giovedì 19 aprile 2018

Lo stappo

Post elezioni

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Lo stappo

Prendendo spunto dalla manifestazione Vinitaly, la vignetta di Giannelli1 ha fornito una sintesi piuttosto efficace della particolare situazione in cui si è venuta a trovare la formazione del nuovo governo della Repubblica. È alla legge elettorale Rosatellum che risale la predisposizione di quel “tappo” che impedisce il governo M5S-Lega. Ciò accade, nonostante queste due forze abbiano vinto le elezioni. Illuminanti particolari: il tappo poggia proprio sulla testa di Salvini; Di Maio e Salvini sono “imbottigliati all'origine”.
Alla malaparata
Al contrario di quanto sostiene Marco Travaglio, il Rosatellum2 non è stato contraddetto dal voto dal momento che “persino il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”. In realtà il nuovo sistema elettorale era congegnato non solo e non tanto per favorire i partiti dell'inciucio (PD e FI), quanto, alla malaparata, per impedire alle forze populiste, M5S e Lega, di governare seppur vittoriose.
La “trovata” strategica iniziale fu di indurre Salvini, con la golosa prospettiva di accaparrarsi molti seggi nell'uninominale, ad ingabbiarsi nell'alleanza con Berlusconi (e Meloni), in quello che Di Maio definisce “schema di centro-destra”. Uno schema che, a dispetto del comune indirizzo economico liberista, conteneva sin dall'inizio due tendenze3 in divergente contraddizione:
- all'accordo con il PD renziano in continuità con gli ultimi governi, lealista con la finanza dominante e verso l'Europa a trazione tedesca;
- a rompere con governi di più o meno larghe intese, euroscettica e populista, contraria all'euro ed ai tecno-burocrati di Bruxelles.
Una volta incastrato nei meccanismi dell'alleanza con Berlusconi, anche se quest'ultimo ne avesse perso la leadership, Salvini si sarebbe trovato nella scomodissima posizione di chi, nel caso e pur di andare al governo con M5S, rompeva un patto santificato dal voto. Questo fu il risvolto per Salvini di scegliere un vantaggio immediato a dispetto di un futuro svantaggio. D'altro canto, il sistema che favoriva le coalizioni, raccattavoti anche con liste civetta, non contemplava il voto disgiunto,4 mentre consegnava la nomina delle candidature alle segreterie di partito. Il che, sempre in caso di sconfitta, avrebbe oltremodo reso difficile al PD di sbarazzarsi di Renzi per rendersi disponibile ad un accordo con 5 Stelle.
Per forze come PD e FI, che per anni si sono ammantate di “senso di responsabilità”, l'esser giunte alla perversione di ideare un sistema elettorale per impedire ai vincenti di governare tramite classiche mediazioni istituzionali, è la massima negazione dei principi politici liberali di cui si dicono portatori. Ma tant'è: col liberalismo reale abbiamo a che fare, non con altro.
Pericoli prevedibili
Benché la seconda Repubblica sia abortita a seguito di due referendum che hanno bocciato riforme costituzionali autoritarie, Di Maio parla di avvento della terza Repubblica, la quale sarebbe inibita dall'incapacità (impossibilità?) di Salvini di liberarsi dalla tutela berlusconiana. Tuttavia, nonostante lo “stappo” presenti forti pericoli derivanti dall'inclusione al governo di tendenze xenofobe, razziste e neo-fasciste, le restanti due alternative
    o sono marcatamente segnate dalla continuità di politiche antipopolari all'interno e di subalternità nazionale verso l'esterno, o rischiano di esserlo.
Salvo mirabolanti invenzioni, l'alternativa ad un governo del presidente, di larghissime intese, è rappresentata solo da un governo M5S-PD-LeU. Dopo le ultime prese di posizione di Di Maio su Europa e Siria, pure Napolitano, Cassese e Casini sono inclini a “sdoganare” M5S. Sicché incombe il pericolo paventato da Montanari:
«Se il rapporto tra Cinque Stelle e Pd, invece di far cambiare il Pd, facesse cambiare i 5 Stelle, lasciando solo la Lega a rappresentare chi è contro questo orrendo sistema, allora sarebbe un disastro.»5
Poco prima Montanari aveva premesso che i 5 Stelle e la Lega sono diventati di fatto i partiti delle classi subalterne, anche grazie ad un voto nel quale era tornata ad esprimersi la dimenticata lotta di classe.
Pur se tardive, non posso che compiacermi di queste ammissioni, alle quali dovremo dare un seguito, che non sia quello di pregare affinché il disastro non prevalga.
Note
1 Giannelli, Corriere della Sera, 16 aprile 2018.
2 Dal nome del suo relatore Ettore Rosato, è la legge che disciplina l'elezione della Camera e del Senato. Ufficialmente legge 3/11/2017, n. 165, è stata varata da PD, FI e Lega Nord.
3 Esse non coincidono esattamente con FI e Lega, in quanto FI può contare su una corrente interna alla Lega e viceversa.
4 Che permette di votare per un partito e per un candidato non necessariamente di quel partito. È detto anche alla tedesca.
5 Tommaso. Montanari, “Siria, la guerra che cambia il M5S”, il Fatto Quotidiano, 17 aprile 2018.

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