mercoledì 8 febbraio 2017

Europa à la carte

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Europa à la carte

Nello spazio di un giorno l'intervista dell'europeista storico, ex presidente della Commissione, viene contraddetta dall'eroe italiano del Quantitative Easing, a capo della Bce di Francoforte. Prodi contro Draghi? O, più semplicemente, manifestazioni dello stato confusionale in cui versa la “classe dirigente”?
Romano Prodi1 plaude alla Merkel che, finalmente, ha proposto che l'Unione proceda “a due velocità” nel processo d'integrazione:
«Sono quasi due anni che lo ripeto: questa, in mancanza di una condivisa politica europea, è l'unica strada percorribile.»
Quei due”, Trump e Le Pen, vanno contrastati:
«Ma come? Trump fa la rivoluzione, annuncia scompigli, attacca la Germania e cerca di dividerla dall'Europa, mina la difesa europea. Le Pen predica la morte della Ue e perfino della Nato. (…) Finalmente la Germania sembra cominciare ad assumersi quel ruolo di leadership che non aveva mai voluto esercitare. Va bene così.»
Prodi si rende conto che caldeggiare un ruolo guida apertamente tedesco può sollevare qualche ansia. Sicché subito aggiunge il correttivo per cui l'Unione “a due velocità” non dovrà diventare un convoglio “di prima e seconda classe”, con i passeggeri della prima a decidere chi si deve accomodare in seconda.
Non sembra invece preoccuparlo granché la difesa della Nato, diretta contro la Federazione Russa, in una sorta di continuazione della guerra fredda, ragione vera delle sanzioni volute da Barack Obama che pure danneggiano le nostre esportazioni, nonché il “libero commercio”. Il nostro governo vorrebbe l'una ma non le altre e, come al solito, non sa che pesci pigliare. Mentre la coalizione di centro-sinistra, da Prodi riproposta, dovrebbe ottenere il consenso di ampi settori popolari da sempre avversi alla Nato e che, tuttora a ragione, ne appoggerebbero lo scioglimento.
Com'è noto, la nuova amministrazione nord-americana vuole che ciascun Paese membro della alleanza militare paghi il suo, non essendo più disposta a spendere per la “difesa europea” d'altri. Essa, peraltro, non è autonomamente tale, così come l'Europa non è uno Stato, né federale né confederale.
Quanto a Marine Le Pen, nel suo programma2 chiede di fatto il ritorno al gollismo della force di frappe, autonoma dalla Nato, con maggior spesa militare anche per sovvenzionare la propria industria in difficoltà. Il messaggio sottaciuto è chiaro: spendere di più ma in funzione interna e per la propria grandeur.
D'altro canto, chi deciderebbe ed in base a quali criteri, in quale classe del treno europeo ciascun Paese dovrebbe accomodarsi?
Quel treno dovrebbe andare in una direzione unica. In pratica però i “fratelli europei”, come li vorrebbe Prodi, paiono sempre più “fratelli coltelli”, dediti al nazionalismo più che alla “integrazione”, per giunta in un momento in cui (parole sue):
«Tranne forse che in Germania, nel resto d'Europa il vecchio sistema dei partiti si sta slabbrando.»
Invece di chiedersi per quali motivi solo la Germania, forse, non si “slabbri”, il professore bolognese non trova di meglio che invocare la ricostruzione di “valori politici comuni” per risolvere problemi e contrastare derive poste in essere proprio dalla costruzione europea sin qui realizzata, anche grazie al suo fattivo contributo.
Tanto per non restare nel vago: a quale velocità dovrebbe andare l'Italia in Europa? A quella della Lombardia o a quella della Sardegna? Ed a quale velocità monetaria e valutaria? Disponendo della propria potestà di bilancio o continuando a rinunciarvi?
Se qualcuno cominciava già a pensare ad uno sdoppiamento dell'euro, uno forte dei Paesi centrali ed uno più debole dei Periferici, è arrivata a breve giro la doccia fredda di Draghi: l'euro è “irrevocabile”; è stabilito dai Trattati; ci ha difeso in tempi di epocale recessione ed è gran cosa... Fate quel che volete di tutto il resto del “processo d'integrazione”, pure un'Europa à la carte, ma il sancta sanctorum non si tocca!
Il capo della Bce era chiamato a smentire le critiche d'oltre Atlantico, suffragate da inoppugnabili dati di fatto che evidenziano l'uso da parte tedesca di una moneta debole per favorire le proprie esportazioni,3 dopo aver risposto all'impertinente interpellanza di europarlamentari del M5S4 sul costo di una eventuale uscita italiana dalla moneta unica.
Ai più non sarà sfuggito l'assolutismo del banchiere centrale, a capo di un potere tanto indipendente da ogni sovranità politica democratica, quanto aderente agli interessi di ristrette cerchie finanziarie. Forse non è risultato altrettanto chiaro l'implicito ricatto: o si esce in toto dall'Ue, utilizzando l'articolo 50 sull'esempio della Brexit, o chi è nell'euro non può uscirne.
Pur di difendere l'indifendibile moneta unica, si minaccia di trascinare a picco l'intera Unione.
Intanto, Marine Le Pen se sarà presidente avvierà un negoziato, «seguito da un referendum sulla nostra appartenenza all'Unione europea.»
Chi è più anti-europeo?

Note
1 Intervista di Andrea Bonanni, “Quei due sono una minaccia, l'Europa a doppia velocità può dare finalmente risposta”, la Repubblica, 6 febbraio 2017.
2 Vedasi “144 engagements présidentiels” Marine 2017, http://www.frontnational.com/le-projet-de-marine-le-pen/. La citazione a fine articolo è tratta dallo stesso testo.
3 Critiche fatte proprie da Trump, ma già presenti con l'amministrazione di Barack Obama.
4 http://www.movimento5stelle.it/parlamentoeuropeo/170120letter_valli_zanni_1.it-2.pdf

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