venerdì 17 aprile 2020

Coronabond o Italexit?

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In Europa era già in viaggio una recessione quando la pandemia è subentrata in modo prorompente, sovrapponendosi ad essa. Ora incombe il pericolo di una depressione, dalle dure conseguenze economiche e sociali, in particolare per il nostro Paese.

L'antecedente fenomeno recessivo, riconducibile a cause “interne”, è passato in secondo piano sino a venire dimenticato. Di contro il coronavirus viene sbrigativamente catalogato come un fenomeno “esterno”, “naturale”, estraneo alla base agro-alimentare del modello economico dominante.

In fase di ricostruzione queste “dimenticanze” ed errate attribuzioni potrebbero pesare negativamente sulle scelte.
Nell'immediato tutto pare addensarsi sul dilemma se l'Europa emetterà o meno i famosi coronabond, cioè titoli europei per l'emergenza, con creazione di debito indistintamente condiviso dagli Stati membri.
Il premier italiano Conte ne ha fatto la cartina tornasole della volontà politica dei Paesi core – Germania e suoi alleati - di costruire veramente l'Europa o, invece, di segnarne virtualmente la fine. Ha posto la scelta sul piano dell'imperativo morale nel momento del bisogno, al cui cospetto sottrarsi al dovere della solidarietà invaliderebbe ogni fondamento dell'Unione. Non ha espressamente minacciato la Italexit, ma quel “faremo da soli” in caso di diniego può lasciarlo intendere.
Subito dopo l'ultimo vertice intergovernativo ed in attesa della prossima riunione del Consiglio europeo, il 23 aprile - durante il quale si dovrà prendere una qualche decisione in merito sia sull'accordo raggiunto dai ministri delle finanze (Eurogruppo) sia sui coronabond -, la scontro politico si è inasprito.
Lega e Fd'I hanno gridato al tradimento nazionale, perché all'Eurogruppo il governo avrebbe accettato di attivare il Fondo salva-Stati (MES). Conte ha reagito sia negando di aver mai sottoscritto impegni in tal senso, sia accusando i suoi accusatori di essere responsabili del MES oggi in vigore, elaborato ed accettato dal governo Berlusconi di cui erano parte integrante. Fatto poi pubblicamente confermato dal suo immediato successore a capo del governo, Mario Monti, in un'intervista al Corriere della Sera.
Ne è seguito un parapiglia mediatico in cui Salvini e Meloni, supposte vittime di un agguato televisivo, hanno cercato di annegare le loro compromissioni.
Sennonché proprio le successive dichiarazioni di Silvio Berlusconi, favorevole al MES soft - che sarebbe privo delle condizioni imposte alla Grecia - hanno indirettamente convalidato la versione di Conte, schierando una componente della coalizione di destra a difesa delle strumentazioni e dei meccanismi di debito attualmente in vigore nella zona euro e nell'Unione.
Mentre Crimi ribadiva l'avversione del M5S al MES sotto qualsiasi forma, giacché comunque il suo credito è sottoposto alle regole capestro fissate dai Trattati, Renzi Prodi e Zingaretti, in sintonia con Berlusconi, si sono detti favorevoli alla sua versione soft. Conti ha sedato la evidente lite in seno al governo, rimandando ogni valutazione sul MES a come verrà in concreto riproposto in sede europea.
Eppure, perché difendere questo meccanismo la cui sola evocazione a fatto innalzare lo spread?
La domanda può avere una sola risposta: vorrebbero ci preparassimo ad accettare una qualche mediazione come il minore dei mali, per scongiurare una frattura nell'Unione che farebbe un favore solo agli opposti “sovranismi” e “populismi”. In buona sostanza: l'Italia dovrebbe accontentarsi di quel che passa il convento e farselo bastare, evitando di “fare da sola”.
Decisamente contrari a firmare l'accordo raggiunto dall'Eurogruppo, si sono invece detti 101 economisti,[1]1 tra i quali Jean-Paul Fitoussi, i quali, peraltro, citano le recenti prese di posizione di Mario Draghi.
«L’eccezionalità delle circostanze dovrebbe far prendere in esame provvedimenti eccezionali, che dovrebbero avere almeno due caratteristiche essenziali: - essere attivabili in tempi il più possibile brevi; - ridurre al minimo possibile l’aumento dell’indebitamento degli Stati, già destinato inevitabilmente a crescere per finanziare gli interventi indifferibili per ridurre i danni della crisi.
La sola opzione che risponda a questi due requisiti è il finanziamento monetario di una parte rilevante delle spese necessarie da parte della Banca centrale europea. Si tratta di una opzione esplicitamente vietata dai Trattati europei. (...)»
In mancanza di una sospensione dei Trattati, legalmente possibile, e dell'affidamento alla Bce del finanziamento monetario : «la strada meno dannosa sarebbe quella di dare seguito a ciò che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto di recente: per questa emergenza, “Faremo da soli”.»
Come si vede, non è solo questione di coronabond o eurobond, ma di “stampare” moneta per quanto necessario, imitando ciò che già fanno, o si apprestano a fare, le banche centrali degli Stati Uniti, del Giappone e del Regno Unito. [2]2
In caso di rifiuto, fare da soli è il minore dei mali.
Ma fare da soli è possibile senza Italexit?
Note
1Ue, l’accordo all’anno zero”, appello del 14 aprile, pubblicato da MicroMega.net.
2 Osservazione: poiché l'Ue non è uno Stato federale, la “nuova” Bce a quale governo corrisponderebbe?

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