lunedì 13 aprile 2015

Il cavillo rivelatore

Riccardo Bernini - aprile 2015

Gramigna  Pianta infestante. Può essere usata a scopi terapeutici.

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Vincenzo Visco1 è piuttosto preoccupato dall'emergere di posizioni contrarie all'euro. Passi per i “partiti populisti”, associati a “nazionalisti e xenofobi” (nella vulgata serve a mettere nello stesso sacco M5S, Lega e Casa Pound). Ma ora “anche a sinistra vi sono voci critiche sempre meno isolate.” Se poi “persone come Michele Salvati o Salvatore Biasco, protagonisti dello sforzo per l’ingresso dell’Italia nella moneta unica fin dall’inizio, oggi dicono che entrare fu un errore”, forse è il caso di intervenire2 per ricordare a tutti “la storia di successo” della moneta unica e rinfrescare gli argomenti a suo sostegno. Magari aprendo un dibattito sul sito “economiaepolitica.it”.
Purtroppo, per lui, sono finiti i tempi dei commenti compiacenti o della diffusa ignoranza dei problemi macro-economici: la crisi prolungata ha allungato in profondità lo sguardo critico e rimesso in forse parecchie certezze.
Di conseguenza, aperto il dibattito, sul sito piovono critiche.3
In particolare, viene preso di mira il vantato “successo” della moneta unica.
Giovanni Zibordi, dopo aver constatato che l'Italia, dal 1992, sui titoli di Stato ha pagato per interessi enormi somme e più di ogni altro Paese in Europa, conclude perentorio:
Per la speculazione internazionale (…) Questi enormi guadagni sono stati consentiti dall’aumento costante delle tasse sugli italiani. Perché il presupposto di queste enorme scommessa degli investitori esteri con i nostri titoli a tasso fisso è stato l’impegno formale dello stato italiano, dal trattato di Maastricht nel 1992 al Fiscal Compact del 2012, a mantenere sempre un “surplus di bilancio primario”. Cioè da più di venti anni lo stato italiano incassa di tasse di più di quello che spende. E deve continuare a farlo in eterno (è stato iscritto anche nella Costituzione nel 2011) perché gli investitori esteri continuino a comprare BTP…
Sicuro… L’Euro è stato un successo… per il mondo finanziario internazionale.”
Per una volta la questione fiscale non viene posta sul lato della lotta all'evasione, ma su quello del trasferimento, mediante sistema-euro, di una montagna di imposte dalle tasche degli italiani (ovvero, in prevalenza, dei lavoratori) alle tasche della finanza internazionale. Eh, i fatti sono fatti...
Tuttavia, la perla nell'articolo di Visco, il quale, en passant, preconizza un nuovo Piano Marshall per l'Europa (come se ricorressero le medesime condizioni storiche che lo resero possibile), è in una velenosa noticella.
Quelli che vogliono fare a meno dell'euro, la fanno troppo facile! “Sfortunatamente la realtà è un po' più complessa.” Sicché, prima di citare il noto vincolo di copertura, in euro sotto diritto estero, della quota italiana del debito emesso dalla BCE con il recente Quantitative Easing4, ne rammenta uno ulteriore, sottoscritto nel 2012 in occasione della costituzione dell'ESM5, in forza del quale ”una eventuale trasformazione in altra valuta delle emissioni di titoli pubblici in euro di durata superiore ai 12 mesi, [potrebbe] essere impedita da una minoranza di detentori pari al 25% dei sottoscrittori”.
Sfortunatamente” il governo Monti, a cui si deve quella esiziale sottoscrizione, godeva di un appoggio parlamentare amplissimo, tra cui quello del partito di Vincenzo Visco...
Ma dal popolo di internet, invece della bandiera bianca di resa, si alza, sotto pseudonimo, una ben argomentata accusa:
L’alto debito pubblico era una ragione in più per non andarlo a ridenominare in moneta di cui non si ha il controllo, perché ciò introduce una vulnerabilità fatale nel debito, che non è più difeso dalla propria banca centrale nazionale. Questo ha messo, nel 2011-12 l’Italia alla mercé del panico dei mercati e prima ancora dei falchi della BCE e della Germania: l’Italia non è solo finita sull’orlo del default *a causa dell’euro*, ma soprattutto a una sostanziale perdita di sovranità democratica (e il cavillo dell’ESM sulle clausole del debito è l’ennesima riprova di questo).”
Eccoci al punto!
Nel ristretto cerchio magico dell'euro-sistema e all'insaputa della stragrande maggioranza degli italiani, è stato inserito un cavillo, l'ennesimo, per noi rivelatore di un peculiare metodo di governo delle élites dirigenti italiano-europee in questi ultimi decenni.
Nel metodo si manifesta lo scopo.
Sottrarre sovranità democratica e potere ai popoli (da noi tutto cominciò con il “divorzio all'italiana” tra Tesoro e Banca d'Italia, voluto da Andreatta contro la scala mobile6) e ai Paesi, a vantaggio della finanza internazionale e delle oligarchie politico-economiche europee, che hanno adottato la moneta unica per sfruttare disparità e dicotomie, generando surplus esportativi e l'infinita catena del debito.
Tuttavia, i ragionamenti di Visco inducono ad una ulteriore considerazione, apparentemente paradossale: proprio i vincoli, cavilli compresi, consegnati dalle élites italiane nelle mani dei costituiti poteri continentali, loro consentono di dettare agenda e riforme distruttive della nostra economia, delle economie periferiche e delle condizioni di vita-lavoro delle masse popolari europee.
A dispetto delle istanze riformistiche (“qui ci vuole un piano Marshall!”) di chi questo potere glielo ha scientemente devoluto, nell'intento di farne parte per poi diventarne patetico subalterno.

1 È stato ministro delle Finanze dal 1996 al 2000 (governi: Prodi I, D'Alema II); lo era stato per pochi giorni nel 1993 (governo Ciampi); ministro del Tesoro e del Bilancio dal 2000 al 2001 (governo Amato II) e vice ministro dell'Economia con delega alle Finanze dal 2006 al 2008 (governo Prodi II).
2 Vincenzo Visco, Fuori dall'Euro?, 23 marzo 2015; http: //www.economiaepolitica.it/europa-e-mondo/fuori-dalleuro/
3 Sono riportate in calce all'articolo di Visco, all'indirizzo di cui sopra.
4 Su questo Blog: “Eurozona in semestre greco”, 01/2015, pag. 1.
5 ESM: European Stabilty Mechanism, Meccanismo Europeo di Stabilità, detto anche Fondo salva Stati.
6 Su questo Blog: “La corda del debito e il nodo scorsoio”, 02/2015, pagg. 2-3.

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