martedì 15 maggio 2018

La Repubblica che non c'è

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che non c'è


La seconda Repubblica muore restando incompiuta. La ripresa della sovranità nazionale, democratica e costituzionale contro l'Europa della finanza ad egemonia tedesca e francese, unico antidoto alle divisioni territoriali, alla decadenza, al nazionalismo xenofobo e neo-fascista. Verso la III Repubblica.

Breve storia di un fallimento
Ci fu detto che, con il prevalere del liberalismo economico, la caduta del Muro, la crisi dei partiti del dopoguerra e quant'altro, saremmo entrati nella seconda Repubblica. Con essa sarebbe cessata l'anomalia italiana e avremmo finalmente goduto di una sana alternanza di governo, come nelle “più avanzate democrazie occidentali”, facilitata da una legge elettorale maggioritaria grazie alla quale “la sera delle elezioni si sa chi ha vinto”.
Senonché, a causa di inspiegati motivi, le cose non sono andate affatto in questa direzione.
Nella nuova Repubblica, non solo il numero dei partiti non diminuisce, ma l'impresa di coalizzarli in due poli (centro-sinistra e centro-destra) dà origine a confuse ammucchiate. Forzati all'unione, i partiti non smettono di litigare anche una volta al governo. Fatto rilevante, pur alternandosi al potere e declamando reciproche differenze, le due coalizioni finiscono per seguire le stesse politiche che penalizzano il lavoro, quasi tutto il lavoro, e favoriscono il grande capitale a vocazione finanziaria.
Quando scoppia la crisi del 2007-2008 le criticità si accentuano. Alle elezioni del 2013 spunta un terzo incomodo, il M5S. Il bipolarismo entra in crisi e pure il sistema elettorale maggioritario (l'incostituzionale Porcellum) non garantisce una maggioranza di governo. Così nascono esecutivi di più o meno larghe intese che rendono ancor più indistinguibili sinistra e destra, semmai in pochi anni di alternanza fosse rimasta qualche percepibile differenza.
Galvanizzato dal successo del PD alle europee del 2014, il premier Matteo Renzi vara una riforma costituzionale con annessa legge elettorale (l'incostituzionale Italicum) di impronta gollista, andando incontro ad una cocente sconfitta nel dicembre del 2016. Poiché dieci anni prima una riforma similare, proposta dal centro-destra, subì la stessa sorte, si può affermare con certezza che la maggioranza del popolo italiano non vuole rinunciare alla Costituzione della prima Repubblica. Ergo: la seconda si avvia alla fine restando incompiuta.

SECONDO GUSTAVO ZAGREBELSKY

Sostituire il Rosatellum

«Un governo di coalizione su pochi punti (…) E un Parlamento che sostituisca il Rosatellum con una legge proporzionale a preferenza unica, senza liste bloccate di nominati né paracadutati con le famigerate multicandidature, che ci restituisca un Parlamento di veri eletti dai cittadini, quindi capace di autonomia. I quali poi diano vita a coalizioni omogenee e, a fine legislatura, ne rispondano agli elettori.»
Tre poli
«Il 3 è il numero perfetto anche per il pensiero costituzionale: la cifra dell'equilibrio dinamico che garantisce tutti. Se in parlamento hai tre forze, due potrebbero accordarsi per eliminare la terza, ma poi si piomberebbe nel numero 2: la stasis e lo scontro. Invece conviene a tutti che esista sempre una terza forza, a garanzia delle altre due, contro l'esplodere del conflitto radicale.»
Il fare e l'essere
«é vero che i problemi non sono né di destra né di sinistra. Ma le soluzioni lo sono, eccome. La sicurezza urbana, la gestione dei flussi migratori, la questione fiscale, il tema del lavoro sono problemi che tutti devono porsi: ma il modo di risolverli non è uguale a seconda che li si guardi da destra o da sinistra. Il fare dipende dall'essere, che non si ricava dalle enunciazioni programmatiche.»

*Dall'intervista di Marco Travaglio, “Eversivo l'Aventino di Renzi – Nel proporzionale ci si allea”, il Fatto Quotidiano, 1/5/2018.
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Perversioni elettorali
Se una Repubblica dall'esecutivo troppo forte è rifiutata dalla maggioranza e le leggi elettorali maggioritarie di “governabilità” hanno fatto fiasco, con l'emergere di una terza forza politica e la conseguente fine del bipolarismo, appare d'obbligo il ritorno al proporzionale.
Tutti sembrano adeguarsi a questo inevitabile ritorno e, in un primo momento, si guarda al modello tedesco. Ma il sistema elettorale ritagliato ad hoc, dopo che in commissione era stato purgato dal voto disgiunto vigente in Germania, viene fatto saltare in aula dal PD. Quanto fossero capziose le motivazioni addotte per cassare il Tedeschellum, lo si accerta quando lo stesso PD e FI si accordano sul Rosatellum, ottenendone poi l'approvazione interessata della Lega.
La legge elettorale attualmente in vigore, il Rosatellum, presenta aspetti di incostituzionalità, eppure, al pari del Porcellum, venne validata senza che il Capo dello Stato avanzasse pubbliche riserve, in un clima di generale voluta indifferenza.
Poiché i suoi ideatori subiranno un pesante smacco alle elezioni di marzo, sono in molti a pensare alla “eterogenesi dei fini”,1 o all'avverarsi del famoso proverbio per il quale “il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”. Fatta per fregare i populisti antisistema, la legge su misura del proprio tornaconto produce invece il risultato opposto.

D'altro canto, da tre partiti pro-maggioritario non poteva che nascere un proporzionale perverso, congegnato in modo tale da impedire al M5S (proporzionalista), se avesse avuto successo, di vincere.
Nel Rosatellum prevalse, più che la volontà di affermarsi, il riposto proposito di impedire ai vincitori di governare. A conferma delle vere finalità del Rosatellum, basta dare un'occhiata ai principali giornali, dopo il pronunciamento del presidente Mattarella del 7 maggio a favore di un governo neutrale. Gridano, qualunquisticamente, alla “irresponsabilità di tutti i partiti” e finiscono per caldeggiare il rifiuto delle urne. Piuttosto del cambiamento, meglio una democrazia senza popolo?
PD e FI misero in conto l'affermazione della Lega all'uninominale nelle aree settentrionali, come prezzo da pagare in cambio del suo appoggio alla legge Rosati e dell'assunzione del vincolo di coalizione nel centro-destra. Sicché, una volta ingabbiato Salvini, attratto anche dall'idea di cannibalizzare FI restandole avvinghiata, solo l'inverosimile raggiungimento del 40% da parte dei Cinque Stelle avrebbe permesso loro di governare in solitudine. Di contro, l'altro forno sarebbe rimasto sicuramente chiuso, essendo i parlamentari del PD vincolati al capo che li ha nominati. Pertanto, il lungo stallo post elettorale è in buona parte dovuto alle perversioni del Rosatellum, consistenti:
  • nella possibilità di formare coalizioni vincolanti prima del voto e non dopo il voto, come è nella logica del proporzionale;
  • nelle nomine dei candidati su listini bloccati dalle segreterie di partito, garantite dalle multi-candidature e non liberi di scegliere una volta eletti.
A questo proposito la proposta elettorale di Zagrebelsky coglieva solo parzialmente nel segno.
Nel passaggio
Come sostiene Zagrebelsky, il proporzionale è più aderente alle pluralità politiche, culturali e sociali presenti nel Paese, insomma al nostro DNA. Al tempo stesso, il tripolarismo pare il più rispondente alla nostra Costituzione anche materiale.
Sono ragionamenti sulle istituzioni politiche di sicura ratio democratica che, tuttavia, non colgono il passaggio nel quale siamo coinvolti. Per capirlo serve ancor meno fare ricorso al vecchio paradigma interpretativo destra-sinistra.
Per quali motivi il sistema bipolare abbinato al maggioritario e la seconda Repubblica, incompiuta sul piano costituzionale, sono andati al fallimento?
Essenzialmente perché, oltre a forzare all'unione partiti discordanti (le “ammucchiate”), mostrarono che i governi ai quali davano origine finivano, anche quando si alternavano, per seguire le stesse politiche antipopolari a cospetto della crisi economica, dell'Europa e della globalizzazione.
Pertanto la vera linea di demarcazione in questo momento non passa tra destra e sinistra, ammesso che siano distinguibili non idealmente ma praticamente. Passa tra “populisti euroscettici anti-sistema” e partiti dell'ancien régime. Questi ultimi sono schierati con i poteri forti finanziari e sono fautori della permanente cessione alle oligarchie europee di rilevanti quote di sovranità nazionale, senza le quali la sovranità popolare e costituzionale non ha un luogo vivo e concreto in cui esistere. E d'appresso non lo ha neppure la lotta di classe nelle sue forme più partecipate e politicamente avanzate.
Sfuggendo a questo passaggio, giocare a fare la sinistra più a sinistra non ottiene alcun seguito: non morde la realtà.2 M5S e Lega hanno raccolto un così ampio consenso perché hanno saputo collegare la durezza del disagio sociale interno alla questione nazionale in Europa e nel mondo. Andrebbero, di conseguenza, incalzati sui vincoli ai quali non riescono a sottrarsi: quello interno italiano della Lega verso Berlusconi;3 quello esterno europeo che vede incerto il M5S, non a caso pressato dal presidente Mattarella, fattosi garante dei trattati internazionali.
Gridare al nazionalismo, alla xenofobia ed alla fascistizzazione, non difendendo la sovranità nazionale nella quale si esercita, in molteplici forme, la volontà popolare, produce solo preservazione degli attuali assetti di potere. Assetti che, in Europa, ingabbiano nella moneta unica e nell'austerità ordo-liberista territori e Paesi, riducendoli a periferie di un centro “a trazione tedesca” e, nell'ambizione di Macron, francese. Il primo nazionalismo da contrastare è quello che pretende egemonia sull'Ue.
Guardare ora all'eventuale governo M5S-Lega con la “puzza sotto il naso”4 condanna chi lo fa ad estraniarsi, a rimanere attaccato a sostantivi senza sostanza, a coltivare un essere politico privo di aderenza sociale e capacità di fare.
È in questo passaggio repubblicano che una forza per il socialismo e la pace non può rinunciare ad esserci e ritrovarsi.

Note:
1 Tra i quali Massimo Cacciari, mentre Marco Travaglio ha scritto del “diavolo (che) fa le pentole ma non i coperchi”.
2 Alle ultime politiche, il risultato di Liberi e Uguali è stato assai al di sotto delle attese, mentre Potere al Popolo ha raccolto circa la metà dei suffragi che a suo tempo furono destinati all'Altra Europa per Tsipras.
3 Un vincolo interno che pure richiama quello esterno, vista la dichiarata fedeltà di FI alla linea del partito popolare europeo.
4 Un esempio di questo atteggiamento è dato da Norma Rangeri del Manifesto, quando definisce il M5S “un partito di centro radicalizzato”. Cosa sarebbero mai i Cinque Stelle? Democristiani en colére?


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