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Perché Mattarella e M5S-Lega sono entrati in conflitto. Il richiamo del Presidente agli insegnamenti di Luigi Einaudi che si affidava alla “confraternita” dei periti. I vincoli esterni trapiantati in Costituzione. Il “Contratto per il governo del cambiamento” sull'Unione europea. Atti di devozione alla moneta unica.
Il
12 maggio Mattarella a Dogliani commemora Luigi Einaudi e, facendo
riferimento al suo settennato tra il 1948 ed il 1955, rivendica le
proprie prerogative in relazione al conferimento dell'incarico di
premier
e di nomina dei ministri. Lascia intendere che i membri del governo
devono obbedire non solo a specchiata moralità, ma essere rispettosi
dei vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e degli obblighi
internazionali.
Emerge
un conflitto, da tempo annunciato, sul rapporto tra Italia ed Europa,
che coinvolge le principali istituzioni dello Stato, l'insieme della
Carta ed i “vincoli esterni” incorporati al suo interno nel 2001
e nel 2012, in ossequio ai Trattati.
La
nuova volontà popolare, espressasi nel voto e che ha trovato nel
“Contratto per il governo del cambiamento” una risposta di
compromesso, si trova subito di fronte alle limitazioni di sovranità
nazionale poste in essere dai precedenti governi eurodevoti e dai
mercati finanziari.
La
visione liberale dell'Europa di Einaudi, a cui il capo dello Stato si
riallaccia, presenta aspetti antidemocratici e tecnocratici non più
supportata dalla parvenza di benefici effetti.
L'introiezione
del vincolo
Se
le politiche comunitarie non sono conformi ai bisogni, agli interessi
ed al voto espresso dagli italiani, quale diritto prevale sovrano?
Quello nazionale d'oggi o quello derivante dagli obblighi
internazionali assunti in passato?
Secondo
il costituzionalista Ugo De Siervo1
prevale quello dei vincoli comunitari sottoscritti.
In
effetti, quando nel 2001 venne riformato il titolo V della Carta,
all'art. 117 si stabilì che Stato e Regioni legiferano «nel
rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».
Più gravemente nel 2012, all'art. 81, venne introdotto nella Carta
l'obbligo di pareggio di bilancio, derivante dai vincoli europei.
Su
posizioni opposte sono altri costituzionalisti, come il professore
Massimo Villone, per il quale non si può rispondere con un
formalismo giuridico al problema squisitamente politico posto dal
voto.2
Aggiungo
che l'obbligo internazionale sottoscritto andrebbe comunque
rispettato, se ad esso corrispondesse un ordinamento statuale
sovranazionale nel quale si siano riconosciuti i popoli coinvolti.
Ma, checché ne dica De Siervo, l'Unione non è uno Stato federale né
confederale, bensì il risultato di un insieme di Trattati, ai quali
fu tentato di dare una parvenza di Costituzione, peraltro respinta da
referendum in due Paesi.3
Essa è diretta da vertici intergovernativi, senza che un'assemblea
di rappresentanti eletti possa sia legiferare liberamente, pur in
ambiti circoscritti, sia determinare una maggioranza politica sulla
quale reggere un proprio esecutivo; parlamento e commissione europea
sono de facto organi consultivi dei vertici intergovernativi e
la governance è garantita dalle tecno-strutture, i cosiddetti
euro-tecnocrati, sulla cui funzione si era concentrata benevola
l'attenzione di Luigi Einaudi.
Sul
piano pratico, ad esempio, la moneta è unica ma gli interessi sui
bond, i titoli di debito pubblico, sono differenziati, poiché
ciascun Paese dell'eurozona risponde non in solido del proprio
debito. Come meravigliarsi che poi lo spread4
diventi uno strumento speculativo e giunga a destabilizzare la sfera
politica?
Ogni
trattato dovrebbe contenere una modalità di recessione, in mancanza
della quale perde “cogenza”, vale a dire obbligatorietà.
Dall'Unione
si può recedere, come nel caso inglese, attivando l'articolo 50 del
Trattato di Lisbona, eppure non è dato sapere come si può uscire
dalla moneta unica e dall'Eurozona, istituita a Maastricht.5
Quando si tratta di moneta (e finanza) la via è senza ritorno? La
sovranità popolare ed il diritto sono annullabili ed annullati per
l'eternità?
Il
conflitto in corso è nell'aria da alcuni anni.6
Nonostante gli inserimenti in Costituzione dei “vincoli esterni”
accennati poc'anzi, le “novità” restano corpi estranei e cozzano
contro l'impianto generale che fonda la Repubblica sulla sovranità
popolare.
Una
inaccettabile pedagogia
Rispetto
all'Europa, nel “Contratto per il governo del cambiamento”, [vedi
il testo integrale del punto 29, in allegato.] tra M5S e Lega, si
segue una logica che possiamo interpretare come “pedagogica”.
Innanzitutto
i contraenti mettono in evidenza che ai proclami di principio
nell'Unione non hanno fatto seguito adeguate e coerenti azioni.
Sicché i grandi obiettivi politici enunciati nei Trattati europei,
non hanno trovato pratica attuazione, anzi le applicazioni, da anni
sotto i nostri occhi, contraddicono gli obiettivi dichiarati.
Ne
deriva la richiesta di una sequenza di azioni correttive, affinché
si realizzino effettivamente le promesse di coesione economica e
sociale, di politica monetaria aderente in positivo alle dicotomie
territoriali, di organismi elettivi legittimati a prendere decisioni,
in un quadro di ritrovata identità democratica e solidale perché
sottratta alla supremazia di uno o più Stati membri. Pure le
competenze che l'Unione ha dimostrato di non saper gestire al meglio,
andrebbero riportate alla gestione dei singoli Stati.
Vi
si sostiene che il sistema di regole di mercato adottato non risponde
agli interessi dei cittadini e va ridiscussa la governance
economica europea (moneta, Patto di stabilità e di crescita, Fiscal
compact, ecc.) in quanto impianto «asimmetrico
e basato sul predominio del mercato rispetto alla più vasta
dimensione economica e sociale».
L'approccio
del “Contratto” rovescia i ruoli in commedia: non è anti-europeo
chi vuole tradurre gli obiettivi politici dichiarati (le finalità
costitutive) in pratica conseguente, bensì chi nei fatti li
disattende fino a sovvertirli.
Per
parte mia osservo che sarà pur vero che una serie di obiettivi sono
condivisibili: cooperazione, solidarietà, convergenza... compresa la
critica all'impianto asimmetrico della governance...
Tuttavia,
rimane il fatto che l'imprinting politico sui Trattati è di
tipo ordo-liberista, funzionale alla finanziarizzazione
dell'economia, e, nel caso della moneta unica, predisposto a sviluppi
diseguali ed asimmetrici tra territori e Paesi, dai quali doveva
sgorgare in modo “naturale” la supremazia di alcuni e la
subalternità degli altri. Da questo punto di vista, i tecnici
chiamati ad applicare i Trattati non si sono discostati dall'input
politico primario e lo hanno realizzato con disciplina teutonica.
Ma
atteniamoci al ragionamento del “Contratto”, per il quale la
contraddizione tra disegno politico ed attuazione tecnico-pratica è
dirimente, lasciando disponibili solo due condotte:
- continuare a chiedere il “riequilibrio”, rassicurare i nostri partners che mai e poi mai usciremo dall'euro e dai Trattati; in subordine battere i pungi sul tavolo per spaventarli un po' ma non troppo, per subito dopo desistere;
- chiedere, argomentare pubblicamente le nostre ragioni e trattare, lasciando intendere (senza dichiararlo) di essere pronti a ripiegare sul Piano B7, in caso di esito complessivamente negativo delle negoziazioni.
La
prima condotta, nelle due variabili, è stata già sperimentata con
pessimi risultati in questi ultimi anni. Non rimarrebbe che adottare
la seconda.
Un
governo italiano che seguisse questa linea instraderebbe il confronto
pubblico lungo un percorso di apprendimento politico, durante il
quale o si accettano via via le correzioni necessarie ai supposti
fini, o, rigettandole, si renderebbe chiaro che all'Italia, magari
non più sola, non resterebbe alternativa alcuna al pieno recupero
della sovranità ceduta all'Unione europea.
Quando
si dispone di un Piano B, pur considerandolo una extrema ratio,
non si è più obbligati ad accettare diktat ed imposizioni.
Viceversa, la controparte dislocata tra Bruxelles, Berlino e
Francoforte deve soppesare per bene cosa significherebbe, dopo la
Brexit, un'uscita dell'Italia dalla moneta unica. Non volendo essere
costretta a più miti consigli e volendo preservare le proprie
posizioni di supremazia egemonica, è obbligata perciò ad impedire
che il percorso pedagogico si attui.
Se
in Italia gli eurodevoti non fossero certi della irriducibilità
della Germania a condividere i rischi della moneta unica, non
avrebbero paura che il confronto europeo sull'euro si svolga. Sanno
bene che, pur di non condividere i rischi, a Berlino preferirebbero
fare a meno dell'euro, lasciando la borghesia finanziaria italiana da
sola alle prese con un Paese che non le si sottomette. Altrimenti,
perché avrebbe scelto di farsi forza con vincoli esterni?
Ecco
perché, invece di disporsi al dialogo, hanno subito preferito la
drammatizzazione dello spread,
che
oscilla non tanto a comando di qualcuno – secondo la spiegazione
complottarda - ma a causa proprio degli automatismi d'allarme
inseriti nell'area economica e valutaria comune, i quali erigono i
mercati finanziari a supremi giudici di ultima istanza, in un
circuito totalmente vizioso.
Ecco
perché all'Italia è negato un piano B, del quale sia la Germania
che la Francia dispongono.
Ora
un coro unanime ci ammonisce: vi siete scordati della Grecia! Volete
finire desolati davanti ad un bancomat che vi nega i soldi per la
spesa?
Il
compito principale di un capo dello Stato è richiamare al rispetto
dei patti internazionali, benché si rivelino d'iniquo e deleterio
effetto pratico, o di assecondare la libera affermazione della
volontà del proprio popolo nell'esercizio democratico della
sovranità nazionale?
La
confraternita di Einaudi
Veniamo
al Luigi Einaudi che piace a Mattarella.
Nel
maggio del lontano 1961 Einaudi scriveva per il Corriere della Sera
un pezzo intitolato: “Lettere dell'alfabeto”.8
All'autore
gli acronimi dei numerosi organismi internazionali del tempo (MEC,
ONU, NATO, SEATO, ecc.) apparivano come lettere di un alfabeto
internazionale dei trattati.
L'articolo
riveste una particolare importanza perché sintetizza il punto di
vista del liberalismo cosmopolita in tempi in cui stava sulla
difensiva e doveva accontentarsi di porre freno ai mutamenti
radicali, di “struttura”,9
insomma alla voglia di socialismo. E Luigi Einaudi trova quanto
fossero fecondi non tanto e non solo i Trattati, scritti dai
politici, ma soprattutto la loro pratica attuazione da parte di uno
stuolo di esperti, che chiama “confraternita”.
In
estrema sintesi egli constatava con piacere che il vigore della
confraternita peritale si affermava negli organismi internazionali
«sottraendo così agli stati
singoli una parte della loro sovranità», con effetti anche
sul diritto costituzionale interno.
I
parlamenti chiamati ad esprimersi seccamente sui Trattati con un sì
o con un no, prendere o lasciare,10
si trovano sovrastati dalla confraternita che, nelle aspettative di
Einaudi, avrebbe agito a fin di bene, come si evince dall'estratto
qui riportato in finestra. Non solo nell'allargare coerentemente le
misure, volte in questo caso alla abolizione delle dogane, ad una più
ampia circolazione di persone, servizi e capitali, ma soprattutto a
porre rimedio agli squilibri derivanti dall'applicazione delle
convenzioni stesse.
Lettere
dell'alfabeto
“Corriere
della Sera”, 4 maggio 1961
Estratto
«Forse
il capolavoro si contempla nel trattato di Roma del 25 marzo 1957 per
la istituzione della Comunità economica europea. Pensato dapprima
col proposito di unificare le dogane fra i sei Paesi contraenti:
Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, esso
finì per essere esteso a tutti i campi dell’attività umana.
Come può invero un uomo perito delle cose economiche immaginare si
possano abolire gradatamente le dogane interne fra i sei Stati,
istituire una tariffa doganale comune, abolire le restrizioni
quantitative fra gli Stati membri, senza riflettere che liberando le
merci, occorre altresì statuire la libera circolazione delle
persone, dei servizi e dei capitali, abolire o ridurre o regolare le
restrizioni monopolistiche alla concorrenza fra le imprese e imprese,
abolire le pratiche dannose di svendite artificiali (dumping) e
disporre aiuti alle imprese danneggiate dalla regolazione
internazionale? Come è possibile lasciare i prodotti
dell’agricoltura e dell’industria scorazzare liberamente da un
paese all’altro, senza escogitare mezzi per impedire le crisi
dovute all’irrompere improvviso di merci a buon prezzo in paesi
incapaci a resistere alla concorrenza? Importa anche preoccuparsi
delle bilancie attive e passive dei pagamenti, delle congiunture
sfavorevoli, e dei rischi di disoccupazione; e provvedere affinché
la politica sociale dei paesi contraenti si inspiri a principii
uniformi, sicché, con contributi tratti da un fondo comune, si dia
rimedio agli squilibri che dalla applicazione delle convenzioni
possono derivare.»
La
sovranità è stata sottratta, via via che si andava estendendo
l'ambito di pertinenza dei Trattati, ma la confraternita peritale,
sulla quale la Germania ed i più stretti alleati hanno investito
tutta la loro attenzione, ha agito non nella direzione auspicata da
Einaudi, ma all'opposto. È il fallimento del disegno tecnocratico
del liberalismo europeo.11
Mattarella
degli eurodevoti
Nel
momento in cui il presidente Mattarella si rifiuta di nominare Paolo
Savona a ministro dell'Economia, PD e Berlusconi si schierano al suo
fianco. Ma l'atto di devozione all'euro non si spinge fino ad
appoggiare Cottarelli. Anche Liberi e Uguali si dicono dalla parte
del presidente, mostrando un'ansia di rientro nei ranghi del PD pari
solo alla propria inutilità politica.
Potere
al Popolo, invece, si dice contraria alla decisione di Mattarella,
pur opponendosi al governo M5S-Lega. Tomaso Montanari, presidente di
Libertà e giustizia, assume una posizione simile. Stefano Fassina
(LeU) si era spinto fino ad appoggiare la candidatura di Paolo Savona
a ministro dell'economia. Ciò nonostante tutti costoro, compreso
Curzio Maltese (L'altra Europa con Tsipras), che ha più volte
mostrato di apprezzare le posizioni di M5S nel parlamento di
Bruxelles, non paiono voler trarre le dovute conseguenze politiche
dai loro giudizi.12
Non si spostano dalla tribuna del politically correct
anti-Lega e non assumono in prima persona la contraddizione
principale di sovranità democratica che esige una risposta concreta.
Quasi
che il Paese disponga di un'altra porta da cui passare per cominciare
a rompere il grumo di potere sovranazionale della finanza. Sotto
sotto la vince una ben strana convinzione “de sinistra” per cui
soggiace comunque al nazionalismo chi vuole difendersi dalla
supremazia e dall'egemonismo, mentre chi quella supremazia e
quell'egemonismo lo pratica sarebbe internazionalista, a sua
insaputa.
Note
1
Ugo De Siervo, “Quei vincoli impossibili da superare”, La
Stampa, 23 maggio 2018.
2
Intervista di Silvia Truzzi a Massimo Villone, “Veti? Il
Quirinale non può imporre indirizzi politici”, il Fatto
Quotidiano, 24/05/2018.
3
I referendum popolari in Olanda e Francia del 2005 respinsero quello
che era un ennesimo trattato, presentato come fosse una Costituzione
europea.
4
Il differenziale di interessi tra Bund
tedeschi e Buoni di altri Paesi, sempre a scadenza decennale.
5
L'Unione
economica e monetaria (UEM) dell'Unione europea è stata istituita
con il Trattato di Maastricht (1992).
6
Vladimiro Giacché, “Costituzione italiana contro trattati europei
– Il conflitto inevitabile”, Imprimatur, 2015.
7
Il Piano B è il piano di emergenza, la scialuppa nazionale di
salvataggio (ritorno alla Lira) nel caso in cui l'euro andasse a
picco.
8
http://www.luigieinaudi.it/doc/lettere-dellalfabeto/
9
Rovesciandone il senso originario, i centri studi (Think
Tanks) del liberismo mondiale hanno riproposto le “riforme
di struttura” in chiave restaurativa: privatizzazioni, tagli a
pensioni, sanità ed istruzione pubblica, precarizzazione del
lavoro, liberalizzazioni, ecc. Infatti, ogni qual volta si richiama
un Paese membro dell'Ue al rispetto dei patti, gli viene chiesto di
accompagnare ai tagli doverose “riforme di struttura”.
10
Come
se rispondessero ad un quesito referendario. I
fautori italiani dell'attuale Europa si sono ben guardati
dall'indire referendum consultivi per sapere cosa pensavano gli
italiani dei Trattati da loro firmati.
11
Sul tema del liberalismo che qui non si discosta affatto dal
liberismo, si vedano di Luciano Barra Caracciolo: “Euro e [o]
democrazia costituzionale – La convivenza impossibile tra
Costituzione e Trattati europei”, DIKE Giuridica Editrice, 2013;
“La Costituzione nella palude – Indagine su trattati al di sotto
di ogni sospetto”, Imprimatur, 2015.
12
Barbara Spinelli (L'Altra Europa con Tsipras) nutre invece sulla
sovranità posizioni più avanzate.
Contratto
per il governo
del
cambiamento
29. UNIONE
EUROPEA (pag. 53-55)
Alla
luce delle problematicità emerse negli ultimi anni, l’Italia
chiederà la piena attuazione degli obiettivi stabiliti nel 1992 con
il Trattato di Maastricht, confermati nel 2007 con il Trattato di
Lisbona, individuando gli strumenti da attivare per ciascun
obiettivo. In particolare chiederà:
- di fissare le linee di governo della domanda e dell’offerta globale allo scopo di raggiungere l’obiettivo concordato di “promuovere un progresso economico e sociale equilibrato e sostenibile, segnata- mente mediante la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della coesione economica e sociale e l’instaurazione di un’unione economica”;
- di estendere alla BCE lo Statuto vigente delle principali banche centrali del mondo per raggiungere un’unione monetaria adeguata agli squilibri geopolitici ed economici prevalenti e coerente con gli obiettivi dell’unione economica;
- di condividere le scelte concordate per “affermare l’identità europea sulla scena internazionale” che sia sganciata dall’immagine del- la supremazia di uno o piu Stati-membri in contrasto con il fondamento democratico dell’Unione;
- di attuare l’impegno preso in sede di Trattato di istituire “una cittadinanza dell’Unione” che sia espressione della parità “dei diritti e degli interessi dei cittadini” europei;
- di rafforzare come stabilito una “stretta cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni”;
- di sviluppare il necessario “acquis comunitario, (...) al fine di valutare (...) in quale misura si renda necessario rivedere le politiche e le forme di cooperazione instaurate (...) allo scopo di garantire l’efficacia dei meccanismi e delle istituzioni comunitarie”.Quest’ultimo obiettivo richiede il rafforzamento del ruolo e dei poteri del Parlamento europeo, in quanto unica istituzione europea ad avere una legittimazione democratica diretta e il contestuale depotenzia- mento degli organismi decisori europei privi di tale legittimazione.
Intendiamo
inoltre favorire l’incremento dei percorsi di coordinamento
decisionale a livello europeo con la dimensione locale, garantendo un
maggior coinvolgimento dei territori attraverso una rappresentanza
effettiva delle Regioni, e definire con precisione le competenze
esclusive dell’Unione per rafforzare la sua incisività e capacita
decisionale. Occorre inoltre, conformemente ai principi UE di
sussidiarietà e proporzionalità vagliare le competenze dell’UE
riportando agli Stati quelle che non possono essere efficientemente
gestite a livello di Unione e rafforzando al contempo l’incisività
e la capacita decisionale dell’UE sul suo ambito di intervento.
Al
di la della definizione del quadro generale va riesaminato il com-
plesso sistema di regole del mercato che si e andato accumulando nel
tempo che non risponde agli interessi dei cittadini. Vanno debellati
i fenomeni di dumping all’interno dell’Unione, eliminate le
decisioni lesive degli interessi della piccola industria, valorizzate
le nostre eccellenze produttive, perseguite le contraffazioni, le
violazioni dei marchi e la circolazione dei falsi, proibendo le
confusioni tra “Made by Italy” e “Made in Italy” e imponendo
la dichiarazione di origine dei prodotti. Sotto il profilo del
bilancio UE e in vista della programmazione settennale imminente
occorre ridiscuterlo con l’obiettivo di renderlo coerente con il
presente contratto di governo.
Con
lo spirito di ritornare all’impostazione delle origini in cui gli
Stati europei erano mossi da un genuino intento di pace, fratellanza,
cooperazione e solidarietà si ritiene necessario rivedere, insieme
ai partner europei, l’impianto della governance economica europea
(politica monetaria, Patto di Stabilita e crescita, Fiscal compact,
MES, procedura per gli equilibri macroeconomici eccessivi, etc.)
attualmente asimmetrico, basato sul predominio del mercato rispetto
alla piu vasta dimensione economica e sociale. Ci impegneremo infine
nel superamento degli effetti pregiudizievoli per gli interessi
nazionali derivanti dalla direttiva Bolkenstein.
Per
quanto concerne Ceta, MESChina, TTIP e trattati di medesima
ispirazione ci opporremo agli aspetti che comportano un eccessivo
affievolimento della tutela dei diritti dei cittadini, oltre a una
lesione della corretta e sostenibile concorrenza sul mercato interno.
L’Unione
deve esplicitamente riconoscere che l’Italia rappresenta un confine
geografico esterno che va adeguatamente protetto per garantire e
tutelare il principio della libera circolazione delle persone e delle
merci. In particolare, intendiamo riformare i meccanismi di gestione
di fondi UE preassegnati all’Italia.