Assassinio sull'italian spread
Il
governo Conte sotto accusa per la manovra economica. Uso informativo
dello spread.
Un gioco pericoloso. Modi per assassinare la svolta politica. La
scelta.
Invocando
lo spread
Il
governo giallo-verde è sotto accusa per l'annunciata manovra
economica.
Sorretto
dai maggiori quotidiani e dalle televisioni più importanti è
stupefacente il fuoco di fila. Dall'Ufficio parlamentare di bilancio
alla “indipendente” Banca d'Italia,1
dalla Commissione di Bruxelles al Fondo monetario internazionale,
tutti a dare giudizi negativi sulla Nota di aggiornamento al
Documento di economia e finanza (DEF) del governo o per supposti
errati conteggi di entrate ed uscite2
o, più direttamente, per l'indirizzo economico intrapreso e
l'aumento della spesa in deficit volta a finanziare reddito e
pensione di cittadinanza, riforma della Fornero, prime misure di flat
tax, investimenti pubblici e quant'altro. Anche il presidente
dell'Inps Tito Boeri paventa sfracelli sui conti pensionistici. Nel
prossimo futuro all'appuntamento non vorranno mancare le agenzie di
rating (di cui non si ricordano warning d'allarme prima
dei crolli del biennio 2007-2008).
In sé
lo scostamento di deficit sul Pil, dal 1,6% promesso da Gentiloni al
2,4%, non è affatto drammatico, soprattutto se si considera
l'inespresso potenziale economico dell'Italia, condannata dalla
politica economica sin qui seguita al ruolo di fanalino di coda nella
crescita Ue. Accuse e conseguenti allarmi, pertanto, vanno fatti
risalire ad altre motivazioni, ossia allo scontro tra interessi ed
indirizzi politici oggi divergenti a livello continentale.
Le
élites dominanti in Europa non accettano che l'Italia
intraprenda una politica economica in contrasto con l'austerità
imposta dal Fiscal Compact, il Patto di stabilità posto a
garanzia del loro potere. Infatti, gli
allarmi non sono semplicemente rivolti ad avvertire dei rischi, ma
inverano il rischio che paventano,
perché provocano l'innalzamento dell'italian spread,3
ossia, in termini pratici, degli interessi da pagare sul nostro
debito pubblico. Nel 2017, nonostante il Quantitative easing
della Bce, furono di oltre 65 miliardi.
Affamare
la “bestia” (lo Stato)
A
proposito del debito vale la pena ricordare che:
- è detenuto da residenti all'estero per circa un terzo, in prevalenza enti finanziari francesi e tedeschi, in grado di influire fortemente sugli orientamenti dell'insieme del mercato finanziario;
- a differenza del Giappone, il cui debito in rapporto al Pil (253%)) è ben superiore al nostro, ma interamente nelle mani di residenti in patria, l'elevata collocazione all'estero ci espone al giudizio di rischio del mercato globale ed ai suoi condizionamenti;
- l'esplosione del debito pubblico è dovuta, storicamente, all'aumento dei tassi d'interesse passivi seguito al divorzio tra Tesoro e Bankitalia,4 nonché alla perdita della sovranità monetaria sin dalla fase di gestazione (Sme) della moneta unica;
- fu una scelta politica per tenere in scacco le istanze popolari tramite l'indebitamento pubblico (affamare la “bestia”), sottraendolo al governo politico e sottoponendolo, di converso, al giudizio “inappellabile” dei mercati finanziari;
- nonostante l'Italia abbia tagliato il welfare, chiudendo per anni bilanci primari (al netto degli interessi) in avanzo, comunque gli ingenti interessi passivi continuano a spingere l'accumulo di debito;
- le banche italiane detengono più di un quarto dei titoli di debito pubblico; l'innalzamento dello spread premia le nuove sottoscrizioni, ma i vecchi titoli già “in pancia” tendono a deprezzarsi; già minacciano di restringere il credito a imprese e famiglie, togliendo fiato alla ripresa.
I
mercati informati5
La zona euro vive una palese
contraddizione: la moneta è unica ma ognuno è titolare in
solitudine di un proprio debito pubblico; ciò genera diversi tassi
d'interesse, secondo un differenziale misurato (lo spread),
oggetto di speculazione finanziaria. Inoltre, pretende di
disciplinare il comportamento di ciascun governo titolare di debito e
della stessa democrazia politica nazionale all'andamento dello spread
sentenziato dai mercati finanziari, ma stimolato
alla bisogna opportunamente
a
minacciare.
VIENE DA DIRE: MAGARI!! ("Il Sole-24ore" - 4/10/2018) |
Se è
vero che tecnicamente lo spread non è nient'altro che la
misura della febbre e prendersela col termometro appare piuttosto
stupido, è altrettanto vero che l'innalzamento della temperatura è
provocata dalle informazioni politiche di allarme, lanciate verso un
mercato di per sé costantemente in ansia per la tenuta dell'euro,
ritenuta non a torto una moneta assai gracile. Perciò lo
spread
si traduce nella misura della paura che l'euro fallisca.
Per
“informare” i mercati dell'incombente pericolo sono stati fissati
dei parametri sui bilanci annuali e sul rapporto tra Pil ed
indebitamento statale, della cui “scientificità” è superfluo
discutere. Sono sentinelle che servono esclusivamente a chiedere
inflessibili sanzioni di mercato per i soliti Paesi, i cui governi, a
loro dire, sono incapaci di infliggere ai propri popoli l'austerità
che appianerebbe i debiti.
Sennonché
il gioco può sfuggire di mano ai suoi stessi artefici: chi
può garantire in modo assoluto che, come nel caso della Grecia, alla
fine l'Italia sottostia al ricatto e si sottometta adottando
supinamente le misure volute dalla Troika? Chi può essere certo che
lucrare sul nostro debito pubblico, una volta sfondato un certo
limite dello spread (400 punti?) non metta a rischio
l'esigibilità stessa dei crediti detenuti delle banche francesi e
tedesche?
Prudenza
virtù cardinale
Anche
sulla scorta di minime considerazioni politiche, oltreché di quelle
economiche dette poc'anzi, si fa strada all'interno
dell'establishment una linea più prudente, capeggiata dal
governatore della Bce Mario Draghi, dal presidente della Repubblica
Sergio Mattarella con l'appoggio del ministro Giovanni Tria.
Mirano
ad assassinare nella culla la svolta politica del governo
gialloverde, non con un'arma
da fuoco, quale sarebbe un forte e rischioso innalzamento
dell'italian spread,
ma somministrando meno appariscenti dosi di veleno in svuotanti
mediazioni. Magari con l'appoggio dei gruppi in seno alla Lega
più legati all'affarismo (come i concessionari autostradali e le
imprese delle grandi opere) e all'evasione fiscale.
Sono
indotti alla prudenza dalla semplice considerazione che al momento
non esiste un'alternativa di governo praticabile, come avvenne per il
varesotto Monti, nominato “podestà straniero”, in quanto ex
commissario europeo mai eletto in parlamento. Inoltre, se costretto
ad elezioni anticipate dalle oligarchie italo-europee, il governo ne
uscirebbe rafforzato.
Mattarella
non può contare nemmeno sul partito da cui proviene, come dimostra
l'ultima vicenda al CSM.6
Per imporre mediazioni si barricherà dietro l'articolo 81, che
ingiunge il “pareggio di bilancio”, introdotto in Costituzione
dai maggiori partiti della II Repubblica che, a loro volta,
accettarono di normare a livello nazionale l'impegno sottoscritto nel
Fiscal Compact.
Un
passaggio obbligato
Per
l'Unione europea tira una brutta aria. Non a caso i sondaggi
registrano tra gli italiani un calo di gradimento dell'Ue al 38%,
mentre, specularmente, il governo Conte è salito al 62%. Si rafforza
tra gli strati sociali penalizzati dalla crisi e dalle politiche
liberiste la convinzione che per risolvere i propri problemi la via
obbligata dell'Italia passi dalla ripresa della propria sovranità
nazionale.
Sul
concreto agire del governo giallo-verde si possono e si dovranno fare
molte severe critiche, comprese quelle che imputano alla Lega di
Salvini di nutrire propensioni xenofobe ed autoritarie.
Eppure,
per chi vuole stare dalla parte dei poveri, degli sfruttati e dei
disoccupati, rinunciare ad esserci
in questo passaggio contro l'”Unione-che-c'è”, applicativo della
globalizzazione in Europa, può condurre all'abdicazione della
democrazia: o per aver
assecondato gli attuali poteri oligarchici esterni; o per aver
lasciato la spinta popolare alla sovranità nelle mani del
nazionalismo più deteriore e fascistizzante.
Note
1
La Banca d'Italia è definito ente “indipendente”, ma non lo è.
Ne sono proprietari banche ed istituti privati, con a capo un
governatore di nomina politica.
2
I calcoli dei tecnici non sono neutrali. Spesso, in sintonia con
l'austerità, dimenticano la cosiddetta “retroazione”, ovvero:
in caso di manovra espansiva, il minor deficit percentuale derivante
dall'aumento del Pil (vedi governo in carica); in caso di manovra
recessiva, il maggior deficit derivante, al contrario, dalla
contrazione del Pil (vedi governo Monti). Così accade che troppo
spesso sbaglino le loro “previsioni tecniche”.
3
Divario tra
tassi d'interesse di Bund
tedeschi e di Btp italiani con scadenza decennale.
4
Prima del divorzio, voluto nel
1981 dal ministro Beniamino Andreatta e dal governatore Carlo Azelio
Ciampi, l'azione combinata di Tesoro e Bankitalia permetteva di
calmierare i tassi d'interesse, tenendo sotto controllo la spesa
relativa.
5
Si noti che nel dibattito economico il problema di quali
informazioni disponga il mercato è divenuto centrale. In
particolare dal momento in cui la critica liberale alla
pianificazione socialista sostenne che quest'ultima falliva perché
non poteva disporre in modo adeguato di informazioni, a partire da
quelle contenute nei prezzi “liberamente” determinati del
“libero mercato”.
6
Per la vicepresidenza del CSM, Mattarella aveva chiesto una figura
non troppo politicizzata. È stato invece eletto David Ermini, già
responsabile giustizia del PD durante la seconda segreteria Renzi.
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