sabato 10 settembre 2016

Il paziente inglese

[Clicca sul titolo qui sotto se vuoi scaricare l'articolo in formato PDF]



Pur godendo di diritti speciali, il Regno Unito esce dall'Unione Europea. Ciò che, per far vincere il remain, il suo governo aveva chiesto e quanto ottenne. Un confronto rivelatore.


Il paziente inglese se ne va dall'Europa in cui si era alfine ricoverato, vincendo il proprio scetticismo.
Per convincerlo a restare non gli sono bastati l'alloggio nella suite reale, con vista sui suoi antichi dominii, e premurosi infermieri al suo solo servizio, né la facoltà speciale di rifiutare le amare pillole somministrate a tutti i pazienti dai medici teutonici.
Non amava la compagnia degli altri ospiti per la numerosa presenza dei loro parenti? O, addirittura, aveva in sospetto i medici? Forse era proprio l'Istituzione a non andargli a genio.
Potenza chiave
Sino all'esito del referendum popolare, la Gran Bretagna era ritenuta una delle “potenze chiave” nella costruzione dell'Unione Europea. Dalla portaerei Garibaldi1 nel mare di Ventotene apprendiamo, invece, che se ne può fare a meno. Anzi, non tutto il male vien per nuocere: l'integrazione europea potrebbe avanzare più spedita, non dovendo più attardarsi a rimuovere i continui ostacoli frapposti da quel Paese, da sempre euroscettico, all'avanzamento dell'Unione.
Inutile nascondere, però, quanto grande sia la “delusione” e la “preoccupazione” per il cambio di tendenza: dall'allargamento ad Est al restringimento ad Ovest...
La Brexit ha posto fine ad una lunga relazione. Dal 1° gennaio del 1973 lo United Kingdom era membro della CEE. Nel 1975, sotto il governo del laburista Harold Wilson, si tenne il primo referendum, a lungo rimasto unico, con chiara domanda: pensi che il Regno Unito dovrebbe stare nella Comunità Europea (Mercato Comune)? Vinse il Sì con circa il 70% dei voti.
Sono passati più di quarant'anni, durante i quali la Gran Bretagna ha goduto di uno statuto speciale.
Prima di chiederne di ulteriori, per meglio affrontare l'appuntamento referendario, credendo in tal modo di evitare l'exit, Londra si avvaleva di particolari condizioni, le cosiddette opt-out2. Non apparteneva alla zona euro (esenzione del 1992), continuando a battere moneta propria, la sterlina, con una Banca centrale autonoma dalla Bce. Non aveva aderito all'area Schengen, ovvero alla libera circolazione delle persone nel territorio dell'Unione, e alla Carta dei diritti3. Scontato che mantenesse il proprio sistema di giustizia basato sulla common law4.
Nel luglio del 2011 il governo britannico aveva ottenuto di non recepire, senza sottoporle preventivamente ad un referendum, eventuali delibere di Bruxeles che contemplassero un trasferimento di sovranità dagli Stati nazionali alle istituzioni comunitarie.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------

Le 4 richieste di Cameron

«(…) Cameron (…) volendo evitare il rischio di una Brexit, intendeva rinegoziare le condizioni dell'adesione del Regno Unito all'Unione Europea. E aveva perciò avanzato quattro richieste a Bruxelles: in primo luogo, la possibilità per Londra di chiamarsi fuori dalla clausola dei trattati che prevede la partecipazione a un'Unione sempre più “stretta”, e ciò in aggiunta agli opt-out già in atto su euro, Schengen, giustizia e Carta dei diritti; in secondo luogo, garanzie certe che le misure d'emergenza per la salvaguardia finanziaria dell'Eurozona non avrebbero implicato in alcun modo responsabilità di bilancio per l'Inghilterra, oltre al fatto che la sterlina avrebbe continuato a godere di condizioni analoghe a quelle dell'euro qualora i paesi a divisa comune si fossero integrati ulteriormente; al terzo posto, l'attribuzione di un ruolo più incisivo ai Parlamenti nazionali, per cui essi potrebbero (con una maggioranza del 55 per cento) respingere le leggi europee e bloccare le direttive della Commissione di Bruxelles; infine, la sospensione dell'accesso ai sussidi di disoccupazione e ad altri benfits del welfare per i cittadini di altri paesi della Ue per i primi quattro anni della loro residenza nel Regno Unito, oltre a una limitazione a sei mesi del permesso di soggiorno qualora non avessero trovato nel frattempo un posto di lavoro.»
[sottolineatore mie]

da Valerio Castronovo, “L'Europa e la rinascita dei nazionalismi”, Laterza, giugno 2016, pagg. 174-175.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
No problems, David, but...
Scrive Valerio Castronovo nel suo ultimo libro5, uscito appena prima della Brexit, che David Cameron, per rafforzare il consenso al remain, avanzò quattro richieste [vedi riquadro dedicato in pagina] che «difficilmente Bruxelles avrebbe potuto accogliere tutte».
L'accettazione della prima richiesta era scontata, giacché Londra aveva sempre escluso di aderire ad una sorta di “superstato europeo”. Sulla seconda, si poteva essere “comprensivi” verso la ritrosia britannica a dover cacciare quattrini (“responsabilità di bilancio”) per aiutare i Paesi in difficoltà dell'Unione, visto che non partecipava all'Eurozona. Ma, secondo Castronovo: «Non era affatto pensabile che i singoli Parlamenti nazionali venissero abilitati a esercitare persino un diritto di veto nei confronti della legislazione comunitaria, e che il congelamento dei benefici del welfare introducesse in pratica una discriminazione fra i diritti dei cittadini britannici e quelli europei, come se questi ultimi fossero di seconda serie.»
Detta in altri termini: “Caro David, niente da ridire sulla tua posizione riguardo all'integrazione politica, visto che anche la Francia il “superstato” non l'ha mai voluto; nulla da eccepire al tuo rifiuto di condividere rischi e debiti dell'eurozona, visto che pure la Germania, prima beneficiaria della moneta unica (salvo boomerangs venturi), non ne vuole sapere; ma sul diritto di veto dei Parlamenti persino nei confronti della legislazione comunitaria e sul diritto in tutta l'Unione ad un trattamento paritario di tutti i cittadini comunitari non possiamo proprio venirti incontro.”
E, invece, guarda caso, dei due diritti in bilico, quello sociale, riguardante il welfare dei lavoratori immigrati dagli altri Paesi dell'Unione, fu bellamente cassato. Che ne fu della cittadinanza europea, su cui fondare la nuova identità costitutiva dell'Unione?
A quanto pare l'idea di introdurre una cittadinanza di serie B (di lavoratori immigrati) in Gran Bretagna, un esempio che sarebbe stato presto seguito da altri richiedenti analoga “opzione”, non sconvolse più di tanto i pragmatici costruttori d'Europa, tra cui il governo italiano. Si dissero contrari, eppure assecondarono il governo inglese: in fondo la cittadinanza europea non è che una cittadinanza di secondo livello, derivante dalla prima, del proprio Stato-nazione.
Fu l'altra e più pericolosa “opzione” a dover restare assolutamente inagibile. Sicché venne perentoriamente escluso il diritto sovrano di veto dei Parlamenti, seppure con maggioranza del 55%, ossia l'unico che avrebbe potuto interferire democraticamente sull'odierno sistema di governo continentale.
Con un Parlamento europeo dai vuoti poteri, una Commissione che non è un governo, ma una sentinella di norme prestabilite e ridotto a “consigliere del Principe regnante”, le decisioni vengono prese nei vertici inter-governativi del Consiglio d'Europa, ossia, per non nasconderci dietro un dito, dagli esecutivi degli Stati più potenti dell'Unione. Ad esse seguono gli opportuni aggiustamenti mediatori per farle accettare dagli altri (i più deboli e “periferici”), spesso tenuti fuori dall'uscio ad aspettare. Da cui le “grandi fatiche” della signora Merkel, alla quale toccano gran parte di quelle mediazioni, essendo l'UE “a trazione tedesca”.
Singolare il ruolo dell'inter-governativo regnante: mentre in patria ogni governo deve fare i conti con una qualche camera parlamentare di rappresentanti eletti dai cittadini, in Europa l'insieme dei governi concentra su di sé sia il potere legislativo che quello esecutivo, facendo precipitare “dall'alto” sui popoli di ciascun Paese accordi, regole, norme derivanti da trattati sovranazionali. Una cessione di sovranità nazionale senza bilanciamento alcuno.
Insomma, nell'Unione non esiste separazione tra due (legislativo ed esecutivo) dei tre fondamentali poteri, una volta cardini e vanto delle liberal-democrazie. Quanto al terzo potere, quello giudiziario, per ora rimane fuori dalla “unificazione”, sebbene non manchino idee e proposte per domarne le autonome espressioni nazionali, in particolare a difesa delle Costituzioni.
Non può destare meraviglia, ad occhi e teste disincantate, che, nonostante la City e la haute finance fossero entusiaste di restare nell'Unione, potendo fare e disfare a loro piacimento, altrettanto non lo sia stata la maggioranza dei britannici avendo a disposizione l'esecrato strumento referendario. Anche se le loro motivazioni, dato l'insieme eterogeneo dei votanti per la Brexit, non paiono del tutto condivisibili o dettate da sentimenti altruistici.

Ciambelle senza buco
Non passa giorno, né giornale, senza che qualche autorevole commentatore richiami le élites dirigenti al necessario coinvolgimento dei popoli nella costruzione europea, per dare forza all'agognato “salto politico” di cui l'UE avrebbe bisogno.
Tanto sforzo sarebbe meglio dedicarlo alla denuncia e alla critica di tutto ciò che tali élites quotidianamente fanno per estromettere quei popoli dalla conoscenza e dalla partecipazione alle decisioni attinenti l'Europa, che incidono pesantemente sul quotidiano delle società in cui vivono.
Forse apparirebbero più chiari i motivi reali della direzione politica intrapresa, non di democratizzare l'Unione, né di renderla più “sociale”, bensì quella di sdemocratizzare i suoi Paesi membri, privandoli della possibilità di esercitare la sovranità popolare.
Tuttavia, e per nostra fortuna, non tutte le ciambelle riescono col buco.

1 Luogo del vertice tra Hollande, Merkel e Renzi del 21/8/2016.

2 Abbreviazione di opting-out, traducibile in “clausole di esenzione”.

3 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, 18 dicembre 2000.

4 Un modello basato sui precedenti giurisprudenziali, piuttosto che su codici, leggi, norme, secondo la tradizione del diritto romano.

5 Valerio Castronovo, “L'Europa e la rinascita dei nazionalismi”, Laterza, 2016. Le citazioni a seguire sono tratte da questo testo.
   

Nessun commento:

Posta un commento