che non c'è
La
seconda Repubblica muore restando incompiuta. La ripresa della
sovranità nazionale, democratica e costituzionale contro l'Europa
della finanza ad egemonia tedesca e francese, unico antidoto alle
divisioni territoriali, alla decadenza, al nazionalismo xenofobo e
neo-fascista. Verso la III Repubblica.
Breve
storia di un fallimento
Ci
fu detto che, con il prevalere del liberalismo economico, la caduta
del Muro, la crisi dei partiti del dopoguerra e quant'altro, saremmo
entrati nella seconda Repubblica. Con essa sarebbe cessata l'anomalia
italiana e avremmo finalmente goduto di una sana alternanza di
governo, come nelle “più avanzate democrazie occidentali”,
facilitata da una legge elettorale maggioritaria grazie alla quale
“la sera delle elezioni si sa chi ha vinto”.
Senonché,
a causa di inspiegati motivi, le cose non sono andate affatto in
questa direzione.
Nella
nuova Repubblica, non solo il numero dei partiti non diminuisce, ma
l'impresa di coalizzarli in due poli (centro-sinistra e
centro-destra) dà origine a confuse ammucchiate. Forzati all'unione,
i partiti non smettono di litigare anche una volta al governo. Fatto
rilevante, pur alternandosi al potere e declamando reciproche
differenze, le due coalizioni finiscono per seguire le stesse
politiche che penalizzano il lavoro, quasi tutto il lavoro, e
favoriscono il grande capitale a vocazione finanziaria.
Quando
scoppia la crisi del 2007-2008 le criticità si accentuano. Alle
elezioni del 2013 spunta un terzo incomodo, il M5S. Il bipolarismo
entra in crisi e pure il sistema elettorale maggioritario
(l'incostituzionale Porcellum) non garantisce una maggioranza di
governo. Così nascono esecutivi di più o meno larghe intese che
rendono ancor più indistinguibili sinistra e destra, semmai in pochi
anni di alternanza fosse rimasta qualche percepibile differenza.
Galvanizzato dal successo
del PD alle europee del 2014, il premier Matteo Renzi vara una
riforma costituzionale con annessa legge elettorale
(l'incostituzionale Italicum) di impronta gollista, andando incontro
ad una cocente sconfitta nel dicembre del 2016. Poiché dieci anni
prima una riforma similare, proposta dal centro-destra, subì la
stessa sorte, si può affermare con certezza che la maggioranza del
popolo italiano non vuole rinunciare alla Costituzione della prima
Repubblica. Ergo: la seconda si avvia alla fine restando incompiuta.
SECONDO
GUSTAVO ZAGREBELSKY
Sostituire
il Rosatellum
«Un
governo di coalizione su pochi punti (…) E un Parlamento che
sostituisca il Rosatellum con una legge proporzionale a preferenza
unica, senza liste bloccate di nominati né paracadutati con le
famigerate multicandidature, che ci restituisca un Parlamento di veri
eletti dai cittadini, quindi capace di autonomia. I quali poi diano
vita a coalizioni omogenee e, a fine legislatura, ne rispondano agli
elettori.»
Tre
poli
«Il
3 è il numero perfetto anche per il pensiero costituzionale: la
cifra dell'equilibrio dinamico che garantisce tutti. Se in parlamento
hai tre forze, due potrebbero accordarsi per eliminare la terza, ma
poi si piomberebbe nel numero 2: la stasis e lo scontro.
Invece conviene a tutti che esista sempre una terza forza, a garanzia
delle altre due, contro l'esplodere del conflitto radicale.»
Il
fare e l'essere
«é
vero
che i problemi non sono né di destra né di sinistra. Ma le
soluzioni lo sono, eccome. La sicurezza urbana, la gestione dei
flussi migratori, la questione fiscale, il tema del lavoro sono
problemi che tutti devono porsi: ma il modo di risolverli non è
uguale a seconda che li si guardi da destra o da sinistra. Il fare
dipende dall'essere, che non si ricava dalle enunciazioni
programmatiche.»
*Dall'intervista
di Marco Travaglio, “Eversivo l'Aventino di Renzi – Nel
proporzionale ci si allea”, il Fatto Quotidiano, 1/5/2018.
_______________________________________________________
Perversioni
elettorali
Se
una Repubblica dall'esecutivo troppo forte è rifiutata dalla
maggioranza e le leggi elettorali maggioritarie di “governabilità”
hanno fatto fiasco, con l'emergere di una terza forza politica e la
conseguente fine del bipolarismo, appare d'obbligo il ritorno al
proporzionale.
Tutti
sembrano adeguarsi a questo inevitabile ritorno e, in un primo
momento, si guarda al modello tedesco. Ma il sistema elettorale
ritagliato ad hoc, dopo che in commissione era stato purgato
dal voto disgiunto vigente in Germania, viene fatto saltare in aula
dal PD. Quanto fossero capziose le motivazioni addotte per cassare il
Tedeschellum, lo si accerta quando lo stesso PD e FI si accordano sul
Rosatellum, ottenendone poi l'approvazione interessata della Lega.
La
legge elettorale attualmente in vigore, il Rosatellum, presenta
aspetti di incostituzionalità, eppure, al pari del Porcellum, venne
validata senza che il Capo dello Stato avanzasse pubbliche riserve,
in un clima di generale voluta indifferenza.
Poiché
i suoi ideatori subiranno un pesante smacco alle elezioni di marzo,
sono in molti a pensare alla “eterogenesi dei fini”,1
o all'avverarsi del famoso proverbio per il quale “il diavolo fa le
pentole ma non i coperchi”. Fatta per fregare i populisti
antisistema, la legge su misura del proprio tornaconto produce invece
il risultato opposto.
D'altro
canto, da tre partiti pro-maggioritario non poteva che nascere un
proporzionale perverso, congegnato in modo tale da impedire al M5S
(proporzionalista), se avesse avuto successo, di vincere.
Nel
Rosatellum prevalse, più che la volontà di affermarsi, il riposto
proposito di impedire ai vincitori di governare. A conferma delle
vere finalità del Rosatellum, basta dare un'occhiata ai principali
giornali, dopo il pronunciamento del presidente Mattarella del 7
maggio a favore di un governo neutrale. Gridano, qualunquisticamente,
alla “irresponsabilità di tutti i partiti” e finiscono per
caldeggiare il rifiuto delle urne. Piuttosto del cambiamento, meglio
una democrazia senza popolo?
PD e
FI misero in conto l'affermazione della Lega all'uninominale nelle
aree settentrionali, come prezzo da pagare in cambio del suo appoggio
alla legge Rosati e dell'assunzione del vincolo di coalizione nel
centro-destra. Sicché, una volta ingabbiato Salvini, attratto anche
dall'idea di cannibalizzare FI restandole avvinghiata, solo
l'inverosimile raggiungimento del 40% da parte dei Cinque Stelle
avrebbe permesso loro di governare in solitudine. Di contro, l'altro
forno sarebbe rimasto sicuramente chiuso, essendo i parlamentari del
PD vincolati al capo che li ha nominati. Pertanto, il lungo stallo
post elettorale è in buona parte dovuto alle perversioni del
Rosatellum, consistenti:
- nella possibilità di formare coalizioni vincolanti prima del voto e non dopo il voto, come è nella logica del proporzionale;
- nelle nomine dei candidati su listini bloccati dalle segreterie di partito, garantite dalle multi-candidature e non liberi di scegliere una volta eletti.
A
questo proposito la proposta elettorale di Zagrebelsky coglieva solo
parzialmente nel segno.
Nel
passaggio
Come
sostiene Zagrebelsky, il proporzionale è più aderente alle
pluralità politiche, culturali e sociali presenti nel Paese, insomma
al nostro DNA. Al tempo stesso, il tripolarismo pare il più
rispondente alla nostra Costituzione anche materiale.
Sono
ragionamenti sulle istituzioni politiche di sicura ratio
democratica che, tuttavia, non colgono il passaggio nel quale siamo
coinvolti. Per capirlo serve ancor meno fare ricorso al vecchio
paradigma interpretativo destra-sinistra.
Per
quali motivi il sistema bipolare abbinato al maggioritario e la
seconda Repubblica, incompiuta sul piano costituzionale, sono andati
al fallimento?
Essenzialmente
perché, oltre a forzare all'unione partiti discordanti (le
“ammucchiate”), mostrarono che i governi ai quali davano origine
finivano, anche quando si alternavano, per seguire le stesse
politiche antipopolari a cospetto della crisi economica, dell'Europa
e della globalizzazione.
Pertanto
la vera linea di demarcazione in questo momento non passa tra destra
e sinistra, ammesso che siano distinguibili non idealmente ma
praticamente. Passa tra “populisti euroscettici anti-sistema” e
partiti dell'ancien régime. Questi ultimi sono schierati con
i poteri forti finanziari e sono fautori della permanente cessione
alle oligarchie europee di rilevanti quote di sovranità nazionale,
senza le quali la sovranità popolare e costituzionale non ha un
luogo vivo e concreto in cui esistere. E d'appresso non lo ha neppure
la lotta di classe nelle sue forme più partecipate e politicamente
avanzate.
Sfuggendo
a questo passaggio, giocare a fare la sinistra più a sinistra non
ottiene alcun seguito: non morde la realtà.2
M5S e Lega hanno raccolto un così ampio consenso perché hanno
saputo collegare la durezza del disagio sociale interno alla
questione nazionale in Europa e nel mondo. Andrebbero, di
conseguenza, incalzati sui vincoli ai quali non riescono a sottrarsi:
quello interno italiano della Lega verso Berlusconi;3
quello esterno europeo che vede incerto il M5S, non a caso pressato
dal presidente Mattarella, fattosi garante dei trattati
internazionali.
Gridare
al nazionalismo, alla xenofobia ed alla fascistizzazione, non
difendendo la sovranità nazionale nella quale si esercita, in
molteplici forme, la volontà popolare, produce solo preservazione
degli attuali assetti di potere. Assetti che, in Europa, ingabbiano
nella moneta unica e nell'austerità ordo-liberista territori e
Paesi, riducendoli a periferie di un centro “a trazione tedesca”
e, nell'ambizione di Macron, francese. Il primo nazionalismo da
contrastare è quello che pretende egemonia sull'Ue.
Guardare
ora all'eventuale governo M5S-Lega con la “puzza sotto il naso”4
condanna chi lo fa ad estraniarsi, a rimanere attaccato a sostantivi
senza sostanza, a coltivare un essere politico privo di aderenza
sociale e capacità di fare.
È
in questo passaggio repubblicano che una forza per il socialismo e la
pace non
può rinunciare ad esserci e ritrovarsi.
Note:
1
Tra i quali Massimo Cacciari, mentre Marco Travaglio ha scritto del
“diavolo (che) fa le pentole ma non i coperchi”.
2
Alle ultime politiche, il risultato di Liberi e Uguali è stato
assai al di sotto delle attese, mentre Potere al Popolo ha raccolto
circa la metà dei suffragi che a suo tempo furono destinati
all'Altra Europa per Tsipras.
3
Un vincolo interno che pure richiama quello esterno, vista la
dichiarata fedeltà di FI alla linea del partito popolare europeo.
4
Un esempio di questo atteggiamento è dato da Norma Rangeri del
Manifesto, quando definisce il M5S “un partito di centro
radicalizzato”. Cosa sarebbero mai i Cinque Stelle?
Democristiani en colére?
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