lunedì 16 maggio 2016

Appendice 3 - La riforma costituzionale

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Sovranità a referendum - Appendice 3 
Entrare nel merito è essenziale per orientare la propria scelta. 


Il ddl Boschi a referendum


La Camera è l'unica a votare la fiducia al governo. I deputati restano 630 ed eletti a suffragio universale.
Il Senato è composto da 95 membri (74 senatori e 21 sindaci), eletti dai Consigli regionali, più 5 nominati dal Capo dello Stato in carica per 7 anni. Spariscono i senatori a vita, salvo quelli nominati prima della riforma.
Ogni Regione ha diritto ad un numero di senatori in base al proprio peso demografico.
I Consigli regionali eleggono i senatori con metodo proporzionale tra i propri componenti e uno per ciascuna Regione dev'essere un sindaco.
Spetta ai cittadini, al momento di eleggere i Consigli Regionali, indicare quali consiglieri saranno anche senatori e, una volta insediati, i Consigli ne ratificano la scelta. La durata del loro mandato è quella dei Consigli Regionali.
I senatori godono della stessa immunità dei deputati e non possono essere arrestati o sottoposti ad intercettazione senza l'autorizzazione del Senato.
Il Senato è dotato di piena competenza legislativa solo su riforme e leggi costituzionali, mentre sulle leggi ordinarie può chiedere alla Camera di modificarle, ma quest'ultima non è tenuta a dar seguito alla richiesta. Se il Senato chiede alla Camera di modificare una legge riguardante il rapporto tra Stato e Regioni, la Camera può respingere la richiesta solo a maggioranza assoluta.
Corte Costituzionale. Su 15 giudici Costituzionali (come oggi), 3 sono eletti dalla Camera e 2 dal Senato.
Elezione del Presidente della Repubblica.
Con la riforma resta la seduta comune dei due rami del Parlamento (730 grandi elettori) senza delegati aggiuntivi (oggi 58). Per eleggere il Presidente nei primi quattro scrutini servono i due terzi; dal quinto scrutinio bastano i tre quinti; dal nono in poi è sufficiente la maggioranza assoluta.
Il Presidente supplente (seconda carica dello Stato) è il Presidente della Camera, non più il Presidente del Senato.
Decreti Legge. Vengono introdotti limiti sui contenuti dei decreti legge del governo (ddl), con tempi certi di approvazione indicati dai Regolamenti parlamentari.
Leggi elettorali. È introdotto il ricorso preventivo sulle leggi elettorali alla Corte Costituzionale, su richiesta di un quarto dei deputati. Tra le norme transitorie c'è anche la possibilità (pure per l'Italicum) di ricorso preventivo già in questa legislatura alla suprema Corte.
Competenze Stato-Regioni. Sono riportate in capo allo Stato alcune competenze come energia, infrastrutture strategiche e protezione civile nazionale. Su proposta del governo, la Camera può approvare leggi nei campi di competenza delle Regioni, “quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale.”
Province. Già declassate a Enti di secondo livello, ossia ad organismo esecutivo formato dai sindaci, la 110 Province sono cancellate dalla Costituzione.
Il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL) è abrogato.
Referendum*. Con almeno 800mila firme raccolte il quorum del 50%+1 (oggi calcolato sugli aventi diritto) verrà calcolato sul numero dei votanti dell'ultima tornata elettorale.
Per iniziativa popolare oggi sono permessi solo referendum abrogativi, con la riforma sono introdotti anche i referendum propositivi.
Leggi di iniziativa popolare*. Per presentarle le firme necessarie salgono da 50mila a 150mila. Spetta ai Regolamenti parlamentari indicarne i tempi certi di esame.

* La normativa su questi ultimi due punti è rimandata ad una nuova legge costituzionale.

Pochi aspetti positivi
La riforma costituzionale Boschi, insieme all'Italicum, genera il “combinato disposto”.
Una volta dismesso il “bicameralismo perfetto” ed il relativo “ping-pong tra Camera e Senato”, il percorso legislativo sarebbe snellito, reso più rapidamente produttivo, più efficace ed efficiente.
Secondo argomentate critiche la maggiore funzionalità non sarebbe per nulla garantita dalla nuova normativa. Dagli attuali due procedimenti legislativi, uno per le leggi ordinarie e l'altro per quelle costituzionali, si passerebbe a 12.
Numerose competenze vengono sottratte alle Regioni e riprese dallo Stato centrale, mettendo in soffitta il cosiddetto federalismo regionale. In ogni momento il governo può attribuire ad un proprio provvedimento la superiore ragione della “tutela dell'interesse nazionale”, soprattutto in campo economico.
In particolare l'aver avocato a sé energia ed infrastrutture strategiche significa disporre del territorio e dell'ambiente. Come è già successo per trivellazioni ed oleodotti, avrebbe piena facoltà di imporre “grandi opere” sulla testa delle popolazioni locali.
Di converso, poiché l'immunità parlamentare viene mantenuta anche al Senato, esso rischia di diventare il rifugium peccatorum di molti politici regionali e locali implicati nel malaffare e legati alle mafie.
A rendere più trasparente e rapido il meccanismo legislativo può concorrere sia l'introduzione di limiti di contenuti e tempi certi rispetto alla conversione dei decreti legge (ddl) del governo, sia il ricorso preventivo alla Corte costituzionale sulle leggi elettorali.
Mentre la cancellazione delle Province non è che un atto formale, l'abrogazione del CNEL, palesemente inutile, meriterebbe alcune considerazioni di ordine generale sul motivo per cui lo è diventato.
Sicuramente apprezzabile è la parte dedicata alle leggi d'iniziativa popolare e ai referendum. Peccato che la normativa sia rimandata ad una futura riforma costituzionale, alla condizione che prima sia convalidata quella odierna.
Il cerchio del potere
«La riforma costituzionale va letta, analizzata e bocciata insieme all'Italicum (…) che squilibra tutto il sistema politico a favore del capo del governo. Toglie al presidente della Repubblica il potere reale (non quello formale) di nominare il presidente del Consiglio. Gli toglie anche (...) il potere di non sciogliere il Parlamento, ovvero la Camera, nella quale sarà la maggioranza di governo, ovvero il suo capo, a stabilire se e quando sciogliersi e comunicarlo al presidente della Repubblica (...).»1
Il cerchio del potere politico dello Stato risulta così raccordato:
  1. anche una minoranza di ¼ degli elettori può insediare il 55% dei deputati della Camera;
  2. questa Camera (630 seggi) vota la fiducia al Governo, legifera e sceglie il presidente della Repubblica, il suo Supplente, 8 membri su 26 del Consiglio superiore della magistratura, 3 giudici su 15 della Corte costituzionale;
  3. il Senato è di 100 seggi, 95 eletti in secondo grado dai Consigli regionali (74 su indicazione degli elettori e 21 sindaci di città) e 5 nominati dal presidente della Repubblica; è secondario rispetto alla Camera e ha competenze limitate, eppure sceglie 2 giudici costituzionali;
  4. il presidente della Repubblica non può che incaricare il leader del partito-lista vincente, oltre a nominare 5 senatori e 5 giudici costituzionali;
  5. il leader del partito-lista vincente nomina la maggior parte dei deputati (quanti senatori?) e, pertanto, loro tramite assume il controllo di tutte le elezioni e le nomine che ne conseguono.
Il ddl Boschi investe più di 40 articoli della Costituzione e muta la forma di governo: alla Repubblica parlamentare subentra una Repubblica imperniata sull'esecutivo e sul suo Capo. Non è una semplice revisione, prevista dall'art. 138 della Carta in vigore dal 1° gennaio 1948. Viene introdotta un'altra Costituzione.

1 Appello al No al referendum costituzionale di Gianfranco Pasquino, Carlo Galli, Marco Valbruzzi e Maurizio Viroli. Versione integrale su www.ilfattoquotidiano.it.

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