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Stragi terroristiche e reazioni politiche in Italia. “Cinguettando”. Sciacallaggi e logiche di civiltà dello scontro. Come verrà combattuto il Califfato siro-iracheno?
- “Occhio per occhio, dente per dente” fino alla guerra? E quale guerra, combattuta dove, come e da chi?
- A questa sbrigativa “soluzione definitiva” ci spingono non solo le forze xenofobe, razziste e fasciste, ma pure quelle che ci vorrebbero tutti allineati difensori della civiltà occidentale minacciata e dei suoi supposti superiori valori.
- Benché si stiano ripetendo gli stessi scenari da ormai vent'anni, di guerre sulle guerre, con evidenti disastrose conseguenze umanitarie e politiche, chi critica e mette in guardia da ripetizioni ciniche diventa subito nemico.
- Un cielo così plumbeo promette tempesta.
Normalità
dis-integrata
Nelle
stragi di Parigi c'è un obiettivo raggiunto: la vita nelle grandi e
ricche metropoli dell'Occidente non può più essere “normale”,
quando in un qualsiasi luogo e momento i cittadini possono essere
vittime di atti di terrorismo. Come fossero a Baghdad, a Beirut, a
Kabul, a Damasco, o su un aereo turistico russo di ritorno da Sharm
el Sheik.
Appare
evidente uno “spostamento” di qualità rispetto alle Torri
Gemelle di New York nel 2001. Al Qaida aveva colpito un bersaglio
simbolico affatto “facile”, sempre di inermi civili, ma alla cui
realizzazione era necessaria una complessa organizzazione capace di
impadronirsi di aerei, pilotarli contro enormi edifici, eludendo
molteplici controlli. Tanto da indurre molti a dubitare che questi
siano stati, nel coincidere dei fatti, semplicemente disattenti e non
colpevolmente coinvolti.
Il
governo nordamericano del secondo Bush reagì in due modi ritenuti
complementari: restringendo le libertà interne con misure
eccezionali; dichiarando guerra ai talebani in Afghanistan. Ma
l'operazione Enduring Freedom dura tuttora e dopo 14 anni non
prospetta soluzioni in linea con le promesse. Vi partecipa l'Italia
che, subalterna, “fa la sua parte”.
Tra
i terroristi di Parigi ci sono figli di terza generazione di una
fallita integrazione europea. Giovani, delle emarginanti banlieux
o induriti combattenti del Califfato, hanno praticato uno stragismo
del quotidiano, allo stadio, in un ristorante, in un concerto.
Comunicano tramite play-stations, si armano facilmente su un mercato
facilmente accessibile, possono entrare in azione in qualsiasi
momento e prorompere in qualsivoglia luogo del vivere civile e
sociale. Rendono insicure le nostre città nell'abitudine e nella
regolarità.
Un
ritrovo di divertimento a Parigi, come il Bataclan, diventa
invivibile alla stessa stregua di un mercato sciita di Baghdad.
Questa
è l'amara scoperta che tutti lascia sconvolti e attoniti. Perché
alla falsa integrazione europea, in nome di un Dio unico e
vendicativo (lo stesso di certi cristiani ed ebrei), dei giovani
tanto carichi di odio quanto disillusi, preferiscono
l'auto-disintegrazione che trascina nella propria sorte altri
giovani, ai quali (questa è l'implicita accusa sottostante) non è
riservato il medesimo destino d'esclusione.
Come
reagirà l'Europa e l'Occidente a questa “guerra” portata alla
propria interna normalità quotidiana, riproducendo la precarietà
dell'esistenza esportata altrove, nelle periferie del mondo?
Senza
nemici non c'è guerra
Non
può meravigliare che i fautori della civiltà dello scontro siano
poi sostenitori dello scontro di civiltà. Come l'assassino che grida
all'assassino.
In
Italia possono salire sul pulpito e predicare i loro sicuri e
definitivi rimedi, ampiamente teletrasmessi, tramite le note
parificazioni: i rifugiati ai clandestini, i clandestini ai
terroristi, l'Islam al terrorismo.
Maurizio Belpietro |
L'indomani
delle stragi parigine è il giorno dello sciacallo. Maurizio
Belpietro intitola su Libero «Bastardi
islamici» e Daniela
Santanché twitta «L'Islam
festeggia i nostri morti».
Matteo
Salvini chiede di introdurre «i
libri di Oriana Fallaci obbligatori in tutte le scuole»
e la chiusura xenofoba delle frontiere. Da “tombini di ghisa” a
“felpa dorata”.
Non
può mancare Giorgia Meloni su Facebook: «Diciamo
basta all'immigrazione musulmana almeno fino a quando l'Islam non
avrà risolto i problemi di violenza interni alla sua cultura.»
Matteo Salvini |
A
livello internazionale analoghe reazioni e commenti si possono
cogliere un po' ovunque. Dai candidati repubblicani alla presidenza,
tra cui Jeb Bush (il terzo della saga) chiede misure immediate contro
«uno
sforzo organizzato per distruggere la civiltà occidentale»,
alla Democrazia Cristiana (CDU) bavarese, al nuovo governo polacco
che coglie l'occasione per “sigillare” le frontiere. Eccole, le
forze nuove delle dell'Europa dell'Est!
Tra
i tredici «semplici
accorgimenti» che Marco
Travaglio suggerisce ai governi europei e a quello italiano, con
ironia e sarcasmo, sono facilmente rintracciabili tutte queste idee
politiche che, perseverando diabolicamente, ci condurrebbero a sicura
sconfitta. Il film evocato, non a caso, si intitola “Come persi la
guerra”.1
Giorgia Meloni |
Ma
anche le posizioni “democratiche ed umanitarie”, pur difendendo
una certa apertura ai flussi migratori (distinguendo, non si sa come,
i rifugiati dai migranti economici, i fuggiaschi dalle guerre da
quelli dalla fame) e distinguendo tra musulmani e terroristi in nome
di Allah, non resistono alla chiamata alle armi in difesa dei valori
sacri d'Occidente. Non furono “umanitarie” le imprese militari
condotte per “esportare la democrazia”?
In
America ciò induce Bernie Sanders, candidato democratico alla
presidenza, ad accusare la candidata concorrente Hillary Clinton di
aver votato per la guerra in Iraq, all'origine delle fortune
dell'Isis e di Al Qaida, persistendo poi nell'errore quando diede il
proprio assenso all'intervento in Libia.2
A
casa nostra gettano una certa obliqua luce sul dibattito le reazioni
di Fabrizio Rondolino, redattore de l'Unità di recente
conversione renziana, alle affermazioni di Gino Strada.
Il
leader di Emergency aveva commentato: «Le
nostre scelte di guerra ci presentano il conto di anni di violenza e
distruzione.» Una constatazione che promana dall'evidenza dei fatti.
E
Rondolino, il quale forse non aspettava che l'0ccasione per mirare al
“corpo grosso” del pacifismo, non ha resistito twittando:
«Emergency è un'organizzazione antioccidentale mascherata da
ospedale ambulante. Va isolata e boicottata.» «Peggio di Belpietro
c'è soltanto Gino Strada.» Proprio nel momento in cui il tam tam
mass-mediale ci informava della vittima italiana al Bataclan,
di Valeria Solesin volontaria di Emergency, davvero la nostra
migliore gioventù. Miserie dei difensori d'ufficio.
Eppure
Rondolino, onnipresente nei talk-show televisivi, ha così
esplicitato in un solo momento sintetico due intendimenti della
sinistra di governo: la lotta (se necessario la guerra) al
terrorismo va fatta in nome dell'Occidente; chi fa risalire ad esso
precise responsabilità è comunque nemico, perfidamente mascherato
da “ospedale ambulante”.
Cielo
plumbeo
Uno
stato di guerra verso l'esterno ne implica uno verso l'interno, sulla
scia del secondo Bush. Chi proclama che non dobbiamo rinunciare per
nulla al nostro modo vivere (per non darla vinta ai terroristi),
aggiunge poi che qualche nostra libertà andrà comunque sospesa
(sacrifici di guerra!).
Tuttavia,
ancora non è chiaro come verrà combattuto lo Stato Islamico, il
Califfato di Al-Baghdadi. Intanto i bombardamenti e l'uso dei droni
viene rafforzato, con il relativo carico di morti tra inermi civili.
Nel “cratere siro-iracheno”, sul terreno contro i terroristi,
combattono solo forze o ostili all'Occidente o viste con estrema
“diffidenza”, come i curdi. Di converso gli alleati, più o meno
subalterni a Stati Uniti ed Europa, come la Turchia ed i reami arabi
del Golfo, commerciano in petrolio e opere d'arte coi terroristi,
quando non li finanziano ed armano semplicemente. A queste
transazioni sono estranei i governi e i “servizi” occidentali? O
anch'essi hanno mestato nel torbido pur di avversare la mezzaluna
sciita e i regimi nazionalisti arabi in Siria come in Libia? E che
ruolo hanno le aziende produttrici di armi?
Non
è necessario riandare alla prosecuzione del colonialismo con altri
mezzi o alla protezione del sionismo israeliano (difeso da qualsiasi
critica con l'accusa infamante di antisemitismo), per trovare delle
spiegazioni che promanano dall'interventismo dell'ultimo ventennio, i
cui effetti sono sotto gli occhi di tutti.
Si
potrebbe scegliere la via di “asfissiare” il Califfato, di
prosciugare ogni risorsa del terrorismo alla fonte, anche da e a casa
nostra. Ma sarebbe troppo lento e pacifico e, soprattutto, costerebbe
un cambiamento politico di fondo e un bel pezzo di egemonia del sacro
Occidente, aprendo la via ad un assetto mondiale multipolare.
In
troppi vogliono una nuova guerra che sotterri con quella precedente
anche le nostre vite. Salvo costatare, alla prova dei fatti, e sempre
dopo, che il terrorismo avrà in essa trovato nuova linfa e nulla è
risolto.
Saremo
ulteriormente disposti a sopportare che un “sorry” del
Blair di turno, permetta loro di ripetere all'infinito il gioco al
massacro?
1
Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano, Come persi la guerra, 15
novembre 2015.
Estratto in:
https://triskel182.wordpress.com/2015/11/15/come-persi-la-guerra-marco-travaglio/
2
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Parigi-entra-nelle-primarie-Usa-Sanders-contro-Clinton-invasione-Iraq-genero-Isis-d749a132-9bf0-4a92-8d72-2cae926fb019.html
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