dei Paesi africani alla ricerca di un proprio sviluppo autonomo, non a caso attratti dal multilateralismo.

Quarte sponde cercasi

Mancano solide quarte sponde per realizzare l'hub energetico del cosiddetto Piano Mattei, di cui manca un documento pubblico sul quale valutare l'azione di governo.

L'Algeria, sulla quale pare imperniato il Piano, ha presentato una richiesta ufficiale di entrare tra i Brics+6,8 un concerto economico alternativo al G7. Il presidente Abdelmadjid, al Forum sull'Economia di San Pietroburgo, ha definito Putin un “amico dell'umanità”. Algeri come è attestato dalla sua posizione sulle vicende del Niger,9 non è disponibile a sottostare alle mire dell'”Occidente collettivo”.

È contraddittorio assumersi un ruolo di responsabilità sul fianco Sud della Nato, e, al contempo, proporsi come partner “alla pari” con l'Algeria per realizzare, insieme alla Germania, il progetto del Piano Mattei del SouthH2 Corridor

«un gasdotto di 3.300 km che unirà il Nord Africa al continente europeo per il trasporto di idrogeno prodotto in Nord Africa, passando attraverso Italia, Austria e Germania. (…) che dovrebbe essere pronto nel 2030.»10

Nell'articolo sopra citato, ciò che entusiasma Sergio Giraldo su 'La Verità' è la “duplice valenza” della pipeline, capace di trasportare gas, in attesa dell'idrogeno, per la cui produzione sono al momento disponibili soluzioni o molto costose o molto impattanti per l'ambiente. Davvero fatidico l'anno 2030!

Oltre ad essere territorio di transito energetico dall'Algeria, la Tunisia per Roma riveste particolare importanza, giacché dalle sue coste partono gran parte dei migranti che sbarcano sulle nostre, molti provenienti dall'Africa Occidentale, oggi al centro di una nuova crisi internazionale. In forti difficoltà economiche, ha accettato i pochi fondi offerti dall'Ue (100 milioni di euro) per fare da “filtro” verso gli immigrati “irregolari”, ma è restia ad accogliere quelli collegati del Fondo monetario internazionale (1,9 miliardi di dollari), perché vincolati all'attuazione di “riforme di struttura” lacrime e sangue, tipiche del Washington consensus.

Rispetto ai problemi del Paese africano ed alle “riforme” del Fmi, Italia e Francia11 pensano solo di diluire l'amara medicina, piuttosto che rinunciare alla solita cura, mentre gli “sforzi congiunti” non hanno minimamente contribuito a sbloccare la situazione in Libia,12 precipitata nella divisione attuale dalla consorteria (compresa l'Italia) che ha rovesciato Mu'ammar Gheddafi.

Sul versante orientale del Mediterraneo da tempo la Turchia si è proposta al ruolo di hub energetico verso l'Europa a cui ora mira l'Italia, predisponendo quattro linee nazionali di rifornimento, che coinvolgono Russia, Iran, Turkmenistan e, tramite la Tracia, la Bulgaria.13 Raggiungere un accordo con la Turchia significa rimettere in gioco Paesi o oggetto delle sanzioni o che non le hanno condivise.

Meloni sembra ignorare i forti cambiamenti in corso in tutto il Medio Oriente e nei rapporti internazionali, portati dal riposizionamento dell'Arabia Saudita, dopo il ristabilimento delle relazioni con l'Iran, mediato dalla Cina, e dall'adesione della Russia all'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec).

Nel frattempo l'Egitto è entrato tra i Brics.

Complicazioni balcaniche

A fine maggio è riemersa la irrisolta questione del Kosovo.

A compimento della voluta, anche dall'Italia, disgregazione della Jugoslavia, gli Stati Uniti hanno raggiunto l'obiettivo di presidiare militarmente una possibile area di transito energetico dalla Russia verso l'Europa. L'intervento in guerra della Nato, volto a separare il Kosovo dalla Serbia, legata alla Russia, a questo obiettivo mirava. Oggi, a guardia dei Balcani e dell'Est Mediterraneo, c'è la grande base militare di Camp Bondsteel.

Dopo la “guerra umanitaria” del democratico Clinton, senza mandato Onu ed a cui si prestò il governo D'Alema, nacque un piccolo Stato vassallo degli Stati Uniti, con la presenza di una forza Nato di interposizione (Kfor) tra le due etnie in contrasto, serba ed albanese, su mandato internazionale.

Nel corso di due decenni l'Italia ha sviluppato forti relazioni economiche e commerciali con la Serbia, divenendovi il Paese con il più elevato stock di investimenti diretti.

Il governo di Pristina, che ha provocato i recenti disordini in cui sono rimasti feriti dei militari italiani ed ungheresi del Kfor, non può essersi mosso in modo autonomo dal comando statunitense, benché Washington cerchi di nascondere la mano che ha lanciato il sasso, per atteggiarsi poi a pacificatore sopra le parti.

Qualora il governo di Belgrado fosse costretto ad intervenire in protezione della minoranza serba, la Nato non esiterebbe a rispondere militarmente,14 coinvolgendoci direttamente.

Oneri in cambio di onori

Sposare la strategia atlantista a tutto campo, assumersi responsabilità sul fianco Sud della Nato ed al contempo ottenere “credibilità” dai Paesi africani del Mediterraneo e sub-sahariani, attestano una sostanziale mancanza di realismo. Mancanza che sfocia nel velleitarismo politico, sia se si aspira a fare da hub energetico, sia se alla pretesa di instaurare nuovi rapporti economici si pensa di collegare il controllo dei flussi migratori “irregolari”.

Ne sono la riprova le reazioni alla crisi nigerina. L'angelo della morte, alias Victoria Nuland,15 sottosegretaria di Stato per gli affari politici degli Stati Uniti, ha condotto una ricognizione. Rientra nel suo metodo spingere alla guerra l'Ecowas16 contro la “illegale giunta golpista” e mettere africani contro africani, ma gli sfavorevoli rapporti di forza militare sul terreno lo sconsiglierebbero. Almeno per il momento. Come è sconsigliabile rinunciare ad un'occasione per indebolire la Francia, sempre sospettata di “neo-gaullismo”.

Dal canto suo Roma si è subito detta d'accordo con Washington nel seguire la via diplomatica per ristabilire la “legalità costituzionale” in Niger, mentre la Francia, la principale imputata di neo-colonialismo nell'area sub-sahariana, morde il freno.

Poco prima della visita della premier Meloni negli Stati Uniti, si erano alzati peana all'asse Roma-Washington, giacché la rivista 'The national interest', di cui è presidente onorario Henry Kissinger, lodava la expertise italiana sullo Spazio, invitandola a seguire la linea Draghi per una maggiore cooperazione, specialmente nel controllo satellitare in Maghreb e Sahel, collegato all'attività militare.17

Appena qualche giorno dopo i colloqui della premier Meloni con Biden e Kissinger, il solito Claudio Antonelli dalle colonne di 'La Verità', strenua sostenitrice delle iniziative “di buon senso” della Meloni in senso anti-cinese, sottolineava che:

«L'alleanza con gli Stati Uniti si spinge un po' più in là, fino a lambire la Cina e tutta la zona attorno a Taiwan.»

A proposito del Mediterraneo, aggiungeva:

«gli Stati Uniti hanno “preso atto del piano Mattei del governo italiano sull'Africa”, ovviamente, al di là delle parole retoriche e un po' ampollose si legge il chiaro messaggio di affidamento. Affidamento nel senso che gli Usa sembrano darci onori e oneri. Basta vedere quanto sta accadendo in queste ore con il colpo di Stato in Niger. La Francia è ormai fuori da tutto il Sahel e qualcuno dovrà prendere il suo posto. Altrimenti i buchi saranno riempiti da russi, cinesi o se va meglio dai sauditi. (…) Per il premier è un “errore fatale”, in politica estera, “non vedere tutta la scacchiera”, aggiungendo di “aver trovato condivisione e voglia di collaborare al nostro piano Mattei per l'Africa”. A questo punto e con il termine della pausa di Ferragosto sarà importante entrare nella scacchiera con tutti e due i piedi.»18

Intervistato sempre da 'La Verità', Germano Dottori, analista di 'Limes', dopo aver inquadrato il Mediterraneo nella geo-politica mondiale, ha affermato:

«Fatichiamo a comprendere un dato cruciale di realtà: potremmo un giorno avere nemici, a prescindere dal carattere pacifico della nostra politica estera che forse non basterà più a proteggere i nostri interessi.»19

Onori ed oneri, potremmo avere dei nemici … Quali sarebbero i “nostri interessi” da proteggere in modo non pacifico?

La scelta

La narrazione che, in forza dell'ultima ondata di globalizzazione neo-liberale, raffigurava un mondo oramai transnazionale e lo Stato nazionale come obsoleto, non regge più al confronto con i fatti in rapido svolgimento.

In questo nuovo contesto storico di grande trasformazione dei rapporti internazionali, la scelta dirimente in capo ad ogni Stato è se associarsi al continuo ricorso alla guerra voluta dagli Stati Uniti, alla vana ricerca di una via d'uscita alla decadenza del proprio dominio unipolare, oppure aderire ad una strategia di pace levatrice di un nuovo ordine mondiale multilaterale, più democratico e favorevole allo sviluppo umano autonomo di tutti i Paesi.

Dopo aver guadagnato consensi su posizioni “sovraniste” e “populiste”, la premier Meloni già durante l'ultima campagna elettorale aveva invertito la rotta.

Pensando di “durare”, ha preferito agli interessi nazionali, intesi come interessi della stragrande maggioranza, la piena inclusione nella classe dirigente politica che, nell'alternanza bipolare al governo, da decenni opera per conto degli interessi del capitalismo finanziario italiano, senza più territorio né patria, accorpato a quello dei G7.

Identificando i nostri interessi con quelli degli Stati Uniti, siamo sempre più direttamente trascinati nei loro intrighi ed avventure belliche. Con dure conseguenze sul piano interno: la rinuncia all'esercizio della sovranità democratica nazionale è pagata da subito dalle classi sociali che vivono del proprio lavoro.

Per reggere la prova non basteranno al governo Meloni il finto sovranismo, il velleitarismo di status protagonista ed il ricorso alle etichette marketing del cosiddetto Piano Mattei, che nascondono la mancanza di una reale volontà di dialogo nel reciproco interesse, tra Stati riconosciuti nella loro sovranità, mediterranei e non.

La ribadita subalternità conduce al generale declino del Paese ed al rischio di coinvolgimento bellico non solo “indiretto”.

Si staglia all'orizzonte un futuro pericoloso per la nostra stessa vita, da difendere palmo a palmo, a partire dalle condizioni in cui viene sempre più precipitato il nostro quotidiano.


Note

1 La teoria delle “due Cine”, ritirata fuori dal cassetto della guerra fredda dagli Stati Uniti, è avversata dai partiti (tra i quali lo storico Kuomintang) che, secondo i sondaggi sulle prossime elezioni presidenziali del 13 gennaio 2024, sono in vantaggio rispetto al Partito Democratico Progressista, oggi al governo dell'isola e favorevole alla rottura di Taiwan con la Cina.

2 Una sorta di “cannibalizzazione”, qualora anche Ungheria e Romania decidessero di allargare i propri confini ai territori abitati dalle loro minoranze nazionali, assai maltrattate da Kiev.

3 La cui ricostruzione, come prima detto, è stata affidata all'Italia.

4 Attenendosi all'articolo 5 del suo Trattato istitutivo (articolo detto “difensivo”, giacché prevede l'attivazione della difesa comune solo in caso di attacco esterno ad uno Stato membro dell'alleanza) la Nato si limiterebbe a garantire ai polacchi il supporto ora dato a Kiev.

5 Con la Lega non solo al governo, ma attivamente coinvolta alla sua stesura.

6 Sul tema vedi “Due strategie”, https://mega.nz/file/bB5DTCKS#_qnKt_cgW9k4SMKwvsK7xAz_Hm6Z8NZSy1mnTTgxKbk.

7 Elena Basile,”Piano Mattei, sovranisti finti e altre prese in giro”, Il Fatto Quotidiano, 2 agosto 2023.

8 Dal 2024 ai Brics si aggiungono: Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. L'effettiva adesione dell'Argentina è condizionata dall'esito delle prossime elezioni presidenziali.

9 Il governo algerino ha reso noto che un intervento armato negli affari interni del Niger è considerato una minaccia per la stessa Algeria.

10 Sergio Giraldo, “Il gasdotto dall'Africa un affare per l'Italia. Saremo l'hub dell'Ue”, La Verità, 12 giugno 2023.

11 Claudio Antonelli, “Francia e Italia in pressing sulla Libia per accelerare il ritorno alle elezioni”, La Verità, 22/6/2023.

12 C'è che paventa che la Cina possa riuscire laddove l'Italia ha fallito. Stefano Graziosi, “Tripoli flirta col Dragone: nuovi guai per Roma e Nato”, La Verità, 29 agosto 2023.

13 https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/turchia-nuovo-hub-energetico-nel-mediterraneo-36802

14 Come afferma Fabio Mini, “La Nato nei Balcani ha sbagliato tutto, ma ora deve restare”, Il Fatto Quotidiano, 1° giugno 2023.

15 La Nuland, protagonista sia del colpo di Stato in Ucraina nel 2014, sia della divisione del Sudan, è ai vertici del partito “dem-neocon” Usa, che trasversalmente unisce parte dei democratici e dei repubblicani.

16 Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale.

17 Claudio Antonelli, “Gli Usa ci tendono la mano sullo Spazio”, La Verità, 21 luglio 2023.

18 Claudio Antonelli, “Tra Italia e Usa si apre il dossier indopacifico”, La Verità, 29 luglio 2023.

19 Intervista di Fabio Dragoni a Germano Dottori, “Gli Usa stanchi della guerra. Non cercano il crollo di Putin”, La Verità, 24 luglio 2023.