Riccardo Bernini - ottobre 2014
Messe a fuoco
Messe a fuoco
Immigrazione
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Percezione e realtà attuale. Una Grande Contraddizione ci sovrasta. L'interventismo umanitario e l'integrazione fallita. Multiculturalismo. Disgregazioni e nuova identità: il doloroso parto.
Tre momenti diversi di vita quotidiana
A casa della vecchia nonna la TV mostra le immagini di migliaia di persone provenienti dalla coste dell'Africa, salvate din mare aperto e sbarcate in Sicilia. La badante ucraina non riesce a trattenere un moto di avversione: "Cosa vogliono questi negri? Perché non se ne stanno a casa loro?" Alla nonnina italiana, in permanente "attrito" culturale con lei, non par vero di assumere una posizione benevola e universale: "Cosa vorresti che facessimo? Dovremmo lasciarli annegare tutti? E, poi, non sei anche tu una immigrata?" Risposta: Sì, ma europea."
Nel corso di una discussione, da un'amica mi sento dire: "Non dico che dovremmo loro negare il salvataggio in mare, ma certo dobbiamo trovare un modo per arginare questa ondata di flussi. Non siamo in grado di reggerla."
A casa della vecchia nonna la TV mostra le immagini di migliaia di persone provenienti dalla coste dell'Africa, salvate din mare aperto e sbarcate in Sicilia. La badante ucraina non riesce a trattenere un moto di avversione: "Cosa vogliono questi negri? Perché non se ne stanno a casa loro?" Alla nonnina italiana, in permanente "attrito" culturale con lei, non par vero di assumere una posizione benevola e universale: "Cosa vorresti che facessimo? Dovremmo lasciarli annegare tutti? E, poi, non sei anche tu una immigrata?" Risposta: Sì, ma europea."
Nel corso di una discussione, da un'amica mi sento dire: "Non dico che dovremmo loro negare il salvataggio in mare, ma certo dobbiamo trovare un modo per arginare questa ondata di flussi. Non siamo in grado di reggerla."
In un dibattito televisivo, talk-show,
spunta un'osservazione: "Con minori costi umani ed economici
potremmo organizzare un ponte umanitario dai paesi di partenza e
trasferire le persone direttamente in Italia, magari con una
ripartizione dell'accoglienza a livello europeo."
Nel turbinio di immagini, osservazioni,
proiezioni politiche, ci si ritrova spiazzati. Dalla parte
dell'umanità più afflitta e maltrattata, attratti dall'idea di
piena pacifica convivenza, comprendiamo che "qualcosa non
quadra". Cominciamo ad interrogarci sulla rapporto tra la
realtà e parole come intervento umanitario, integrazione, società
multietnica e multiculturale.
Fonte: ISTAT |
Dalle
porte di casa
Dall'Ucraina
negli anni successivi alla dichiarazione d'indipendenza, correva il
1991, sono emigrate 7 milioni di persone. Di certo la guerra in corso
non costituirà un incentivo a restare o tornare, soprattutto per i
giovani maschi in età militare. L'espansione europea occidentale
verso Est, da Nord a Sud, ha creato una seconda cintura periferica di
forte immigrazione, a ridosso della prima cintura, più interna e
costituita dai PIIGS.1
Già inglobati o in procinto di entrare, a questa seconda cintura di
Paesi periferici interni all'UE si è recentemente candidata la
stessa Ucraina.
Questi
processi rappresentano la riproduzione su scala continentale delle
polarizzazioni mondiali, sicché anche nell'Eurozona si è costituito
un centro forte attorno alla Germania e sono stati ridotti a prima
periferia i Paesi denominati con la spregiativo PIIGS.2
Inoltre, i flussi dal Nord Africa e dal
Medio Oriente, ma pure dal Corno d'Africa, sono fortemente
incrementati dai conflitti in corso, a cui non è mancato il solito
"apporto" atlantico-occidentale3.
Ai migranti che fuggono la miseria si aggiungono coloro che fuggono
dalle guerre e dai campi profughi generati dalle guerre.
Nonostante l'Italia sia per molti solo una
sponda di approdo per poi raggiungere altri Paesi del continente;
malgrado l'inadeguata accoglienza, la detenzione nei CIE,4
ed un sistema che alimenta lo status di irregolari ridotti
all'emarginazione e al più spietato sfruttamento, nelle campagne del
Meridione come nelle periferie urbane del Nord, la popolazione
straniera residente in Italia tende a stabilizzarsi nella crescita.
Emergenza!
La crisi europea non sembra costituire un
deterrente per chi è colpito da crisi ben più devastanti.
"Secondo Frontex è proprio l'Italia
ad aver ricevuto il maggior incremento delle richieste di asilo nel
secondo quadrimestre 2014 con un balzo del 471%. In termini assoluti
si parla di circa 45 mila richieste. Insieme a Germania e Svezia,
l'Italia ha cumulato il 60% di quelle totali."5
La ragione è la fuga via mare, la stessa
che, data la durata del viaggio su tragitti oramai tradizionali,
rende estremamente improbabile l'arrivo di casi di infezione da virus
Ebola, il quale ha tempi di incubazione minori.
Ad una più attenta
disamina l'immigrazione in Italia presenta al momento un quadro così
riassumibile: dalla fuga via mare deriva un temporaneo incremento
degli irregolari, i quali dal 2011 erano in diminuzione; l'aumento
della popolazione immigrata deriva dai tassi di natalità più che
dall'affluenza dall'estero.
In un Paese abituato
ad inseguire le emergenze, con relative liti dei governi sui costi,
dal livello nazionale a quello europeo, l'informazione dimentica
spesso non solo di andare alle cause delle guerre e alle
responsabilità di chi poi litiga sulle ricadute economiche, ma,
soprattutto, alla radice dei problemi.
La grande
contraddizione
Presa dall'immediato,
l'opinione pubblica è distolta dall'attenzione sul quadro più
complessivo, globale, strutturale.
La
questione viene posta, con estrema lucidità da un pensatore
controcorrente, Samir Amin, che in un libro sulla Crisi dedica un
intero capitolo6
al trascurato problema dell'agricoltura, vista nella dimensione più
ampia. Il suo ragionamento parte dall'indubbio successo
dell'agricoltura familiare moderna in Europa occidentale e negli
Stati Uniti, grazie alla quale la produttività per lavoratore/anno
(l'equivalente di 1000/2000 tonnellate di cereali) permette al 5%
della popolazione attiva di nutrire la parte restante e pure di
esportare l'eccedente.7
Come in un subappalto, essa è stretta in una tenaglia: "da una
parte l'agro-business (che oggi gli impone le sementi selezionate,
domani gli imporrà gli OGM) e la finanza (che gli concede i crediti
necessari), e dall'altra i colossi della commercializzazione."
Ne
deriva un inquietante quesito: nel momento in cui l'agricoltura del
Sud8
del mondo verrà modernizzata per "via capitalistica", come
sta avvenendo, quale sarà il destino di circa 3 miliardi di esseri
umani che da essa traggono il proprio sostentamento? "Nel giro
di cinquant'anni nessuno sviluppo industriale, più o meno
competitivo, potrebbe assorbire neppure un terzo di questa riserva,
persino nell'ipotesi fantastica di una crescita continua del 7%
annuale per tre quarti dell'umanità." Pertanto, allo
spopolamento delle campagne corrisponderà sempre più l'addensarsi
di milioni di esclusi nelle bidonvilles
di immense megalopoli.
Con
tutta evidenza, in mancanza di un'inversione di tendenza politica ed
economica, con riguardo particolare alla sovranità alimentare e ai
rapporti di produzione in agricoltura, la sopravvivenza di queste
popolazioni sarà il problema dei problemi. Secondariamente, anche se
solo una parte di esse, come già accade, inevitabilmente tenterà di
raggiungere i Paesi più ricchi, i flussi migratori avranno un forte
ed insopprimibile incremento.
L'interventismo umanitario
Sul
piano internazionale i Paesi ricchi, tra cui l'Italia e l'UE,
continuano a spingere nella direzione, sin qui seguita, di
trasformazione delle agricolture degli altri Paesi a danno delle loro
popolazioni rurali e a tutto vantaggio delle "nostre"
multinazionali ed oligarchie finanziarizzate. Al tempo stesso,
cercano, sul piano interno, di regolare i derivanti flussi
immigratori allo scopo di rinfoltire le fila dell'esercito di riserva
occupazionale, in misura tale, però, da non perdere il controllo
sociale. Un classico loop
della mondializzazione: creare sistematicamente squilibri disastrosi,
a livello globale, approfittandone a livello locale pur nella pretesa
di mantenere "coesione territoriale", stabilità e
governabilità.
In
questo contesto, i governi nazionali di casa nostra, nel pendolo
conservativo delle alternanze bipartitiche o in grandi coalizioni
consociative,9
seguono tutti una medesima corrente mainstream.
Al cui interno appare prevalente l'ideologia dell'interventismo
umanitario, nelle versioni compassionevole o solidaristica.
Senza
qui riprendere la controversa questione di quanto sia utile e
liberatorio l'aiuto delle ONG o la pratica di relazioni asimmetriche
di partenariato, prendiamo atto delle concrete conseguenze delle
guerre umanitarie. Alle quali, con pervicace ipocrisia, seguono aiuti
e salvataggi umanitari, largamente insufficienti di fronte alle
immani tragedie procurate e sui costi dei quali si aprono continue
illuminanti dispute.10
Per tacere delle declamate politiche di integrazione.11
Nella corrente mainstream, dai
connotati prima ricordati, scorrono anche le posizioni di chiusura.
Condividono con le posizioni di apertura l'interventismo militare, lo
spirito atlantico-occidentale, di cui inalberano i vessilli di
identità culturale, nonché le politiche economiche di stampo
liberal-liberista. Ma vi si differenziano parzialmente per teorizzare
e fomentare scontri di civiltà e di religioni, caldeggiare muscolari
restaurazioni di antiche dominazioni oltre i limes imperiali,
sigillando i confini nel controllo repressivo esterno e interno ai
propri territori.
Tra ipocrisie umanitarie, regole dettate e
disattese, colpevoli inazioni, rimpalli di responsabilità, prende
forza la corrente esondativa delle posizioni più estreme, xenofobe,
razziste e neofasciste.
Coesione, disgregazione, neofascismo
Un duplice default
politico mina la "coesione territoriale" agognata dai
governi.
Da un lato mostra la
corda l'integrazione, come assimilazione dell'immigrato posto in
condizione subalterna verso lo Stato d'adozione, a cui dovrebbe
giocoforza adeguarsi. Dopo generazioni è comunque socialmente
discriminato. Esemplari appaiono i fallimenti francesi.12
Dall'altro emerge il
rovescio dell'idea di una società multiculturale che pretenderebbe
convivenza e coesione in una sorta di asettica e distanziata
tolleranza tra diseguali, di ognuno per sè, persino in enclavi
urbane autogestite. In questo caso sono i fallimenti inglesi ad
occupare la scena.13
Le ricette succitate,
a cui bisognerebbe aggiungere quella tedesca dell'immigrato
lavoratore ospite (Gastarbeiter) e,
in quanto tale provvisorio (!),
che hanno una loro lunga storia alle spalle,14
si fondano sul presupposto che sia possibile la coesione senza
effettiva inclusione e condivisione. Quasi che la sempre più folta
presenza di milioni di immigrati, per produrre convivenza, non debba
partorire, tra le doglie, nuove comuni identità a sostanziare
l'amalgama politico e culturale di un radicale rinnovamento sociale.
Oltre questa siepe può esserci buio pesto,
giacché, sotto la pressione di una crisi sistemica e non solo
economica, il diktat "ognuno a casa propria", pur essendo
praticamente inapplicabile e forse anche per questo, può raccogliere
consenso ed imporsi, dando luogo nella disgregazione ad esiti assai
più dolorosi del doloroso parto evocato poc'anzi.
Che
si restringano nei confini di una patria nazionale (la Francia) o di
una piccola patria localistica15
regionale (il Veneto, la Padania), queste forze politiche possono
contare su pretesti e motivazioni disparate16
ed allargare la propria base di appoggio, compattando il panico di
intere fasce, ed aree territoriali,17
di ceti medi lasciati in balia della crisi, con gli strati più
poveri della società su cui sono scaricati i disagi, messi in
competizione per il lavoro, gli alloggi, i servizi sociali. è
oramai storia di questi ultimi anni: si sono affermate proprio nei
quartieri popolari, una volta rossi, di molte città d'Europa. Da
Vienna a Marsiglia, a Milano.
D'altronde è proprio la globalizzazione
liberal-liberista (alveo mainstream) a generare volutamente
disgregazione e, di converso, una reazione di arroccamento e recupero
identitario. A ciò va aggiunta la politica deliberata di fomentare
nazionalismi, patrie etniche e confessionali per inglobare l'Oriente
europeo18
riducendolo a periferia, che ora torna come un boomerang
sull'Unione Europea.
Slide tratta da: Immigrazione: Risorsa o Minaccia?
www.Quattrogratti.info,23 agosto 2012
|
Non si tratta, paternalisticamente, di dare
la "canna da pesca" ai Paesi poveri, ma di non continuare a
strappargliela di mano. Nell'accettazione di un nuovo sistema di
relazioni globali finalmente multipolare, va innanzitutto assicurata
la sovranità alimentare di ciascuno e di tutti i popoli.
Bisogna affrontare i problemi del nostro
tempo per ciò che realmente sono. Un sistema, un mondo è finito:
prima ne prederemo atto, meglio sarà per tutti noi, ai quali si
prospetta, in caso contrario, un futuro prossimo assai simile agli
anni Trenta dello scorso secolo.
1
Acronimo di: Portogallo,
Irlanda, Italia, Grecia, Spagna
2
Pigs in inglese significa maiali.
3
Mi riferisco agli interventi militari e non solo, sotto varie
denominazioni e coperture ideologiche.
4
Il sistema dei centri per immigrati include: i Centri di
identificazione ed espulsione (CIE), i Centri di soccorso e di prima
accoglienza (Cpsa), i Centri di Accoglienza (Cda) e i Centri di
accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati (Cara).
5
Salvatore Cannavò, "Boom dell'asilo politico, ma l'Italia è
una tappa", Il Fatto Quotidiano, 22 ottobre 2014.
6
Samir Amin, La Crisi, Punto Rosso, 2009, da pag. 105.
7
In Italia al deficit commerciale del settore agro-alimentare (2013:
-6.111 milioni di euro) concorre, tra l'altro, la carenza di
produzioni primarie, al 75% del fabbisogno. Quest'ultima è dovuta
sia alle restrizioni dell'UE, sia alla politica urbanistica che, dal
1970 ad oggi, ha ridotto la superficie coltivata da 18 a 13 milioni
di ettari.
8
Sull'argomento è assai utile la lettura di Jean-Pierre Boris, Le
roman noir des matières premières, Pluriel, 2010.
9
Nel caso italiano la distinzione è oltremodo difficile.
10
Come nel caso della richiesta italiana di condividere Mare Nostrum
con il resto dell'Unione Europea.
11
Un esempio di pratica dell'integrazione è dato dalla legge sui
mini-jobs tedeschi introdotti dal socialdemocratico Schröder.
12
Il disagio da esclusione dei figli e dei nipoti degli immigrati dal
Nord-Africa è all'origine delle ribellioni nelle banlieues.
13
Tra i tagliagole dell'Isis forte è la presenza delle seconde/terze
generazioni di immigrati islamici provenienti da città come Londra.
14
Per una trattazione più approfondita, può essere assai utile il
libro di Annamaria Rivera, "La guerra dei simboli",
Dedalo, 2005.
15
In questi casi non si può neppure definire etnica.
16
Per esempio: le delocalizzazioni e la moneta unica.
17
Essendo i distretti produttivi localizzati, la loro crisi diventa
crisi di intere aree geografiche.
18
Dalla ex-Jugoslavia all'Ucraina: un lungo sentiero di guerre.
Mercato, immigrazione, salari
Mercato, immigrazione, salari
Ha-Joon
Chang*, "23 cose che non ti hanno mai detto sul capitalismo",
il Saggiatore, 2012 (2010)
"Se
alcuni mercati sembrano
liberi, è solo perché ne accettiamo ciecamente le regole."
(...) " Nei paesi ricchi i salari sono determinati più dai
controlli sull'immigrazione che da qualsiasi altro criterio, inclusa
la legislazione sui salari minimi." (...) "Se salari e
tassi d'interesse sono (in larga parte) determinati dalla politica,
allora lo sono anche tutti gli altri prezzi, visto che dipendono
direttamente da essi."
"Le
differenze tra i salari dei paesi poveri e i salari dei paesi ricchi
non derivano tanto dai differenti livelli di produttività, quanto
dai controlli sull'immigrazione. Se ci fosse libertà di migrazione,
gran parte dei lavoratori ricchi potrebbe essere, e di fatto è,
rimpiazzata da lavoratori dei paesi poveri. In altre parole, i salari
sono perlopiù determinati politicamente." (...) "La loro
alta produttività è l'eredità storica delle istituzioni collettive
che li sorreggono. Quindi che siano retribuiti in base al loro valore
individuale è un mito (...)."
"(...)
In pratica, il conducente svedese riceve uno stipendio quasi
cinquanta volte più alto del suo collega indiano." (...) "La
ragione principale per cui Sven viene pagato di più è, per dirla
apertamente, il protezionismo: i lavoratori svedesi sono protetti
dalla concorrenza dei lavoratori indiani e di altri paesi poveri dai
controlli sull'immigrazione."
"Mentre
criticano la legislazione sul salario minimo, le norme sugli orari di
lavoro e le varie barriere 'artificiali' all'accesso al lavoro
imposte dai sindacati, pochi economisti citano il controllo
sull'immigrazione fra quelle odiose regole che mettono in pericolo il
funzionamento del libero mercato del lavoro non ce n'è uno che
invochi l'abolizione del controllo sull'immigrazione."
*
L'Autore coreano, professore a Cambridge, è più conosciuto dal
vasto pubblico per la tesi contenuta nel 4° capitolo (La lavatrice
ha cambiato la vita più di internet) del libro da cui riporto
questi estratti.
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