domenica 16 novembre 2014

Chi stampa moneta, chi incassa interessi… ma il cielo è sempre più blu

[Clicca sul titolo se vuoi scaricare l'articolo in formato PDF, corredato di foto, grafici e riquadri.]

Diverse sono le modalità Fed e Bce nell'emissione della moneta e nell'attribuzione degli interessi sui titoli di Stato. Sistema europeo banco-centrico e germanico-centrico.

Chi stampa moneta
Poiché la Banca Centrale Europea stampa euro, concede prestiti, acquista debiti, incassa interessi e li corrisponde, alla fine del "giro" c'è chi guadagna e chi perde. Dal modo in cui ciò avviene si comprende molto del ruolo della finanza e degli assetti di potere in Europa.  
Tra dicembre 2011 e febbraio 2012, Mario Draghi difese mirabilmente l'Euro e l'Europa (nessuno osi separarne i destini!) prestando 1.000 miliardi della BCE alle banche europee all'interesse del 1%. Lo scopo dichiarato era che i soldi, tramite le banche, finissero alla asfittica economia reale. Vennero, invece, investiti in beni e buoni del tesoro dei singoli Paesi, ad interessi tra il 3 e il 6%. Un esito imprevedibile? Una prova di buona volontà disattesa?
Nel 2011 la BCE stampò moneta per comprare titoli di Stato dei Paesi europei periferici in difficoltà e tenere sotto controllo lo spread verso i Bund tedeschi. Con il Security Market Programme (Smp), come fu denominata l'operazione, la BCE acquisì 220 miliardi in titoli degli Stati in difficoltà, di cui 102 italiani.
Recentemente, dopo averne azzerati 50, ha deciso di tenerne in pancia 170. Si tratta di una forma tutta europea di Quantitative Easing (QE), specialità della Fed americana che da anni inonda di dollari il mondo, ma che alla fine di ogni annuale esercizio rimette gli interessi dei titoli acquisiti dal Tesoro USA al Tesoro medesimo.1
Chi incassa interessi
In Europa le cose vanno diversamente e ce lo spiega Marcello Minenna su "Corriere Economia".2 Non esistendo uno Stato dell'Unione Europea, né, ovviamente, un Tesoro europeo, la riconsegna degli interessi avviene "a modo suo": ne trattiene l'8% per sé e il restante 92% lo ripartisce tra le banche centrali dei vari Paesi che partecipano alla BCE, in proporzione (qui sta l'inghippo!) al loro specifico peso nella BCE medesima, dato dalle differenti quote di partecipazione al capitale da parte delle singole Banche Centrali Nazionali. 
Risultato? L'Italia ha pagato 4 miliardi di interessi per i suoi 102 miliardi di buoni del tesoro e non li ha avuti interamente restituiti, avendone la Bundesbank tedesca, per la sua parte, incamerati 1,5 nel solo 2013.
Manca un "tassello"? Un "difetto architetturale"? Il sistema è irrazionale? O, al contrario (ma Minenna non è nemmeno sfiorato dall'ipotesi), è perfettamente e razionalmente pensato per compensare il "rischio" tedesco per la condivisione, tramite BCE, di debiti accumulati dai pigri e spendaccioni Paesi mediterranei? Al lettore la risposta.
Una prima considerazione: che si tratti di una operazione (1.000 miliardi) o dell'altra (170 miliardi) pagano i debiti pubblici ed i contribuenti dei Paesi della periferia europea e, con loro, in rapida inesorabile successione, lo Stato sociale e i servizi da esso erogati, mentre incassano le banche (speculando come si è visto sulla differenza di interessi) e il centro teutonico già forte di suo (in ragione della partecipazione al capitale della BCE). 
L'insieme ha una sua logica
Questa è la seconda considerazione. Si spiega perché la Banca Centrale deve essere "indipendente" dal potere politico, a presidio del ruolo "neutrale" della moneta, in una sorta di Devolution (solitamente intesa come cessione di poteri dal centro alle amministrazioni locali) alla rovescia, dal basso nazionale verso l'alto europeo, a detrimento della sovranità democratica di ciascun Paese. Si spiega a quali scopi impliciti indirizzi le proprie operazioni.
Poi sono degeneri "populisti" quelli che affermano, dati contabili alla mano, che l'intero sistema è asimmetrico, ad un tempo banco-centrico e germano-centrico.

1 Restituzione a cui aveva diritto anche il Tesoro italiano prima del divorzio dalla Banca d'Italia.
2 Inserto del Corriere della Sera, 23 giugno 2014.


Banca d'Italia
1893: nasce dalla fusione di tre preesistenti banche private autorizzate ad emettere la moneta legale del Regno d'Italia.
1926: il fascismo le riserva in via esclusiva la funzione di emettere la valuta di Stato. Successivamente le quote del capitale della Banca di Italia vengono cedute alle banche, nel frattempo pubblicizzate a causa della crisi degli anni '30.
1948: nel suo nuovo Statuto è definita Ente pubblico, con maggioranza e soci a maggioranza posseduti da enti pubblici (in particolare all'art. 3).
1981: divorzio tra Tesoro della Repubblica e Banca d'Italia.
1994: nuova legge bancaria e privatizzazione delle banche che detengono la maggioranza del capitale della Banca centrale.
1999: le funzioni di politica monetaria e del tasso di cambio della Bd'I (e delle altre 10 banche centrali nazionali aderenti al Trattato sull'Unione Europea) vengono trasferite alla BCE.
2006: riforma dell'art. 3 dello Statuto e scomparsa del vincolo della maggioranza in mano ad enti pubblici; Governatore di Bd'I, Mario Draghi; Presidente del Consiglio, Romano Prodi; Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.






Nessun commento:

Posta un commento