Le contraddizioni della Lega all'origine della crisi di governo. Incerto il futuro ruolo del PD tra Zingaretti e Renzi. L'Ue pare disponibile a qualche concessione. Su tutto incombe una nuova recessione.
Autogol?
Matteo
Salvini, infine, si è deciso a rovesciare il governo Conte I. Così
è nata la crisi di ferragosto ed il governo Conte II.
Agli
occhi del capo della Lega esisteva solo una possibile alternativa
alle elezioni anticipate, che avrebbero consentito al suo partito ed
a lui personalmente di trasferire sul piano nazionale il successo
conseguito alle europee: una riedizione del Contratto con il M5S,
senza Conte in posizione terza di “arbitro”, con Luigi Di Maio
premier. Non aveva messo in conto il renversé
di Zingaretti, indotta dalla “mossa del cavallo” di Renzi, vero
padrone dei gruppi parlamentari del PD, che, va ricordato, aveva
rifiutato una prima profferta di collaborazione da parte dei 5 Stelle
all'indomani delle politiche del 4 marzo 2018 mettendosi sulla riva
del fiume.
Soprattutto, Salvini
non ha adeguatamente valutato i risvolti della elezione di Ursula von
der Leyen alla guida della Commissione europea.
In un primo momento
“il Capitano” aveva condiviso con Di Maio e Conte l'appoggio alla
candidatura della von del Leyen.1
Prendeva atto del rientro nei ranghi del sovranismo di destra
est-europeo, rivelatosi subalterno all'egemonismo teutonico. Ciò
nonostante, al momento della votazione a Bruxelles, avendo subodorato
la defezione di molti parlamentari della maggioranza allargata che
avrebbe dovuto sostenerla, ha pensato di fare l'ennesimo sgambetto ai
5 Stelle. Qualora Ursula fosse stata bocciata i “grillini”
sarebbero rimasti col cerino in mano su una posizione inutilmente
“europeista”, con la Lega vincente su una posizione “sovranista”.
Contrariamente alle
attese, invece, la von der Leyen è risultata eletta e solo grazie al
decisivo voto dei deputati europei del M5S.
Ursula von der Leyen |
Nell'immediato
la decisione di rovesciare il governo è stata un fiasco totale,
anche perché, a dispetto della successiva retorica sulle poltrone
altrui, a buona parte dell'opinione pubblica la rottura è apparsa
come una riedizione della logica partitica vecchia maniera,
auto-centrata, nonché una manifestazione di tracotanza personale.2
In sostanza: una mossa “poltronista” nel senso però autoritario
del termine, per ottenere tutto il potere.
Tuttavia,
a medio termine, non è detto che il rovesciamento delle alleanze del
M5S, avviato proprio dalla Lega che ora lo denuncia con scandalo e
sdegno, non porti quest'ultima alla vittoria.
Di
mezzo ci sarà l'azione concreta del nuovo governo, in una
particolare fase politica europea ed internazionale contrassegnata
dall'incombere di una nuova recessione economica.
Posto
a locomotore del sistema europeo, il modello tedesco basato sulle
esportazioni è in panne, quanto, d'altro canto, quello
neo-protezionistico degli Stati Uniti di Donald Trump. È alle porte
una recessione dei Paesi ricchi d'Occidente, accompagnata da forti
rischi di un ulteriore crack finanziario, dovuta al dislivello
tra esplosione finanziaria dei “valori di carta” ed il
sottostante fermo delle produzioni di merci e servizi, la cosiddetta
“economia reale”.3
Comunque,
una ricognizione del momento politico odierno non può prescindere
dall'esame dei termini della crisi ferragostana che l'ha preceduta.
Ferragosto
padano
Molto
si è insistito sui contrasti tra M5S e Lega, le due componenti
ufficiali del governo. Poco si è detto sul ruolo di “terzo
incomodo” giocato dal Presidente Mattarella, che aveva voluto
all'Economia e Finanze il ministro di garanzia Giovanni Tria, quando
si è formato il primo governo Conte. Sulla posizione di Sergio
Mattarella è venuta via via a sovrapporsi la “terzietà” di
Giuseppi Conte, sia in appoggio alle resistenze del M5S sulla
questione dell'autonomia regionale differenziata e sulla introduzione
della flat tax nella difficile manovra economica d'autunno,
sia a convalida degli accordi internazionali sottoscritti. Nel caso
del TAV Torino-Lione,4
l'indisponibilità francese a rivedere l'accordo ha imposto un voto
in parlamento, deciso da una maggioranza FI-PD-Lega-Fd'I favorevole
al grande buco.
Quasi
inesplorate sono rimaste le contraddizioni interne alla Lega, il
crescere delle quali ha spinto Salvini a rescindere unilateralmente
il Contratto per il Cambiamento con il M5S, con una scelta di tempi e
modi apparsi sconcertanti e, almeno nell'immediato, come una vera e
propria autorete.
Nella
Lega, all'origine “padana”, è rimasto irrisolto il rapporto tra
il vecchio autonomismo-separatismo del Nord e la nuova vocazione
nazionale. È impossibile indirizzare risorse privilegiate dello
Stato verso Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna5
a discapito soprattutto delle regioni meridionali e delle isole,
senza intaccare seriamente l'unità nazionale ed i principi di
solidarietà costituzionale. Tanto più se mancasse uno standard
minimo nazionale nelle prestazioni sanitarie e le assunzioni del
personale della scuola venissero poste in capo a ciascuna regione,
libere di imporre “filtri” localistici.
La
resistenza del M5S e di Conte alle richieste delle regioni del Nord
non poteva essere politicamente sopportata dalla Lega, perché,
mettendo sull'avviso l'elettorato di meridione ed isole, minava il
consenso faticosamente acquisito dopo la “svolta nazionale”. A
maggior ragione nel momento in cui ci si vuole accreditare come
paladini della sovranità italiana contro l'Europa dell'austerità e
dell'euro, mentre quest'ultima accresce in modo sistematico le
divergenze economico-sociali tra le diverse aree del Paese. Non a
caso nella crisi si è fatta risentire la voce di Maroni, fautore di
una Padania che pensa di accorparsi pragmaticamente al Centro europeo
germanico, lasciando il resto mediterraneo d'Italia al proprio
destino periferico e “mafioso”.
La
coincidenza d'interessi tra regionalismo differenziato del nord-est
ed egemonismo dell'asse Berlino-Parigi, via Bruxelles, l'Europa di
Carlo Magno, fa il paio con l'altra grande contraddizione del
programma leghista: la pretesa di condurre una politica di sovranità
nazionale seguendo ricette liberiste, come la flat tax.
Un'eredità, solennemente ribadita, del programma economico della
coalizione di centro-destra adottato per le politiche del 2018. Se
applicata, produce una fiscalità anticostituzionale (che prevede la
progressività), un grande favore alle fasce ricche, una perdita
fiscale e di ruolo dello Stato, nonché un ulteriore deterioramento
del welfare pubblico, salvo, ovviamente e relativamente, nelle
regioni che riuscissero ad accaparrarsi le risorse privilegiate
dell'autonomia differenziata.
Flat tax (Tassa piatta) aliquota unica al 15% |
Scogli sottacqua
In
regime di moneta unica europea, la mancanza di flessibilità del
cambio costringe il nostro Paese alla deflazione salariale
concorrenziale ed al contenimento della spesa pubblica, la quale, pur
essendo stata “virtuosa” per molti anni, non ha migliorato bensì
peggiorato il rapporto tra debito e Pil. Ciò è avvenuto pure col
concorso della finanza internazionale, tramite il famigerato spread.6
Non c'è da stupirsi, pertanto, che Matteo Salvini, preoccupato anche
per il “rubligate” di Savoini, abbia infine preferito
deresponsabilizzarsi rispetto alla difficile manovra economica
d'autunno, sostituendo l'altro Matteo sulla riva del fiume ad
attendere il passaggio del cadavere del loro comune reale avversario:
il M5S.
A
questo punto è essenziale comprendere in quali acque si trovi a
navigare il governo Conte II.
Nel
corso dei mesi che precedettero la crisi d'agosto, a molti sarà
apparsa non accidentale la coincidenza di posizioni, talvolta solo
differenziate nelle motivazioni, tra Lega e PD su numerosi problemi.
Ne
riassumo i titoli:
TAV
Torino-Lione; Terzo Valico; gasdotto Tap; trivelle petrolifere;
concessioni autostradali e revoche (Atlantia-Benetton); alternative
alle grandi navi a Venezia; autonomia regionale differenziata;
anticorruzione, voto di scambio, intercettazioni, limite alla
prescrizione; dl Dignità, reddito di cittadinanza, riposi
settimanali degli ipermercati, salario minimo; disimpegno
dall'Afghanistan, F35, Venezuela, Via della Seta.
Dal
modo come questi temi verranno concretamente affrontati dipende una
parte del successo del nuovo esecutivo. A mo' di esempio, richiamo
l'attenzione su alcuni snodi.
1.
Lo scavo del tunnel della Torino-Lione implica una produzione di 12
milioni di tonnellate di CO2, 1 milione per 12 anni, senza alcuna
certezza di recupero compensativo negli anni successivi alla sua
apertura. Ciò contraddice l'annunciata scelta governativa di virare
verso una economia verde, così come la contraddice la politica del
cemento (vedi anche sindaco Sala ed ex stazioni ferroviarie di
Milano), delle infrastrutture secondo il ministro Paola De Micheli,
degli inceneritori, delle trivelle e quant'altro.
2.
Una nuova politica meridionalista può venire vanificata
dall'annullamento-affievolimento delle misure contro la corruzione e
contro le mafie, contestate dal vicesegretario dem Andrea Orlando.
3.
La ripresa del ruolo sociale dello Stato non può prescindere sia da
un suo autonomo e programmato intervento in economia, soprattutto
a favore dell'occupazione, sia dalla gestione della cosa
pubblica, dai monopoli naturali (come le autostrade in concessione)
ai beni comuni come l'acqua, dai giacimenti artistici e culturali
all'istruzione, alle nuove tecnologie della comunicazione. A queste
ultime è collegata la via della seta ed il rapporto autonomo con la
Cina (5G).
4.
Si tratta di un ruolo sociale che deve fare i conti con la politica
fiscale. Se, sempre per esempio, la riduzione del cuneo fiscale si
esercitasse solo a favore delle imprese e del lavoro dipendente,
senza tenere conto del lavoro “autonomo” (tra cui le partite
IVA), l'effetto sarebbe di dividere invece di unire i lavoratori,
regalandone una parte all'influenza leghista.
Delle
contraddizioni in seno alla Lega si è detto. Non bisogna trascurare
quelle interne al PD, soprattutto per il ruolo di battitore libero di
Renzi.
Secondo
Alberto Vannucci:7
«Questo
governo sta in piedi solo se il Pd, come mi auguro, si dimostrerà
qualcosa di diverso da un
sodalizio di potentati, ciascuno dei quali sembra essersi ormai
ritagliato la sua nicchia di influenza. Se continuerà a rispondere
a una spartizione semi-clientelare del potere allora c’è ben poco
da essere ottimisti.» Aggiungo, per parte mia, che tra i potentati
c'è il capitale finanziario prevalente, che si sente parte
dell'establishment
europeo.
Uno
scoglio storico
È
rappresentato dall'Unione europea, pure in relazione alla volontà
espressa dal governo Conte II di revisionare il trattato di Dublino
ed il trattato di Stabilità, detto Fiscal
compact
(patto di bilancio).
Mancando
un quadro unitario europeo in grado di superarli, gli accordi di
Dublino sull'immigrazione verrebbero aggirati, forse solo per i
rifugiati, mentre prosegue la guerra in Libia (originata dalle mire
franco-inglesi) e la “tratta degli schiavi” dall'Africa
subsahariana verso il Mediterraneo.
Dubito
fortemente che il Fiscal
compact,
uno dei pilastri dell'austerità, possa essere riformato in direzione
dell'abbandono seppur graduale dell'ordo-liberismo. Tuttalpiù la
fase politica attraversata oggi dall'Unione consentirà (forse)
maggiori margini di elasticità nella definizione degli sforamenti di
bilancio, purché esclusivamente a nostro carico, ovvero senza
condivisione dei rischi in eurozona.
Il
passaggio è qui molto stretto, giacché se, da un lato, si è aperta
una finestra politica di flessibilità di cui appare utile
approfittare per dare maggiore respiro alla manovra economica
italiana, dall'altro, la incombente recessione porterà le
contraddizioni inter-europee ed intra-nazionali ad acuirsi.
Handelsblatt è il quotidiano della Confindustria tedesca |
Ne
è riprova la spaccatura nel board
della Bce, quando Mario Draghi ha recentemente deciso di rinnovare il
Quantitative
easing,
nell'ennesimo tentativo monetarista di smuovere dalla secche
l'economia delle produzioni, inondando il mercato di liquidità alla
ricerca della inflazione al 2%.
Inoltre,
non induce ad ottimismo la struttura della Commissione europea voluta
dalla von del Leyen, con l'incarico di vicepresidente al falco
Dombrovskis
ed il potere conferito ai direttori generali.
Qualora
il M5S, forza innovativa al governo che l'establishment
vuole ora addomesticare, si appiattisse totalmente sulle mediazioni
europee, rinunciando a nutrire prospettive alternative di sistema
(per esempio:
la separazione tra banche
commerciali e banche di
investimento),
il rischio sarà di ottenere vantaggi marginali
e di assai breve durata, senza minimamente avviare il necessario
sganciamento dal liberismo e dal comando degli oligopoli
finanziarizzati e globalizzati, dei quali l'Unione europea è
espressione organica.
Ciò
consentirebbe alla Lega ed ai suoi alleati di far prevalere la
propria versione del populismo e del sovranismo, in opposizione alla
sovranità nazionale costituzionale e democratica.
Poco
giova al M5S il capo politico unico, con una rappresentanza
parlamentare sottoposta unicamente al voto sulla piattaforma Rousseau
al momento di alcune scelte. Serve dualismo, affinché i movimenti
abbiano maggiore spazio e forza di interlocuzione. Difficilmente il
M5S può farcela contando solo su stesso e senza definire la propria
strategia.
Note:
1
Il 2 luglio, dall'ambasciata statunitense a Roma, Salvini, in un
tweet di riposta a Conte,
scrisse di appoggiare la candidatura di Ursula von der Leyen: “A
prescindere dai nomi, l'importante è che in Europa cambino le
regole a partire da immigrazione, taglio delle tasse e crescita
economica. E su questa battaglia l'Italia sarà finalmente
protagonista. #vonderLeyen”
La candidatura del falco socialista olandese Timmermans era
caduta anche per il veto dell'Italia e Marco Zanni, capogruppo della
Lega all'europarlamento, aveva dichiarato alla Stampa di Torino: “I
popolari ci hanno convinto. Avremo un portafoglio di peso.”
2
Nella Grecia antica questa propensione veniva chiamata hybris.
3
Descritta anche in questo Blog come la “folle corsa” di Willy il
Coyote, che precipita solo nell'attimo in cui si rende conto del
vuoto sottostante.
4
Punto
27 del Contratto per il governo del Cambiamento, riguardante
Trasporti, Infrastrutture e Telecomunicazioni: «Con
riguardo alla Linea ad Alta Velocità Torino-Lione, ci impegniamo a
ridiscuterne integralmente il progetto nell'applicazione
dell'accordo Italia e Francia.»
5
Pur essendo governate da partiti diversi (Lega e PD) e differenziate
nella richiesta di autonomia, le tre regioni mirano ad ottenere più
soldi per sé a discapito delle restanti regioni.
6
Le difficoltà tedesche e l'azzeramento dei tassi d'interesse hanno
comportato una sensibile contrazione dello spread
e, di conseguenza, minore esborso futuro di interessi per
le finanze pubbliche.
7
Docente di Scienze Politiche all'Università di Pisa, “Il Fatto
Quotidiano”, 8 settembre 2019.
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