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Lo stappo
Prendendo spunto dalla
manifestazione Vinitaly, la vignetta di Giannelli1
ha fornito una sintesi
piuttosto efficace della particolare situazione in cui si è venuta a
trovare la formazione del nuovo governo della Repubblica. È alla
legge elettorale Rosatellum che risale la predisposizione di quel
“tappo” che impedisce il governo M5S-Lega. Ciò accade,
nonostante queste due forze abbiano vinto le elezioni. Illuminanti
particolari: il tappo poggia proprio sulla testa di Salvini; Di Maio
e Salvini sono “imbottigliati all'origine”.
Alla
malaparata
Al contrario di quanto
sostiene Marco Travaglio, il Rosatellum2
non è stato contraddetto dal voto dal momento che “persino il
diavolo fa le pentole ma non i coperchi”. In realtà il nuovo
sistema elettorale era congegnato non solo e non tanto per favorire i
partiti dell'inciucio (PD e FI), quanto, alla malaparata, per
impedire alle forze populiste, M5S e Lega, di governare seppur
vittoriose.
La
“trovata” strategica iniziale fu di indurre Salvini, con la
golosa prospettiva di accaparrarsi molti seggi nell'uninominale, ad
ingabbiarsi nell'alleanza con Berlusconi (e Meloni), in quello che Di
Maio definisce “schema di centro-destra”. Uno schema che, a
dispetto del comune indirizzo economico liberista, conteneva sin
dall'inizio due tendenze3
in divergente contraddizione:
-
all'accordo con il PD renziano in continuità con gli ultimi governi,
lealista con la finanza dominante e verso l'Europa a trazione
tedesca;
-
a rompere con governi di più o meno larghe intese, euroscettica e
populista, contraria all'euro ed ai tecno-burocrati di Bruxelles.
Una volta incastrato nei
meccanismi dell'alleanza con Berlusconi, anche se quest'ultimo ne
avesse perso la leadership, Salvini si sarebbe trovato nella
scomodissima posizione di chi, nel caso e pur di andare al governo
con M5S, rompeva un patto santificato dal voto. Questo fu il risvolto
per Salvini di scegliere un vantaggio immediato a dispetto di un
futuro svantaggio. D'altro canto, il sistema che favoriva le
coalizioni, raccattavoti anche con liste civetta, non contemplava il
voto disgiunto,4
mentre consegnava la nomina delle candidature alle segreterie di
partito. Il che, sempre in caso di sconfitta, avrebbe oltremodo reso
difficile al PD di sbarazzarsi di Renzi per rendersi disponibile ad
un accordo con 5 Stelle.
Per forze come PD e FI, che
per anni si sono ammantate di “senso di responsabilità”, l'esser
giunte alla perversione di ideare un sistema elettorale per impedire
ai vincenti di governare tramite classiche mediazioni istituzionali,
è la massima negazione dei principi politici liberali di cui si
dicono portatori. Ma tant'è: col liberalismo reale abbiamo a che
fare, non con altro.
Pericoli
prevedibili
Benché la seconda
Repubblica sia abortita a seguito di due referendum che hanno
bocciato riforme costituzionali autoritarie, Di Maio parla di avvento
della terza Repubblica, la quale sarebbe inibita dall'incapacità
(impossibilità?) di Salvini di liberarsi dalla tutela berlusconiana.
Tuttavia, nonostante lo “stappo” presenti forti pericoli
derivanti dall'inclusione al governo di tendenze xenofobe, razziste e
neo-fasciste, le restanti due alternative
o sono marcatamente segnate
dalla continuità di politiche antipopolari all'interno e di
subalternità nazionale verso l'esterno, o rischiano di esserlo.
Salvo
mirabolanti invenzioni, l'alternativa ad un governo del presidente,
di larghissime intese, è rappresentata solo da un governo
M5S-PD-LeU. Dopo le ultime prese di posizione di Di Maio su Europa e
Siria, pure Napolitano, Cassese e Casini sono inclini a “sdoganare”
M5S. Sicché incombe il pericolo paventato da Montanari:
«Se
il rapporto tra Cinque Stelle e Pd, invece di far cambiare il Pd,
facesse cambiare i 5 Stelle, lasciando solo la Lega a rappresentare
chi è contro questo orrendo sistema, allora sarebbe un disastro.»5
Poco prima Montanari aveva
premesso che i 5 Stelle e la Lega sono diventati di fatto i partiti
delle classi subalterne, anche grazie ad un voto nel quale era
tornata ad esprimersi la dimenticata lotta di classe.
Pur se tardive, non posso
che compiacermi di queste ammissioni, alle quali dovremo dare un
seguito, che non sia quello di pregare affinché il disastro non
prevalga.
Note
1
Giannelli, Corriere della Sera, 16 aprile 2018.
2
Dal nome del suo relatore Ettore Rosato, è la legge che disciplina
l'elezione della Camera e del Senato. Ufficialmente legge 3/11/2017,
n. 165, è stata varata da PD, FI e Lega Nord.
3
Esse non coincidono esattamente con FI e Lega, in quanto FI può
contare su una corrente interna alla Lega e viceversa.
4
Che permette di votare per un partito e per un candidato non
necessariamente di quel partito. È detto anche alla tedesca.
5
Tommaso. Montanari, “Siria, la guerra che cambia il M5S”, il
Fatto Quotidiano, 17 aprile 2018.