mercoledì 17 ottobre 2018

Assassinio sull'italian spread

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Assassinio sull'italian spread


Il governo Conte sotto accusa per la manovra economica. Uso informativo dello spread. Un gioco pericoloso. Modi per assassinare la svolta politica. La scelta.



Invocando lo spread
Il governo giallo-verde è sotto accusa per l'annunciata manovra economica.
Sorretto dai maggiori quotidiani e dalle televisioni più importanti è stupefacente il fuoco di fila. Dall'Ufficio parlamentare di bilancio alla “indipendente” Banca d'Italia,1 dalla Commissione di Bruxelles al Fondo monetario internazionale, tutti a dare giudizi negativi sulla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (DEF) del governo o per supposti errati conteggi di entrate ed uscite2 o, più direttamente, per l'indirizzo economico intrapreso e l'aumento della spesa in deficit volta a finanziare reddito e pensione di cittadinanza, riforma della Fornero, prime misure di flat tax, investimenti pubblici e quant'altro. Anche il presidente dell'Inps Tito Boeri paventa sfracelli sui conti pensionistici. Nel prossimo futuro all'appuntamento non vorranno mancare le agenzie di rating (di cui non si ricordano warning d'allarme prima dei crolli del biennio 2007-2008).
In sé lo scostamento di deficit sul Pil, dal 1,6% promesso da Gentiloni al 2,4%, non è affatto drammatico, soprattutto se si considera l'inespresso potenziale economico dell'Italia, condannata dalla politica economica sin qui seguita al ruolo di fanalino di coda nella crescita Ue. Accuse e conseguenti allarmi, pertanto, vanno fatti risalire ad altre motivazioni, ossia allo scontro tra interessi ed indirizzi politici oggi divergenti a livello continentale.
Le élites dominanti in Europa non accettano che l'Italia intraprenda una politica economica in contrasto con l'austerità imposta dal Fiscal Compact, il Patto di stabilità posto a garanzia del loro potere. Infatti, gli allarmi non sono semplicemente rivolti ad avvertire dei rischi, ma inverano il rischio che paventano, perché provocano l'innalzamento dell'italian spread,3 ossia, in termini pratici, degli interessi da pagare sul nostro debito pubblico. Nel 2017, nonostante il Quantitative easing della Bce, furono di oltre 65 miliardi.
Affamare la “bestia” (lo Stato)
A proposito del debito vale la pena ricordare che:
  • è detenuto da residenti all'estero per circa un terzo, in prevalenza enti finanziari francesi e tedeschi, in grado di influire fortemente sugli orientamenti dell'insieme del mercato finanziario;

  • a differenza del Giappone, il cui debito in rapporto al Pil (253%)) è ben superiore al nostro, ma interamente nelle mani di residenti in patria, l'elevata collocazione all'estero ci espone al giudizio di rischio del mercato globale ed ai suoi condizionamenti;
  • l'esplosione del debito pubblico è dovuta, storicamente, all'aumento dei tassi d'interesse passivi seguito al divorzio tra Tesoro e Bankitalia,4 nonché alla perdita della sovranità monetaria sin dalla fase di gestazione (Sme) della moneta unica;
  • fu una scelta politica per tenere in scacco le istanze popolari tramite l'indebitamento pubblico (affamare la “bestia”), sottraendolo al governo politico e sottoponendolo, di converso, al giudizio “inappellabile” dei mercati finanziari;
  • nonostante l'Italia abbia tagliato il welfare, chiudendo per anni bilanci primari (al netto degli interessi) in avanzo, comunque gli ingenti interessi passivi continuano a spingere l'accumulo di debito;
  • le banche italiane detengono più di un quarto dei titoli di debito pubblico; l'innalzamento dello spread premia le nuove sottoscrizioni, ma i vecchi titoli già “in pancia” tendono a deprezzarsi; già minacciano di restringere il credito a imprese e famiglie, togliendo fiato alla ripresa.
I mercati informati5
La zona euro vive una palese contraddizione: la moneta è unica ma ognuno è titolare in solitudine di un proprio debito pubblico; ciò genera diversi tassi d'interesse, secondo un differenziale misurato (lo spread), oggetto di speculazione finanziaria. Inoltre, pretende di disciplinare il comportamento di ciascun governo titolare di debito e della stessa democrazia politica nazionale all'andamento dello spread sentenziato dai mercati finanziari, ma stimolato alla bisogna opportunamente a minacciare.
VIENE DA DIRE: MAGARI!!
("Il Sole-24ore" - 4/10/2018)
Se è vero che tecnicamente lo spread non è nient'altro che la misura della febbre e prendersela col termometro appare piuttosto stupido, è altrettanto vero che l'innalzamento della temperatura è provocata dalle informazioni politiche di allarme, lanciate verso un mercato di per sé costantemente in ansia per la tenuta dell'euro, ritenuta non a torto una moneta assai gracile. Perciò lo spread si traduce nella misura della paura che l'euro fallisca.
Per “informare” i mercati dell'incombente pericolo sono stati fissati dei parametri sui bilanci annuali e sul rapporto tra Pil ed indebitamento statale, della cui “scientificità” è superfluo discutere. Sono sentinelle che servono esclusivamente a chiedere inflessibili sanzioni di mercato per i soliti Paesi, i cui governi, a loro dire, sono incapaci di infliggere ai propri popoli l'austerità che appianerebbe i debiti.
Sennonché il gioco può sfuggire di mano ai suoi stessi artefici: chi può garantire in modo assoluto che, come nel caso della Grecia, alla fine l'Italia sottostia al ricatto e si sottometta adottando supinamente le misure volute dalla Troika? Chi può essere certo che lucrare sul nostro debito pubblico, una volta sfondato un certo limite dello spread (400 punti?) non metta a rischio l'esigibilità stessa dei crediti detenuti delle banche francesi e tedesche?
Prudenza virtù cardinale
Anche sulla scorta di minime considerazioni politiche, oltreché di quelle economiche dette poc'anzi, si fa strada all'interno dell'establishment una linea più prudente, capeggiata dal governatore della Bce Mario Draghi, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella con l'appoggio del ministro Giovanni Tria.
Mirano ad assassinare nella culla la svolta politica del governo gialloverde, non con un'arma da fuoco, quale sarebbe un forte e rischioso innalzamento dell'italian spread, ma somministrando meno appariscenti dosi di veleno in svuotanti mediazioni. Magari con l'appoggio dei gruppi in seno alla Lega più legati all'affarismo (come i concessionari autostradali e le imprese delle grandi opere) e all'evasione fiscale.
Sono indotti alla prudenza dalla semplice considerazione che al momento non esiste un'alternativa di governo praticabile, come avvenne per il varesotto Monti, nominato “podestà straniero”, in quanto ex commissario europeo mai eletto in parlamento. Inoltre, se costretto ad elezioni anticipate dalle oligarchie italo-europee, il governo ne uscirebbe rafforzato.
Mattarella non può contare nemmeno sul partito da cui proviene, come dimostra l'ultima vicenda al CSM.6 Per imporre mediazioni si barricherà dietro l'articolo 81, che ingiunge il “pareggio di bilancio”, introdotto in Costituzione dai maggiori partiti della II Repubblica che, a loro volta, accettarono di normare a livello nazionale l'impegno sottoscritto nel Fiscal Compact.
Un passaggio obbligato
Per l'Unione europea tira una brutta aria. Non a caso i sondaggi registrano tra gli italiani un calo di gradimento dell'Ue al 38%, mentre, specularmente, il governo Conte è salito al 62%. Si rafforza tra gli strati sociali penalizzati dalla crisi e dalle politiche liberiste la convinzione che per risolvere i propri problemi la via obbligata dell'Italia passi dalla ripresa della propria sovranità nazionale.
Sul concreto agire del governo giallo-verde si possono e si dovranno fare molte severe critiche, comprese quelle che imputano alla Lega di Salvini di nutrire propensioni xenofobe ed autoritarie.
Eppure, per chi vuole stare dalla parte dei poveri, degli sfruttati e dei disoccupati, rinunciare ad esserci in questo passaggio contro l'”Unione-che-c'è”, applicativo della globalizzazione in Europa, può condurre all'abdicazione della democrazia: o per aver assecondato gli attuali poteri oligarchici esterni; o per aver lasciato la spinta popolare alla sovranità nelle mani del nazionalismo più deteriore e fascistizzante.

Note
1 La Banca d'Italia è definito ente “indipendente”, ma non lo è. Ne sono proprietari banche ed istituti privati, con a capo un governatore di nomina politica.
2 I calcoli dei tecnici non sono neutrali. Spesso, in sintonia con l'austerità, dimenticano la cosiddetta “retroazione”, ovvero: in caso di manovra espansiva, il minor deficit percentuale derivante dall'aumento del Pil (vedi governo in carica); in caso di manovra recessiva, il maggior deficit derivante, al contrario, dalla contrazione del Pil (vedi governo Monti). Così accade che troppo spesso sbaglino le loro “previsioni tecniche”.
3 Divario tra tassi d'interesse di Bund tedeschi e di Btp italiani con scadenza decennale.
4 Prima del divorzio, voluto nel 1981 dal ministro Beniamino Andreatta e dal governatore Carlo Azelio Ciampi, l'azione combinata di Tesoro e Bankitalia permetteva di calmierare i tassi d'interesse, tenendo sotto controllo la spesa relativa.
5 Si noti che nel dibattito economico il problema di quali informazioni disponga il mercato è divenuto centrale. In particolare dal momento in cui la critica liberale alla pianificazione socialista sostenne che quest'ultima falliva perché non poteva disporre in modo adeguato di informazioni, a partire da quelle contenute nei prezzi “liberamente” determinati del “libero mercato”.
6 Per la vicepresidenza del CSM, Mattarella aveva chiesto una figura non troppo politicizzata. È stato invece eletto David Ermini, già responsabile giustizia del PD durante la seconda segreteria Renzi.

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