giovedì 8 gennaio 2015

Guerra al Terrorismo?

Riccardo Bernini - 8 gennaio 2015

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Guerra al Terrorismo?

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Si palesarono alleati in Afghanistan contro l'URSS e in Bosnia (ricordate l'esibizione delle teste mozzate?) contro i serbi. Altrove, nella vasta area denominata mondo islamico, agirono insieme nell'ombra, sotto copertura. Contro i comuni nemici: il comunismo ateo, il socialismo arabo, le forze laiche nazionaliste, ogni processo di liberazione come affrancamento dalla dominazione esterna e, al contempo, dal feudalesimo, dal tribalismo, dal fondamentalismo religioso. Insieme, uniti, imperialismo e passatismo.
Ora si avversano ferocemente. L'11 settembre ha mostrato al mondo la rottura della loro alleanza. Talvolta l'antico amore rinverdisce (cosa ci faceva il senatore John MacCain con il futuro Califfo Al Baghdadi?), ma solo per l'attimo bastante a fomentare ulteriori scontri,1 tramare sulla pelle di un popolo (quello siriano), meglio condurlo alla distruzione.
Praticano la guerra allo stesso modo: prendono a bersaglio civili e prigionieri indifesi. Se trovano resistenza il loro eroismo appare qual è: retorica ed autoesaltazione bellicista. Kobane insegna. Ma il terrore oggi così si semina: colpendo indistintamente bambini, vecchi, donne e uomini inermi, i più facili bersagli, corpi da devastare per gettare sangue negli occhi del mondo. Per eventi mass-mediali globalizzati. Nulla di ottocentesco. Tutto assai di post-moderno.
Certamente c'è sproporzione, asimmetria: dall'alto dei cieli, con droni comandati da migliaia di chilometri si è al videogioco e la distanza è di irridente, totale sicurezza e comfort per chi semina morte; non altrettanto può dirsi per chi (convinto o costretto) si fa autoesplodere in un affollato mercato o a bordo di un aereo contro grattacieli gremiti di persone al lavoro o assale la sede di un giornale per sterminarne la redazione. Ma il velleitario tentativo dei passatisti è di rendere occhio per occhio, dente per dente. Imitando il nemico più grande e potente, persino nell'arancione delle tute con cui vengono vestite le vittime, s'illudono di poter rivaleggiare con esso. Sono un suo clone, una sua costola, per una visione identitaria avversa ma uguale. Terrorismo a casa "loro" contro terrorismo a casa "nostra". Una escalation dell'orrore.
Chi ha incubato a lungo e con successo il suo contrario-identico integralista islamico? Prima di Abu Grahib, prima di Guantanamo, ma anche recentemente con il bombardamento stragista di Gaza? Difficile non riconoscere la ferita profonda della nakba2 e le mille occasioni per fare la pace sabotate dall'integralismo sionista. Dente per dente, occhio per occhio. Un Dio unico assoluto, mai misericordioso, sempre vendicativo.
Di recente un politico francese, Domenique De Villepin, gollista e pensante, ex primo ministro ed ex ministro degli esteri, ha ammonito: "«La guerra contro il terrorismo» è un errore grave." Soprattutto per la Francia vista dall'interno. Meglio "una strategia di asfissia di lungo respiro. Asfissia finanziaria delle entrate del petrolio, dei traffici e dei sussidi provenienti dal Golfo. Asfissia territoriale con l'arginamento dell'espansione dell'Osi, garantendo un costante appoggio aereo ai curdi di Iraq e Siria, ai giordani e ai libanesi. Infine, e soprattutto, asfissia politica privando l'Osi di sostegni."3
Eppure, la Francia, da Sarkozy in poi, prese la direzione opposta, sposando la Nato e le sue avventure in una sorta di continuazione della guerra fredda di interesse nord-americano, che invece del Califfato asfissia l'Europa da Est a Sud. E Hollande non sembra proprio voler deviare da quella traiettoria.
Dove vuole portarci «la guerra contro il terrorismo», condotta con metodi terroristici, che alimenta il terrorismo, lo si può ben comprendere dalle reazioni politiche in tutto l'Occidente seguite alla strage della redazione di Charlie Hebdo. "Sangue sulla libertà" titolava il Fatto Quotidiano all'indomani. Ma senza la "loro", quella dei popoli oppressi, non può esserci la "nostra", nelle cittadelle degli oppressori.

1 A risarcimento del servizio reso in Siria, il Califfo si è preso Mosul e i suoi pozzi petroliferi, entrando in collisione con l'Occidente. La vicenda ricorda molto la pretesa di Saddam Hussein di annettersi il Kuwait dopo aver reso analogo servizio agli USA con la guerra contro l'Iran.
2 Traducibile dall'arabo in "tragedia", con riferimento a quella del popolo palestinese (1947-1948) costretto all'esodo dalla propria terra dal neonato Stato di Israele.
3 Le Monde Diplomatique - Il Manifesto, dicembre 2014.

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