Riccardo Bernini - dicembre 2014
Storie
Anno austero 1977
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L'austerità
di Berlinguer può essere accomunata a quella di Monti? Il 1977 e
l'esegesi del discorso dell'Eliseo di Ciofi. Il giudizio di Bagnai è
storico, ma in quegli anni vi fu già il giudizio di forti movimenti
di opposizione. Quando Miriam Mafai...
Correva il 1977
Nel
suo ultimo libro1
Alberto Bagnai ricostruisce la genesi storica dell'austerità in
Italia. [Ne riporto, dopo le note, alcuni passi.] La questione è assai rilevante, giacché non solo
Bagnai ma anche altri economisti non mainstream
ritengono, contrariamente all'opinione dominante, che la nostra
"svalutazione interna" sia iniziata con l'arresto dei
salari posto in relazione alla dinamica della produttività,2
in un susseguirsi di scelte politiche in conseguenza delle quali
esplose il debito totale e pubblico italiano. In discussione sono, al
contempo, le cause reali della crisi, la perdita di identità della
sinistra e le possibili soluzioni politiche.
Bagnai
critica l'esegesi del discorso dell'Eliseo di Enrico Berlinguer
recentemente scritta da Ciofi per "Liberazione",3
e arriva a considerarlo il primo anello di una lunga catena in fondo
alla quale troviamo Monti e la sua politica.
Sull'argomento
mi ero espresso su questo blog negli articoli "Storia recente
che parla al presente" e "Miopie". Mi pare che il
giudizio storico di Bagnai conforti se non le mie considerazioni
politiche, almeno il concetto di "austerità ante litteram",
in anticipo rispetto a quella derivante dai vincoli europei.
Del
resto, le nostre élites dirigenti sin dall'inizio degli anni
ottanta del secolo scorso sono state assai attive nella edificazione
dell'attuale Europa, di cui lamentano ora alcune asimmetrie,
soprattutto relative alla posizione della Germania rispetto
all'Italia. Basti pensare al famoso divorzio all'italiana tra Tesoro
e Banca d'Italia (fronte interno) e al nefasto ruolo giocato nel
fomentare disgregazione e guerra nella ex-Jugoslavia (fronte
esterno). Vorrei, tuttavia, aggiungere alla comprensione di quel
periodo l'esperienza diretta di un fatto piuttosto significativo. Non
senza un necessario e breve prologo.
Anni
contesi
Con
l'appoggio esterno del PCI nasceva nel 1976 il governo monocolore di
Andreotti.
Nel
gennaio del 1977 un ennesimo accordo interconfederale, poi
trasformato in legge dello Stato, eliminò dal calcolo per
l'indennità di liquidazione la contingenza che sarebbe maturata a
partire dal febbraio 1977. Non era che uno dei frutti maturati
sull'albero della solidarietà nazionale nel quadro della strategia
del compromesso storico. In molte fabbriche e luoghi di lavoro crebbe
un forte movimento d'opposizione, non solo operaia, verso
l'austerità.
Già
allora,4
i mass-media
preferivano indirizzare l'attenzione dell'opinione pubblica su altri
protagonismi, diciamo "più comodi" per una
rappresentazione della realtà funzionale alle soluzioni proposte dai
"poteri forti" (ancora c'erano). Per esempio, su Toni Negri
e la sua teoria del conflitto tra garantiti e non.5
Per tacere dell'uso ricattatorio e repressivo del terrorismo contro
quei movimenti, su cui vennero fatti pesare "anni di piombo".6
Non era esagerato parlare di "caccia alle streghe". Ciò
nonostante nelle infuocate assemblee dei lavoratori e delle
lavoratrici, nonché nella loro diffusa opinione, la linea dei
"vertici sindacali e del PCI" subiva spesso clamorosi
rovesci. In buona sostanza, non era per niente scontato che la "base"
seguisse i vertici illuminati dal discorso dell'Eliseo.
Veniamo
al fatto.
Quando
Miriam Mafai...
Il
passo del testo di Bagnai ha ridestato in me il ricordo di
un'intervista chiesta da Miriam Mafai7
per La Repubblica al Comitato che, a partire dal '77,
promuoveva l'opposizione operaia in Italtel. La giornalista,
scomparsa più di due anni fa, stava realizzando un'inchiesta in
diverse fabbriche per meglio descrivere la situazione e i problemi
del mondo del lavoro ai lettori del suo quotidiano.
Ci
venne a trovare nella sede modestissima del Comitato e dalle domande
poste ci fu subito chiaro quanto il suo interesse travalicasse il
semplice reportage
giornalistico.
Le
riproponemmo pari pari la nostra posizione "ufficiale". In
particolare:
-
non eravamo affatto scandalizzati dall'idea che si potesse
raggiungere un compromesso con l'avversario, purché non lo si
pensasse come alleato addirittura storico del cambiamento strutturale
e sociale (ci sono compromessi e compromessi...);
-
un arretramento economico e sociale, pensavamo, non poteva
corrispondere ad un'avanzamento politico; la decurtazione di salari e
stipendi e il mancato contrasto ai processi ristrutturativi in corso
avrebbe solo indebolito i lavoratori sotto ogni aspetto;
- nutrivamo il sospetto, poi divenuto
certezza, che si stesse consumando, a discapito della comunità di
destino di cui ci sentivamo parte, uno scambio,
in forza del quale i "sacrifici" erano offerti come
contropartita per l'accesso al potere.
Comunità
con destini separati
Anche
allora non eravamo a digiuno di economia politica a tal punto da non
sapere che, deprimendo le retribuzioni e il loro potere d'acquisto,
si andava a restringere anche la domanda interna del Paese intero.8
Per giunta, la separazione dei due destini, dei lavoratori da un lato
e delle élites
di
sinistra dall'altro, non era affatto una novità, vista la deriva del
"socialismo reale" messa in evidenza dai movimenti sin
dalla fine degli anni Sessanta.
Come
sia finita lo sappiamo tutti. Berlinguer riportò il partito
all'opposizione. Tuttavia il "dado era tratto" e
l'opposizione fu piuttosto consociativa. Né bastò quella prova di
buona volontà e responsabilità. Altre ne vennero chieste e altre ne
furono date, finché, con relative mutazioni ora ritenute
"genetiche",9
quelle élites
furono "sdoganate" e arrivarono pure al governo del Paese,
dando il proprio contributo alla "macelleria sociale."10
Ma ai cosiddetti garantiti fu sempre e solo garantita la politica dei
due tempi, quella, per intenderci, per la quale i "sacrifici"
erano e sono sicuri nonché immediati, mentre gli auspicati
cambiamenti cari al marxista Ciofi,11
come il sol dell'avvenire, furono e sono posposti all'infinito.
Ci
si può meravigliare che su simili basi analitiche e di
consapevolezza storica ogni rifondazione fosse preclusa?
Della
discussione sul marxismo ortodosso o eterodosso non credo si abbia
nostalgia. Importa di più cogliere un aspetto allora da pochi
compreso: l'austerità della solidarietà nazionale ha dato inizio ad
un percorso che ha fortemente danneggiato non solo la classe a cui
pretendeva di dare una prospettiva politica, ma pure l'insieme della
nazione in nome della quale invocava solidarietà.
Non
sarebbe male se in luogo delle tante spending review si
effettuasse una salutare e generale revisione politica. Essa
ci proporrebbe, forse, soluzioni più adeguate.
1
Alberto Bagnai, L'Italia può farcela, Il Saggiatore, 2014.
2
Ibidem, pag. 218: "(...) in Italia (...) dal 1981 al 1995 i
salari reali crescono in media di 1,2 punti in meno all'anno
rispetto alla produttività (rispettivamente: 0,7% e 1,9%; la nostra
svalutazione interna era già iniziata)."
3
Paolo Ciofi, 13 febbraio 2014,
http://www.liberazione.it/rubrica-file/Berlinguer-e-l-austerit-come-strumento-di-trasformazione.htm.
4
La recente scoperta di molti studiosi eterodossi delle condizioni in
cui versa l'informazione fa un po', amaramente, sorridere.
5
Uno dei motivi per i quali le teorie del giovane economista
Ferragina hanno richiamato la mia attenzione (vedi "Miopie").
6
Una narrazione ricorrente da parte degli storici "de noaltri",
per passare in subordine i forti movimenti sociali e politici di
opposizione e annegarli nel terrorismo.
7
Miriam Mafai fu cofondatrice di "La Repubblica" e per
decenni compagna di Giancarlo Pajetta, storico esponente del PCI.
8
Fu un tema ricorrente anche nella scissione sindacale che portò
alla successiva nascita della FLMU di Piergiorgio Tiboni.
9
Mi riferisco alle recenti dichiarazioni di Marco Revelli.
10
Nel citato ibro di Bagnai, a pag. 218, con riferimento agli studi
che hanno calcolato (media dei G7) in 10 punti la quota salari
diminuita tra la fine degli anni settanta e il 2010, scrive di
"riforme" "sempre affidate a macellai con il
grembiule rosso, perché su quello azzurro gli schizzi di sangue si
vedono troppo."
11
Paolo Ciofi, La bancarotta del capitale e la nuova società - Nel
laboratorio di Marx per uscire dalla crisi, Editori Riuniti, 2012.
Austerità
Dal
libro di Alberto Bagnai, L'Italia può farcela, il Saggiatore, 2014,
pag. 227.
"Di
Enrico Berlinguer tutti ricordiamo la tragica fine, ma non tutti
ricordano l'elogio dell'austerità, che nel 1977 vedeva come
«occasione
per trasformare l'Italia»."
(...)
"Dall'anno
successivo la quota salari sarebbe scesa, e tre anni dopo la crescita
dei salari reali si sarebbe arrestata. I tanti tentativi di esegesi
del famoso discorso dell'Eliseo (uno fra tutti: Ciofi, 2014)
dovrebbero, per completezza di informazione, essere correlati dalla
Figura 21 di questo libro, così tanto per capire di cosa stiamo
parlando. Alla frase «L'austerità
è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del
superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e
di fondo» vorrei opporre la serena constatazione del fatto che,
(...), il sistema, nella «crisi strutturale e di fondo», ci
sarebbe entrato grazie
alla mistica dell'austerità, della moderazione, ovviamente quella
dei poveracci come me e te, caro lettore, certo non quella delle
simpatiche élite. Di questa mistica Berlinguer e Monti - sia pure in
modi, tempi e luoghi diversi (ma non troppo), e con intenti ancor più
diversi - hanno oggettivamente
contribuito a creare il frame,
il meccanismo comunicativo che la rendesse socialmente accettabile a
chi poi ne è stato vittima. A posteriori, mi pare difficile negare
che il discorso di Berlinguer del 1977 sia il primo anello di una
lunga catena in fondo alla quale troviamo l'ode a Monti liberatore,
declamata in prima pagina dall'Unità
il 13 novembre 2011. (...)"
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