Messe a fuoco
Le conseguenze della Grecia
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L'andamento
delle trattative tra Grecia e Troika suscitano discordanti giudizi.
Importa capire i punti reali del contendere e quale la posta in
gioco. È coinvolto l'intero assetto dell'Eurozona. Anche per la
politica italiana le scelte si fanno discriminanti.
È
assodato che occorrerà attendere pressapoco la fine di giugno per
comprendere appieno quale sbocco avrà il difficile rapporto tra la
Grecia e l'Eurozona. Sono ancora in corso le ultime “limature”
all'accordo del 20 febbraio...
Quando
si chiuderà il “semestre greco”, tuttavia, l'Europa non sarà
politicamente più la stessa. Già ora non lo è più.
Focalizzare
alcune analisi e prese di posizione ci aiuterà a capire il perché.
Vittoria
o sconfitta?
Pur
ingenerando opposte reazioni, di soddisfazione o di sconforto, tra la
fine di febbraio e gli inizi di marzo nei commenti giornalistici è
prevalsa la valutazione che la Grecia, dal confronto con i propri
arcigni creditori, sia uscita sconfitta, giacché, secondo questo
punto di vista, del programma di Syriza non è rimasto che un tempo
guadagnato di quattro mesi, sino all'estate.
Il
tandem Tsipras-Varoufakis ha dovuto
rinunciare ad alcuni punti essenziali delle promesse fatte in
campagna elettorale, tra cui spicca la ristrutturazione del debito,
subendo i ricatti della Troika1,
comunque la si ridenomini, che pretende i soliti “compiti a casa”
per allargare i cordoni della borsa (mantenendo il cappio del debito)
e prestare la liquidità necessaria alla Grecia in seria difficoltà.
Sicché le privatizzazioni già concordate dal precedente governo
Samaras sono state confermate, il mercato del lavoro non è stato
ristrutturato per ridare dignità ai lavoratori e il programma si è
concentrato sul recupero dell'evasione fiscale. L'austerità non ha
subito l'attesa sconfitta.
Con
un parere discordante, l'economista Nobel Paul Krugman sostiene,
invece, che, senza disconoscere i punti di arresto, la Grecia un
certo successo lo ha conseguito.
«Per
la Grecia gestire comunque un qualche avanzo – data la crisi al
livello di una depressione nella quale si trova e l’effetto di
quella depressione sulle entrate – è una conquista considerevole,
il risultato di sacrifici incredibili. Nondimeno, Syriza ha sempre
avuto chiaro che intende continuare a gestire un modesto avanzo
primario.2
Se siete arrabbiati per il fatto che i negoziati non abbiano offerto
spazio ad un rovesciamento completo dell’austerità, ad una svolta
verso stimoli fiscali di tipo keynesiano, non avete prestato
attenzione.»3
Pertanto, restandogli oscuro il motivo per il quale raccogliere le tasse sarebbe un controsenso per un governo di sinistra, conclude che, almeno temporaneamente, non c'è stata débâcle e l'azione greca ha provocato un certo «sussulto di ragionevolezza»4 a beneficio del resto dell'Europa. Più avanti si vedrà.
Pertanto, restandogli oscuro il motivo per il quale raccogliere le tasse sarebbe un controsenso per un governo di sinistra, conclude che, almeno temporaneamente, non c'è stata débâcle e l'azione greca ha provocato un certo «sussulto di ragionevolezza»4 a beneficio del resto dell'Europa. Più avanti si vedrà.
Motivati
giudizi
A determinare i diversi pareri sulla vicenda contribuiscono certamente le diverse aspettative, correlate alle visioni strategiche. Sottendono, e non poteva essere altrimenti, forti interessi di parte.
A determinare i diversi pareri sulla vicenda contribuiscono certamente le diverse aspettative, correlate alle visioni strategiche. Sottendono, e non poteva essere altrimenti, forti interessi di parte.
Krugman
riflette il punto di vista di Washington sulla crisi europea? Così
parrebbe, considerando la famosa telefonata di Obama a Tsipras e la
frase detta alla Merkel.5
L'interesse statunitense consisterebbe nello sbloccare la rigidità
europea senza sconquassare un così importante partner del TTIP,6
aggiungendo nuove criticità, per giunta in una tribolata fase di
ripresa economica, ad un quadrante strategico già denso di problemi.
Cosa
importa veramente agli Stati Uniti?
Si
prenda, ad esempio, la scelta di Atene applaudita da Krugman, di
puntare su una esazione fiscale finalmente “efficiente”.
Se
la tassazione dei finora esenti armatori ellenici a tutti appare come
il minimo perseguibile, non sfugge ai più attenti osservatori che
contrastare il “nero” per una parte della popolazione greca
equivale a erodere un margine vitale, di sopravvivenza, e, al
contempo, a rompere la base di consenso sociale verso Syriza.7
Del resto, anche in Italia viviamo in una costante voluta confusione
tra grande evasione o, se preferite, “elusione”, e forzata
evasione di fasce di lavoro autonomo marginalizzate e sospinte verso
la soglia della povertà.
Per
la Casa Bianca è molto più importante che l'Europa stipuli un
accordo di TTIP,
parte della propria strategia d'egemonia globale. A questo proposito
si noti che, a differenza dell'altro Nobel, Joseph Stiglitz, al quale
il TTIP
appare tutt'altro che rivolto al “libero commercio” visto il
ruolo delle multinazionali, l'obamiano Krugman trova difficoltà ad
andare oltre qualche scetticismo di fronte a quanto si va stipulando
nel segreto di quelle trattative tra civili potenze atlantiche...
Non
sorprenda neppure la visione che del contenzioso greco-europeo nutre
l'altra sponda della Manica, volta a calcare maggiormente la mano
sulla insostenibilità dell'euro. Al netto di tutte le motivazioni
(pure argute e assai ben argomentate), rimane il sospetto che la City
finanziaria di Londra
non abbia proprio a cuore la stabilizzazione del dominio teutonico
sull'Europa, soprattutto dopo che le banche del Regno Unito (e Usa )
si sono messe completamente al riparo dai rischi Grecia, prima
dell'haircut8
del 2012.9
Imposizione
e cooperazione
In
Francia alcuni autorevoli commentatori valorizzano “l'approccio
costruttivo” della Grecia e ne scorgono i successi.
Romaric
Godin su La
Tribune10
del 25 febbraio scrive un articolo dal titolo significativo: Le
riforme di Tsipras e Varoufakis: un addio alla logica della Troika.
«Partendo
dall’assunto che il governo greco ha sempre scartato l’ipotesi di
un’uscita “disordinata” dall’euro, e che avrebbe dunque
dovuto accettare un compromesso, rimettere
in discussione alcune promesse elettorali era inevitabile [corsivo
mio]. Il
punto è piuttosto capire se questa
lista riduce o no in maniera significativa la capacità del nuovo
governo di raggiungere i suoi obbiettivi a lungo termine: rompere con
l’austerità, rilanciare l’economia, sbaragliare il clientelismo
e le oligarchie economiche.»
Segue
una disamina dei singoli punti dell'accordo, in forza dei quali il
nuovo esecutivo greco avrebbe:
- costretto la propria oligarchia «allo sforzo contributivo nazionale», coinvolgendo l'Europa nella lotta alla deleteria concorrenza fiscale tra Paesi dell'Unione;
- reso possibile la lotta al clientelismo che, nei tagli di personale, si è tradotto spesso in licenziamenti discriminatori;
- promosso una «amministrazione pubblica moderna», più efficace, incoraggiante il merito, tramite «procedure giuste per aumentare al massimo la mobilità delle risorse umane o tecniche»;
- archiviato l’epoca «dei tagli lineari che hanno colpito salari e personale nel settore pubblico» per creare un nuovo equilibrio tra «giustizia e flessibilità»;
- rispettato sì le privatizzazioni già completate e avviate, ma con un via libera ad un «riesame delle privatizzazioni non ancora cominciate», per migliorare, a lungo termine, i benefici dello Stato;
- fatto accettare all'Eurogruppo «il suo piano di gestione della crisi “umanitaria”, ossia il primo pilastro del programma di Salonicco. Questa è una vittoria morale incontestabile, perché non avendo respinto questa parte della lista inviata da Varoufakis, l’Eurogruppo ha dovuto implicitamente riconoscere gli effetti disastrosi della politica sostenuta e incoraggiata dal 2010.»
Per
il resto: «L’aumento
del salario minimo è ribadito, anche se il calendario di attuazione
non compare
nel programma di Bruxelles.»
(...) «Il
governo greco resta comunque legato, con l’accordo del 20 febbraio,
ad una logica da “memorandum”, ed è ancora condizionato dalle
scadenze del rimborso – in luglio e in agosto – dei debiti verso
la BCE.»
In conclusione «(...)
il governo greco è riuscito a rimpiazzare l’iniziativa
unilaterale della troika con una cooperazione. Non è un cambiamento
da poco.»
A
questo prezzo per la finanza francese, il “rimpiazzo” può essere
ben accetto anche da Hollande, un inimitabile esempio di promesse
elettorali disattese.
In
realtà dall'elenco degli avanzamenti e delle ritirate si ricava la
marcata impressione di tante piccole concessioni, piuttosto
immateriali, psicologiche e relazionali, in cambio della rinuncia
alla messa in discussione del debito e della linea dell'austerità
pur leggermente mitigata. Rimane oscuro come possa il debito essere
ripagato nelle condizioni in cui sono state ridotte l'economia e la
società greche. Comunque si giudichi questo primo accordo e le sue
“limature”, il match
point
decisivo è rimandato a fine giugno.
Geometria
politica
Anche in Italia assistiamo alle conseguenze dell'insorgenza democratica greca. Come in Francia,11 anche ricorrendo a due distinti piani geometrici, pro e contro l'appartenenza all'euro-zona, la laterizzazione destra-sinistra non calza il divenire della realtà politica.
Anche in Italia assistiamo alle conseguenze dell'insorgenza democratica greca. Come in Francia,11 anche ricorrendo a due distinti piani geometrici, pro e contro l'appartenenza all'euro-zona, la laterizzazione destra-sinistra non calza il divenire della realtà politica.
Ciò
appare particolarmente evidente se si osservano da vicino i contenuti
delle proposizioni politiche “a sinistra del Pd di Renzi”, dalla
sinistra Dem all'Altra Europa con Tsipras, passando per la nuova
Coalizione sociale proposta dalla Fiom.
Alle
ultime elezioni europee ebbe un piccolo successo la Lista che in
Italia si richiamava espressamente a Tsipras. Collocandosi a sinistra
del PD, si proponeva di contribuire al compimento politico in senso
federale dell'Unione, superando l'attuale stadio a prevalenza
economico-monetaria, in opposizione all'austerità e all'indirizzo
liberista.
A
distanza di alcuni mesi l'intero panorama politico istituzionale ha
subito, soprattutto dopo l'affermazione elettorale di Syriza (e
quelle attese di Podemos in Spagna, della Le Pen in Francia e
dell'Ukip di Nigel Farage in Gran Bretagna), sensibili mutamenti.
La
coalizione a suo tempo messa in piedi da Berlusconi vive una fase da
alcuni sociologi definita di “decomposizione”, accentuata dalle
nette scelte di Lega Nord e Fratelli d'Italia per la fuoriuscita
dall'Europa a moneta unica.
Alle
medesime conclusioni di lasciare l'euro è pervenuto anche il M5S,
che già non si riconosceva nella lateralizzazione tradizionale.
Emblematico,
poi, è quanto succede nel PD e dintorni. Mentre il governo Renzi
realizza alcuni degli obiettivi storici di Berlusconi (pattuiti e non
al Nazareno), di cui il NCD di Alfano mena coerentemente vanto,
la sinistra Dem pare sul punto di trarre delle
conseguenze dalla vicenda greca ben più radicali delle sinistre
esterne, come si evince dalla presa di posizione di Stefano Fassina
[vedi
riquadro dedicato].
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------L'iceberg è sempre più vicino
«I
problemi posti dalla Grecia sono sistemici.» (...)
«È
evidente che anche l’accoglimento della lista normalizzata di
riforme strutturali presentata dal governo Tsipras lascerebbe la
Grecia nel tunnel. Nel migliore dei casi, I greci comprerebbero
tempo. È evidente dalla parabola greca che nell’eurozona non vi
sono le condizioni politiche per la radicale correzione di rotta
nella politica economica necessaria alla ripresa e al miglioramento
delle condizioni del lavoro e, quindi, alla sopravvivenza della
moneta unica. È evidente che la Grecia per salvarsi deve lasciare
l’euro e svalutare.»
(...)
«È
anche evidente che la parabola greca e delle sinistre greche
prospetta un destino comune alle democrazie e alle sinistre
dell’eurozona. La democrazia, la politica e la sinistra non hanno
fiato nella camicia di forza liberista dell’euro. Nell’eurozona
non c’è alternativa alla svalutazione del lavoro, al
rattrappimento delle classi medie, al collasso della partecipazione
democratica. Quindi, non c’è spazio per la sinistra.» (...)
«Ma
l’iceberg è sempre più vicino per l’euro, per la democrazia e
per la sinistra. La sinistra può evitare la deriva di svalutazione
del lavoro e di svuotamento delle democrazie delle classi medie e,
così, si può salvare e ritrovare senso storico soltanto se riesce a
spezzare la gabbia dell’euro. Se si ricostruisce nazionale e
popolare. Altrimenti è finta o fa testimonianza.»
Estratti
dalla Relazione del mese (24/2/15)
di
Stefano Fassina
Fonte:
http://ideecontroluce.it/liceberg-e-sempre-piu-vicino/
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Nel varare la Coalizione sociale, politica ma non partitica, unione sindacale e associativa territoriale, Maurizio Landini ricalca sul tema dell'Europa le orme di Syriza e Podemos, ove il conflitto è finalizzato alla cooperazione. Come se si trattasse di un vertenza sindacale da estendere al sociale e ai finora trascurati “non garantiti”, con la controparte insediata tra Roma e Bruxelles.
Nel varare la Coalizione sociale, politica ma non partitica, unione sindacale e associativa territoriale, Maurizio Landini ricalca sul tema dell'Europa le orme di Syriza e Podemos, ove il conflitto è finalizzato alla cooperazione. Come se si trattasse di un vertenza sindacale da estendere al sociale e ai finora trascurati “non garantiti”, con la controparte insediata tra Roma e Bruxelles.
Inoltre,
tra i sostenitori dell'Altra Europa con Tsipras, per “non lasciare
da sola la Grecia”, Paolo Ferrero propone una Alliance Against
Austerity12
(una tripla AAA in alternativa a quelle delle agenzie di rating)
da realizzarsi anche nella politica italiana. Inevitabile l'approdo
all'ennesima lista elettorale nel cui programma lo sganciamento dal
sistema-euro è, tuttavia, apertamente precluso.
In
entrambi i casi, Coalizione sociale e Altra Europa con Tsipras,
prevale l'assillo della “rappresentanza”, per gli uni
immediatamente politica ed elettorale, per gli altri collegata al
destino dei “corpi intermedi”. Secondo Sergio Cofferati proprio
nel ruolo storico svolto in Italia da questi ultimi consisterebbe una
differenza di fondo tra il nostro Paese e la Grecia.13
Corpi
intermedi
Una
prima considerazione. Se davvero i “corpi intermedi” hanno avuto
una presenza e un ruolo così rilevante in Italia, come sostiene l'ex
segretario generale della CGIL, dovremmo ammettere, di conseguenza,
che essi possano aver svolto una funzione positiva in passato (fino a
quando?), ma, di converso, abbiano contribuito in anni recenti a
“filtrare” la libera espressione elettorale. La loro assenza in
Grecia, al contrario, l'avrebbe permessa.
D'acchito,
tuttavia, si ha l'impressione che ci si preoccupi maggiormente del
destino dei “corpi intermedi”, perentoriamente emarginati dalle
scelte renziane (in sintonia con quelle della FCA di Marchionnne),
piuttosto che di coloro ai quali si vorrebbe dare rappresentanza.
Fatto
sta che i movimenti (tipo il No-TAV), fondati su un'attiva
partecipazione e poco propensi alle deleghe di rappresentanza, non
sembrano considerati. Come interpretare altrimenti la loro assenza
dal panorama della Coalizione sociale promossa dalla Fiom?
Inoltre,
vengono ignorati alcuni “portati politici” recenti, legati
all'esplosione del M5S. Secondo gli analisti dei flussi elettorali
nel voto ai “grillini” è confluita una cospicua parte di quella
società dei “non garantiti” e “non rappresentati” da
sindacati e partiti tradizionali. Si tratti di disoccupati,
lavoratori precari e partite IVA loro malgrado, o di autonomi
artigiani e piccoli imprenditori, essi hanno espresso un consenso
legato sia alla propria specifica condizione sociale che alle
modalità di rapportarsi alla rappresentanza (in questo caso agli
eletti) in quanto “cittadini”.
Certamente
la soluzione tecnologica della “democrazia di internet” mostra,
quanto meno, di essere futuribile e comunque inadeguata a sostituire,
se non parzialmente, i rapporti umani diretti. Ciò nonostante essa
reinterpreta una istanza insopprimibile: quella di stabilire un nuovo
rapporto tra rappresentati e rappresentanti, tra deleganti e
delegati, ai quali è chiesto un servizio sempre revocabile e mai
costituito in corpo separato ed autocentrato.
Se
l'esigenza di un controllo sul mandato dei parlamentari si presentò
sin dagli albori del movimento operaio e socialista, la storia
recente ha spesso riproposto in diverse essenziali circostanze il
problema più generale della rappresentanza, soprattutto in presenza
di apparati sempre più autoreferenziali. Appunto dei “corpi
intermedi”. Ragione per cui sono entrate in crisi le forme
sindacali e associative nonché quelle di partito,14
non più rispondenti ai bisogni di centralità, adeguata ai tempi
nostri, sia della partecipazione attiva e consapevole sia della vasta
platea del consenso informato.
Oltre
il guado
Nel
complesso e nonostante tutto, la sinistra italica sembra non
risvegliarsi dal “sogno europeo”, anche per la parte impegnata
contro l'austerità e nel sociale. Fa eccezione il mutamento in atto
nella sinistra Dem. Al contrario di quelli che possono essere
considerate desperate housewives15
dell'Eurozona, nella realtà politica tutto si muove.16
Una
volta appurato che, per usare un'immagine, sfilare la corda del
debito dal nodo scorsoio della moneta unica, quale sistema di potere
oligarchico continentale, non è praticamente fattibile in modo
consensuale, ci si riduce all'obiettivo massimo dell'allentamento
temporaneo del cappio. Il tentativo greco, al momento e salvo
miracoli, questo dimostra.
A
queste “estreme” conclusioni è arrivato Stefano Fassina. La qual
cosa non è sfuggita ad uno dei più convinti e preparati sostenitori
dell'uscita dell'Italia dall'euro, Alberto Bagnai,17
che ha coinvolto Mimmo Porcaro in una discussione sul suo blog.18
Dopo aver inutilmente alimentato l'ingenua illusione di un divorzio cooperativo, Fassina dal PD è il primo a passare il guado, mentre altri esponenti si sono fermati ai dubbi e ai se.19 Dubbi che espresse anche Romano Prodi, il massimo nocchiere nazionale del Titanic-euro, anch'egli senza andare oltre.
Dopo aver inutilmente alimentato l'ingenua illusione di un divorzio cooperativo, Fassina dal PD è il primo a passare il guado, mentre altri esponenti si sono fermati ai dubbi e ai se.19 Dubbi che espresse anche Romano Prodi, il massimo nocchiere nazionale del Titanic-euro, anch'egli senza andare oltre.
Per
il semplice fatto di essersi sbilanciato criticamente sull'Eurozona,
Fassina (insieme a Cuperlo) venne a novembre etichettato come di
"estrema destra"20
dall'ineffabile Matteo Orfini, ex sodale di corrente; figuriamoci
adesso quale rispettoso trattamento gli verrà riservato dalla
maggioranza del suo partito!
Ingenuità
razionali
Mimmo
Porcaro a proposito della ingenuità del nuovo governo greco, nel
succitato intervento sul Blog di Bagnai, chiama in causa Lenin e
Tucidide. Appunti storici e critici senz'altro pertinenti. Senonché,
trattandosi di un esperto della teoria dei giochi (Varoufakis),
docente in materia negli States, forse basterebbe ricordargli
una regola aurea di quella stessa teoria: qualsiasi gioco è
invalidato se tutti i giocatori (players) non godono di pari
condizioni. Cosa che, nella realtà, accade invece regolarmente. Sul
“libero” mercato, basta una asimmetria informativa, quella di cui
può avvalersi, ad esempio, un venditore di auto usate rispetto
all'ignaro (del reale stato dell'usato) cliente, per rendere tutto
falso.
Bene,
cosa ha spinto Syriza a credere che con la Troika sarebbe stato
stavolta diverso?
Condivisibile
è il giudizio di Porcaro: «(...)
non si sfugge all’impressione che vi sia comunque un errore di base
ed un’imperdonabile supponenza nell’atteggiamento di Syriza:
l’idea secondo la quale, in fondo, la fine dell’austerity sarebbe
interesse anche delle classi dominanti europee.»21
Se
esistesse una ragione, superiore alle parti che la pensano, in grado
di mettere fine alla austerity, non capita per occlusione
mentale e culturale, basterebbe farne partecipe la riottosa élite
(da con-vincere per vincere insieme) al comando politico del
credito finanziario europeo.
Un
simile approccio potrebbe rientrare nella categoria della ingenuità,
come l'idea di un divorzio cooperativo dall'Eurozona, consensuale e
senza liti postume, oppure di un metodo di pensiero, grazie al quale
aleggerebbe nei cieli d'Europa una suprema Ragione (sinonimo di
Verità) in trepidante attesa di scendere nelle menti per illuminarle
e prolungarne lo sguardo troppo miope o troppo sviato dalle
apparenze.
Esattamente
la filosofia a cui si ispira Varoufakis:
«Noi stiamo chiedendo alcuni mesi di stabilità finanziaria che ci
consentano di intraprendere il piano di riforme che la maggioranza
del popolo greco può condividere e supportare, così da poter
tornare a crescere e a essere nuovamente in grado di ripagare i
nostri debiti. Si potrebbe pensare che questo misconoscimento delle
regole della teoria dei giochi sia dovuto all’effetto di una linea
di sinistra radicale. Non è così. La maggiore influenza qui è
quella di Immanuel Kant, il filosofo tedesco che ci ha insegnato come
la ragione e la libertà dall’impero degli espedienti sono
ottenibili facendo ciò che è giusto.»22
Peccato
che il governo tedesco, determinante nell'Eurozona, non segua affatto
il pensiero del proprio insigne connazionale!
Federalismo
paternalistico
Ai
tempi di Jacques Delors23
l'adozione del sistema a moneta unica, in un'Europa economica senza
Stato federale, fu raccontata come un passaggio dettato da una fase
politica straordinaria: l'immediata esigenza di ancorare alla
costruzione europea la riunificata Germania, anche a costo di
patteggiare con la forte riluttanza di quest'ultima a fare a meno del
marco. Il trattato di Maastricht fu firmato il 7 febbraio del 1992 a
meno di due anni dalla riunificazione tedesca (ottobre 1990).
Si
disse allora che occorresse accettare il minimo livello fattibile, al
quale, secondo i federalisti, sarebbe seguito un salto di qualità,
ovvero l'Unione politica, dettato da un qualche stato di necessità
implicito nella tortuosità del cammino intrapreso.
Ma
la scelta, in realtà, risaliva agli anni del varo del primo SME,24
quando era già ben chiaro anche nella sinistra italiana che si
andava mettendo il “carro davanti ai buoi” [vedi
riquadro dedicato].
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Il
carro davanti ai buoi
«L’anno
è il 1978. Il giorno il 12 dicembre, ed entro pochi mesi si terranno
le prime Europee. È il giorno in cui il presidente del Consiglio,
Giulio Andreotti,
si presenta alla Camera per dire che l’Italia sarebbe entrata
subito, dal 1° gennaio, nel Sistema
monetario europeo (Sme),
un regime di cambi fissi tra le monete comunitarie che è il vero
papà dell’euro (anche allora, peraltro, Londra disse no). (…)
Pci e
Psi (…)
sono
contrari a un’ingresso nello Sme come s’è andato delineando.
Il
Pci, subito dopo il discorso di Andreotti, riunisce la sua direzione
alla Camera. (…) Napolitano (...) spiega con incredibile, profetica
chiarezza: “Inserendoci in quest’area, nella quale il marco e il
governo tedesco hanno un peso di fondo, dovremo subire un
apprezzamento della lira e un sostegno artificiale alla nostra
moneta. Nonostante ci sia concesso un periodo di oscillazione al 6%,
saremo costretti a intaccare l’attivo della bilancia dei pagamenti.
Lo Sme determinerà una perdita di competitività dei nostri prodotti
e un indebolirsi delle esportazioni. C’è un attendibile pericolo
di ristagno economico.” (…) “Nelle più nobili motivazioni di
La Malfa – insiste Napolitano – vi è alla base un giudizio
catastrofico sull’Italia” ed “emerge una concezione strumentale
degli impegni internazionali in funzione interna (antisindacale)”.
(...)
Sarà
proprio lui, com’è noto, a intervenire alla Camera, spiegando il
no del Pci con un lucidissimo discorso sugli squilibri regionali che
l’irrigidimento del cambio rischia di accentuare (e il dato è
sotto gli occhi di tutti, compreso il “rigore a senso unico”):
“Si è finito per mettere il ‘carro’ dell’accordo monetario
davanti ai
‘buoi’ di un accordo per le economie”, anche per “le
sollecitazioni pervenuteci dai governi amici”, scandì Napolitano.
Il pericolo che questo costituiva per la sinistra italiana gli era
chiaro: se qualcuno volesse “far leva sulle gravi difficoltà che
possono derivare dalla disciplina del nuovo meccanismo di cambio per
porre la sinistra e il movimento operaio dinanzi alla proposta di una
politica di deflazione e di rigore a senso unico, diciamo subito che
si tratta di un calcolo irresponsabile e velleitario, non meno di
quelli che hanno spinto pezzi della Dc a premere per l’ingresso
immediato nello Sme in funzione di meschine manovre anticomuniste,
destinate a sgonfiarsi rapidamente”. (...)»
Marco
Palombi, il Fatto Quotidiano, 14 maggio 2014
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Appena la situazione l'avesse imposto, il carro sarebbe stato ricollocato “dietro ai buoi”.
Appena la situazione l'avesse imposto, il carro sarebbe stato ricollocato “dietro ai buoi”.
Quella
strategia federalista conteneva due semi negativi e antidemocratici:
uno, a priori, di metodo politico; un'altro, di completa
“sottovalutazione” degli interessi che spingevano a quella
“forzatura”.
- Supponeva di imporsi in modo indipendente dalla volontà dei popoli e in forza, per giunta, delle loro sofferenze. Tanto che, come osserva criticamente Bagnai, si è giunti a teorizzare un federalismo obtorto collo: «La violenza di queste crisi è cosa buona e giusta, perché permette agli ottimati di condurre il gregge, col bastone del mercato, verso lo Stato promesso.»25Da questa via al federalismo non si discosta l'Altra Europa con Tsipras. Presentando la lista, nella discutibile pretesa di mettere nello stesso sacco “conservatori” ed “euroscettici”, Barbara Spinelli26 propose un “momento hamiltoniano”, dedicato alla trasformazione in senso federale dell'Europa, e un “momento roosveltiano”, appena successivo, dedicato alla crescita economica in senso anti-liberista. Sicché il richiamo ad Alexander Hamilton [vedi riquadro dedicato] che, dopo la guerra d'indipendenza americana, usò la crisi del debito per trasformare gli Stati Uniti da confederazione in federazione, appare piuttosto appropriato.Conferma, quanto meno, l'adozione di una sorta di illuminismo paternalistico.
- Attraverso la moneta unica e in diverse tappe è stato costruito un sistema di governo, sin dagli inizi fortemente asimmetrico, sia in senso sociale che territoriale. Attorno ad esso si è affermato e concentrato un grumo di potere politico-finanziario oligarchico a detrimento della sovranità democratica nazionale e popolare, del welfare sociale, contro gli interessi delle classi lavoratrici.L'economicismo, come il monetarismo e tanto più il neo-mercantilismo, non sono impolitici né privi di una loro logica e razionalità, ma la forma della politica nel costituirsi di questo potere. Come non esiste un mercato a sé, indistinto, unitario ed autoregolato, non esiste un potere del mercato avulso, distinto e contrapposto a quello politico.
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Sovranità
Alexander
Hamilton
«Alexander
Hamilton, aiutante di Washington durante la guerra, era uno dei
leader più efficaci e scaltri della nuova aristocrazia. Ecco come
esprimeva la sua visione politica:
“Tutte
le comunità sono divise fra i pochi e i molti. I primi sono ricchi
di nascita elevata, i secondi la massa del popolo […]. Il popolo è
turbolento e mutevole; raramente giudica o decide rettamente. Date
perciò alla prima classe un ruolo permanente nel governo […].
Soltanto un organo permanente può frenare l'imprudenza della
democrazia.”
Alla
Costituente Hamilton propose che il presidente e il Senato fossero
designati a vita. L'assemblea non accolse la sua proposta, ma non
approvò nemmeno l'elezione popolare, salvo che nel caso della Camera
dei rappresentanti, per la quale erano i parlamenti statali a
stabilire i requisiti (in quasi tutti gli stati aveva diritto di voto
solo chi deteneva qualche proprietà), ferma restando l'esclusione
delle donne, degli indiani e degli schiavi. La Costituzione stabilì
che i senatori sarebbero stati eletti dai parlamenti statali, che
avrebbero scelto anche gli elettori del presidente, al quale a sua
volta competeva la nomina dei membri della Corte suprema.»
Howard
Zinn, Storia del popolo americano, il Saggiatore, 2010 (2005), pag.
71.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------Sovranità
Da
Bruxelles e da Francoforte dettano la politica dei Paesi presi nel
cappio del debito. Minacciano sanzioni e di stringere i cordoni della
liquidità, di cui detengono il monopolio. Impongono “riforme
strutturali” basate su privatizzazioni, svalutazione del lavoro e
delle produzioni legate ai mercati interni. Somministrano salassi che
sprofondano il paziente nella prostrazione e nell'ulteriore
dipendenza dalle loro cure.
Non
desti sorpresa che il Jobs
Act
italiano incontri il loro entusiastico favore. Né che, in rapida
successione, il pragmatismo renziano voglia completare l'iter
riformistico forzando i tempi di approvazione del “combinato
disposto” della riforma elettorale e delle riforme costituzionali.
La spinta alla svalutazione del lavoro si abbina perfettamente alla
“torsione autoritaria”, tesa a depotenziare democrazia
repubblicana e sovranità nazionale. Per usare le parole di Hamilton,
occorre “frenare l'imprudenza della democrazia”, giacché il
“popolo è turbolento e mutevole”.27
All'opposto,
non si riesce a comprendere come possa avere successo una lotta
politica e sociale contro l'austerità e questo indirizzo politico
governativo, mantenendosi nelle complessive compatibilità del
sistema di potere europeo a moneta unica, nei suoi vincoli, nei suoi
trattati.
Senza
sovranità non c'é democrazia, anche se la sovranità può imporsi
facendo a meno della democrazia. Insistere sui pericoli non serve, in
mancanza di un'azione politica adeguata.
Nella
sovranità democratica popolare non rientrano semplicemente le
assemblee elettive ad ogni livello, ma soprattutto la partecipazione
diretta della società alla politica, da cui l'hanno allontanata
proprio gli inafferrabili poteri “lontani”. Che ciò rimetta in
moto dinamiche conflittuali, anche di classe, è tanto auspicabile
quanto indispensabile, sia politicamente che culturalmente.
Poiché
lo snodo della sovranità evoca un insieme di altre relazioni, dalla
trasformazione degli Stati nella globalizzazione al ruolo delle
monete nelle contese egemoniche (comprese quelle militari), alla
“geopolitica”, dalla natura oligarchica del potere politico ed
economico allo “sdoppiamento” delle borghesie occidentali un
tempo “nazionali”, occorrerà a questi temi dedicare attenzione e
approfondimenti.
In
cosa possa sostanziarsi, oggi, la sovranità dipende dallo sviluppo
di queste relazioni.
1
Unione
Europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale ai
cui si è aggiunto il Fondo salva-stati.
2
Avanzo al netto degli interessi.
3
Paul Krugman,
What Greece Won
(27/2/2015), inserto "The New York Times" in La Repubblica
di lunedì 9/3/2015.
4
"outbreak of reasonableness".
5
ANSA,
New York, 9/2/15, "Aspetto di ascoltare dalla cancelliera
Merkel la sua valutazione su come l'Europa e il Fmi possano lavorare
insieme col nuovo governo greco per trovare il modo grazie al quale
la Grecia possa tornare a una crescita sostenibile nell'Eurozona".
6
Il
Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti
(Transatlantic
Trade and Investment Partnership,
TTIP).
7
Come
annota Mimmo Porcaro sul
blog di Alberto Bagnai (4/3/15),
http://www.goofynomics.blogspot.it/2015/03/atene-chiama-fassina-risponde.html.
8
Traducibile in: tosatura del debito.
9
Marcello Minenna, Corriere Economia, 6/2/15, L'Europa alla tedesca:
rischi condivisi (ma i vantaggi a senso unico).
10
http://keynesblog.com/2015/03/02/le-riforme-di-tsipras-e-varoufakis-un-addio-alla-logica-della-troika/.
11
Benoît
Bréville e Pierre Rimbert,
Una sinistra
seduta a destra rispetto al popolo, Le Monde diplomatique il
Manifesto, marzo 2015.
12
Traducibile in: Alleanza contro l'austerità.
13
Sergio Cofferati:
“La sinistra è poca, si chieda perché”, Sinistra e Lavoro,
intervista di Daniela Preziosi, 4/03/15.
14
Infatti Podemos si propone, a partire dal movimento degli
indignados, come una organizzazione non tradizionale.
15
Traducibile in: disperate mogli casalinghe (titolo della celebre
serie televisiva americana).
16
Al contrario di quanto afferma Claudio
Grassi
(http://www.claudiograssi.org/wordpress/2015/03/eppure-non-si-muove/),
salvo
mostrare interesse alla novità della Coalizione sociale
(http://www.claudiograssi.org/wordpress/2015/03/dentro-la-coalizione-sociale-per-la-sinistra/).
17
Tra questi
il marxista Vladimiro Giacché e il docente alla Cattolica di
Milano, Claudio
Borghi Aquilini, responsabile economico della Lega Nord.
18
http://www.goofynomics.blogspot.it/2015/03/atene-chiama-fassina-risponde.html
19
D'Attorre:
«la situazione oggi non è sostenibile: o in Europa si crea un
percorso federale o si torna alle monete nazionali» (Dagospia,
6/11/2014).
Visco: «mi chiedo se sia stata la cosa giusta»; Boccia: «senza
eurobond e solidarietà è un progetto fallito» (il
Fatto Quotidiano, 7/11/2014)
20
Matteo Orfini contro Fassina e Cuperlo: "Euro insostenibile?
Linea di estrema destra." Europa, 11 novembre 2014.
21
http://www.goofynomics.blogspot.it/2015/03/atene-chiama-fassina-risponde.html
22
Yanis
Varoufakis, "Europa, non è tempo di giochi", Lavoro &
Politica (dal New York Times), 27/02/15.
23
Presidente della Commissione europea dal 1985 al 1995.
24
Sistema Monetario Europeo, in vigore dal 13 marzo 1979.
25
Alberto Bagnai, L'Italia può farcela, il Saggiatore, 2014, pag.
160.
26
Il
Fatto Quotidiano, “Salviamo l'Europa dai conservatori e dagli
euroscettici”, intervista di Stefano Feltri. 9/02/2014.
27
Appare rilevante l'analogia di logica politica tra le proposte di
Hamilton e il “combinato disposto” del governo: liste elettorali
di prevalenti nominati; senatori a elezione indiretta; impatto sulle
future nomine alla Corte Costituzionale.
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