lunedì 16 maggio 2016

Appendice 2 - Porcellum & Italicum

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Sovranità a referendum - Appendice 2

Porcellum & Italicum 

Porcellum

Nel 2013 andammo a elezioni politiche con la legge Calderoli, chiamata Porcellum.
  • Si trattava di un proporzionale corretto, a coalizione, con premio di maggioranza ed elezione di più parlamentari contemporaneamente in collegi estesi, senza possibilità di indicare preferenze.
  • Per la Camera la legge prevedeva che la lista o la coalizione risultata prima per numero di voti, qualora non avesse conseguito 340 seggi (su 630, di cui 12 riservati all'Estero e 1 alla Valle d'Aosta) avesse diritto ad un premio di maggioranza sì da raggiungere, comunque, il numero di 340 deputati.
  • Per il Senato la legge prevedeva che lo stesso meccanismo di conteggio e premiale fosse applicato in ogni Regione, fatta eccezione per: 6 seggi dell'Estero,1 seggio della Valle d'Aosta, 2 del Molise e 7 del Trentino Alto-Adige, attribuiti con regole diverse.
  • Contestualmente alla presentazione dei simboli elettorali, ciascuna forza politica aveva l'obbligo di depositare il proprio programma e di indicare il proprio capo.
  • In caso di coalizione tra più liste, programma e capo dovevano essere unici, con l'indicazione del capo della coalizione.
Bocciatura della Corte costituzionale

La sentenza n° 1 2014 della Consulta ha invalidato due istituti del Porcellum:
    - le liste bloccate, formate dai cosiddetti “nominati” dai partiti, per restituire agli elettori il diritto di scegliersi i propri rappresentati esprimendo (almeno) una preferenza;
    - il premio di maggioranza attribuito alla coalizione o lista minoritaria risultata prima per numero di voti (vincente), senza una soglia minima percentuale.

Italicum


La legge 6 maggio 2015, n° 52, riforma il sistema delle elezioni politiche nazionali prima in vigore (Porcellum), dichiarato incostituzionale dalla Suprema Corte.
Se la riforma costituzionale sarà confermata dal Referendum d'autunno, l'Italicum varrà solo per la Camera dei deputati.
Novità più importanti dell'Italicum:
- sulla scheda compaiono solo liste (niente coalizioni);
- se una lista supera il 40% (soglia minima di maggioranza) scatta il premio di maggioranza, per cui ottiene seggi pari al 55% dei voti (340 seggi su 630, di cui 12 riservati all'Estero);
- se nessuna lista raggiunge la soglia minima al 1° turno, le due liste più votate passano al ballottaggio (2° turno);
- soglia di sbarramento del 3% per accedere al Parlamento;
- ad ogni Regione spetta un numero di seggi proporzionato alla propria popolazione;
- l'Italia è suddivisa in 100 collegi (eleggono da 3 a 9 deputati);
- il capolista è bloccato (perciò “nominato”), mentre gli altri candidati, in ogni lista alternati per genere, potranno essere scelti in base a massimo due preferenze (un uomo e una donna).
Permangono nell'Italicum le candidature plurime, ovvero la possibilità di venire candidati in diversi collegi (massimo 10), consentendo, al candidato risultato eletto in più di uno di questi, di scegliere a posteriori quale seggio tenersi, di converso determinando a quale candidato, risultato “primo non eletto”, andrà il seggio.

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Quozienti


Effetti del Porcellum (elezioni del 2013)
Quoziente di maggioranza => 29.552,37 voti per 1 seggio.
Quoziente di minoranza => 81.306,63 voti per 1 seggio.
Rapporto tra quozienti: 2,75.

Possibili effetti dell'Italicum
Simulazione A:
Lista 1: voti 7.500.000 (25%), vincente al 2° turno: 340 seggi;
Lista 2: voti 7.500.000 (25%), perdente al 2° turno: 93 seggi;
Lista 3: voti 7.490.000 (24,97%): 93 seggi;
Lista 4: voti 4.000.000 (13,33%): 49 seggi;
Lista 5: voti 3.510.000 (11,7%): 43 seggi.
Quoziente di maggioranza => 22.058 voti per 1 seggio.
Quoziente di minoranza => 80.935 voti per 1 seggio.
Rapporto tra quozienti: 3,67.
Simulazione B:
Lista 1: voti 10.000.000 (33%), perdente al 2° turno: 121 seggi;
Lista 2: voti 7.000.000 (23,33%), vincente al 2° turno: 340 seggi;
Lista 3: voti 6.000.000 (20%): 73 seggi;
Lista 4: voti 4.000.000 (13,33%): 48 seggi;
Lista 5: voti 3.000.000 (10%): 36 seggi.
Quoziente di maggioranza => 20.588 voti per 1 seggio.
Quoziente di minoranza => 82.733 voti per 1 seggio.
Rapporto tra quozienti: 4,02.

Tratto da “Il Fatto Quotidiano”, 9 aprile 2016
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Il premio di maggioranza
In un sistema elettorale proporzionale comporta almeno due limiti: a monte, un minimo di consensi da parte del corpo elettorale; a valle, un massimo di seggi aggiuntivi a quelli proporzionalmente ottenuti.
Inoltre, se si vuole che ciascun parlamentare goda della propria autonomia nella libertà di giudizio e voto, la sua candidatura non può dipendere dalla “nomina” di partito, a cui dover poi ubbidire una volta eletto, ma dal consenso diretto degli elettori espresso nelle preferenze.
Questa è la logica seguita dalla Suprema Corte allorché ha dichiarato incostituzionale il Porcellum e, di conseguenza, gli obblighi sostanziali ai quali dovevano attenersi i legislatori della nuova legge. Il premio di maggioranza poteva essere assegnato solo in presenza di una lista che avesse conseguito un corposo consenso, altrimenti esso avrebbe distorto ogni proporzionalità di rappresentanza e vanificato la scelta politica effettuata dei cittadini. Al tempo stesso, ad essi doveva essere dato il diritto di preferenza tra i diversi candidati di una stessa lista.
Forma e sostanza della sentenza della Consulta vengono aggirate dal governo con una serie di escamotages.
Ballottaggio e nomine
Poiché le ultime elezioni politiche e ogni sondaggio attestano il consenso delle principali forze molto al di sotto del 40-50% dei votanti (assai meno tra gli aventi diritto), è stato introdotto il secondo turno di ballottaggio tra le due liste che al primo turno abbiano raccolto i maggiori consensi.
Per riservare alle segreterie partitiche la effettiva scelta di chi deve essere eletto, i collegi estesi vengono spezzettati in tanti micro-collegi, con capolista bloccato (“nominato”). In più è data facoltà ad un candidato di presentarsi in più collegi (candidatura plurima), con il diritto di scegliersi, una volta eletto in più di un collegio, chi gli deve subentrare come primo non eletto. Pertanto, a conti fatti, la preferenza dei cittadini viene ridotta a un numero di seggi marginale e, comunque, non tale da sfuggire al controllo delle segreterie partitiche e, soprattutto, all'esecutivo.
Per inciso, l'eventuale differenza di risultato tra le due Camere, come nel 2013, viene scongiurata, giacché la riforma costituzionale esclude il Senato dalla elezione diretta a suffragio universale.
Dal confronto tra le due leggi elettorali emerge una linea di continuità d'intenti e contenuti, addirittura con alcuni “perfezionamenti” apportati dall'Italicum al Porcellum.
Del Senato si è già detto. Per la Camera il ballottaggio, tanto più esaltato dalla lista secca e dalla esclusione delle liste di coalizione, finisce per aumentare la distorsione della volontà degli elettori, laddove incrementa la differenza tra il quoziente di maggioranza ed il quoziente di minoranza. Vale a dire tra il numero di voti necessari ad eleggere un rappresentante di maggioranza e quelli necessari ad eleggere un rappresentante di minoranza.
È quanto risulta da realistiche simulazioni dei possibili esiti elettorali, qui riportate.
Se il Porcellum nelle elezioni del 2013 permise che 1 elettore di maggioranza valesse quanto 2,75 elettori di minoranza, il voto con l'Italicum consentirebbe ad 1 elettore di maggioranza di valere quanto 3,67 o persino più di 4 elettori di minoranza!
Storia patria
Appare tutt'altro che insensato affermare che siamo in presenza di uno stravolgimento della proporzionalità tra elettori ed eletti, superiore alla “legge truffa” dei primi anni cinquanta e paragonabile alla legge Acerbo del 1923, voluta da Benito Mussolini.
Con il Partito Nazionale Fascista votarono a favore della legge Acerbo buona parte del Partito Popolare e dei liberali, oltre alla quasi totalità della destra. Si opposero socialisti, comunisti, la sinistra liberale ed i popolari di don Sturzo. Alla Camera i no furono 123, contro 223 sì.
In precedenza, quando si discusse del quorum minimo, superato il quale assegnare il premio di maggioranza pari a 2/3 dei seggi, il governo Mussolini impose di non elevarlo al di sopra del 25%, ricorrendo, pure allora, al voto di fiducia.
Per quasi due anni, dopo la marcia su Roma (iniziata il 28 ottobre del 19221), nella società, in parlamento e nelle istituzioni regnò un vasto consenso di classe e politico attorno al decisionismo mussoliniano, condito, si disse anni dopo, da una certa “sottovalutazione del pericolo”. Solo di fronte al delitto Matteotti, nel giugno del 1924, alcuni, tardivamente, cominciarono a porsi qualche serio problema...
A queste appunti critici, di solito, si oppone la “profonda diversità della situazione attuale” rispetto a quella degli anni venti, nonché la maggiore affidabilità delle forze politiche oggi in campo e, soprattutto, al governo.
In risposta si contro-obietta che, quando è in questione una legge elettorale, siamo tenuti a prescindere dal momento specifico, potendo il contesto subire repentini mutamenti e forse volgere al peggio.
Una risposta che non mi pare sufficiente.
Sia sul piano dell'esperienza storica, sia su quello della reale motivazione politica che oggi porta alla riproposizione, in queste forme, del maggioritario.
Raramente i protagonisti di questo genere di cambiamento, se completati, escono poi di scena senza approfittare, spesso oltremisura, dei meccanismi da loro stessi messi in opera.
Inoltre, ciascuno si ponga la domanda: per quale scopo e per quali interessi si vuole, nell'attuale contesto di crisi, far prevalere il maggioritario per una minoranza sulla rappresentanza della grande maggioranza?

1 Già 24 ore prima dell'arrivo nella capitale delle squadre fasciste, Re Vittorio Emanuele III aveva incaricato Mussolini di formare il nuovo governo.

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