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Sul Treno ad Alta Velocità Torino-Lione è anni che si discute, persino se nominarlo al maschile o al femminile. La Grande Opera è stata analizzata, sviscerata in tutti i suoi aspetti. E ciascuna forza politica ed economica, sindacale e della società civile, ha fatto le proprie scelte: chi contro e chi a favore.
Sicché,
dopo tanto dibattere, si sono formati degli schieramenti politici che
ora si fronteggiano, ingaggiando battaglia. Raffigurano plasticamente
lo scontro in atto nel Belpaese.
In
questione non è più una singola opera, per quanto grande possa
essere, bensì uno svolgimento del presente che si proietta nella
visione del futuro che vogliamo. Due vie si oppongono.
Da
un lato, si insiste su un modello che promette immediato sviluppo
conteggiato in PIL e già pronte occasioni di lavoro, collegamenti
aperti per non condannarci all'isolamento dall'Europa e non
retrocedere sulla strada del progresso.
Dall'altra,
si propone uno sviluppo basato sul rispetto del territorio e di chi
lo abita, che privilegi le mille più urgenti necessità generate da
decenni di incuria e degrado: dai trasporti per i pendolari ai ponti
fatiscenti, dal dissesto idro-geologico al consumo di suolo,
dall'urbanizzazione selvaggia al rischio sismico... Un elenco
purtroppo ricorrente che, per non tradursi ancora una volta in
sacrificio di vite umane, ha bisogno di tante e disseminate piccole
opere locali, di cure manutentive ininterrotte ed attuate, però,
all'interno di una risistemazione organica del territorio nazionale,
sotto una pubblica regia.
Non
si tratta tanto di dare la precedenza in base all'urgenza ed alla
disponibilità di spesa a breve, quanto dell'indirizzo politico da
intraprendere per un percorso più lungo.
Benché
la maggior parte delle forze pro-TAV si dicano preoccupate del
debito pubblico, l'impatto di spesa è assai elevato e concentrato,
destinato a finanziare gli affidamenti a grandi imprese. L'opzione
che privilegia1
l'insieme di piccole opere e la manutenzione, invece, oltre a mettere
in campo un forte coordinamento pubblico, centrale e locale, alimenta
un'economia di piccole-medie imprese e di lavoro più stabile,
protratto nel tempo. Ragione, quest'ultima, che allarma chi vorrebbe
una spesa una tantum e lavoro immediato ma pur sempre a
scadenza.
Attorno
al Sì-TAV si sono raggruppati Confindustria, i sindacati
tradizionali, la grande stampa quotidiana, l'arco partitico della
seconda Repubblica: da Forza Italia al PD.
Le
manifestazioni delle madamine torinesi ha solo permesso a queste
forze di presentarsi in piazza sotto mentite spoglie, nel tentativo
di dar vita ad un contro-movimento privo di qualsivoglia autonomia.
Anche
la Lega di Salvini al governo, come sulle trivelle in mare, mostra di
voler rappresentare più gli interessi delle lobbies
affaristiche petrolio-cemento, che quelle dei territori e delle
persone che sopra ci vivono. Si potrebbe dire, parafrasando il suo
discutibile slogan: prima gli italiani, purché (im)prenditori di
grandi finanziamenti di Stato! In definitiva, nulla di nuovo rispetto
alle politiche che hanno fatto la fortuna di (im)prenditori in stile
Benetton.
Tra
le forze del No-TAV, oltre al Movimento “sorgente” della Val di
Susa, il Movimento 5 Stelle, la sinistra non coinvolta direttamente
nelle passate scelte di governo, e la Fiom.
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Maurizio Landini sul TAV: |
«Io
ho i dubbi e le perplessità che ho sempre avuto, ma va tenuto conto
di cosa pensa la maggioranza della Cgil.»
Senonché,
fresco neo-segretario della Cgil, Maurizio Landini, interrogato sul
TAV da Lucia Annunziata nella trasmissione Rai3 “Mezzora” del 27
gennaio, dichiara dubbi e perplessità, tuttavia piegandosi alla
maggioranza in Cgil. Quest'ultima - è noto - sostiene che “i
cantieri bloccati vanno riaperti”, come se si trattasse di
salvaguardare l'occupazione contro chi la vorrebbe affossare.
Un'ottica
che, sia detto per inciso, ha portato i sindacati tradizionali ad un
ruolo di sostanziale condivisione del modello di sviluppo fino ad
oggi prevalente. Poi ci si lamenta della decadenza di ruolo dei
cosiddetti “corpi intermedi”...
In
passato Landini aveva espresso un secco No al TAV ed alla grandi
opere,2
sicché da parte sua recedere in perplessi dubbi non è semplicemente
un “doveroso attenersi” alla democrazia interna alla Cgil: è
un abbandono.
L'insorgere
del dubbio rispetto al TAV fu un “alzare la testa”, da cui nacque
il Movimento in Val di Susa:
«Ma
d'ogni dubbio il più bello
è quando coloro che sono
senza fede, senza forza, levano il capo e
alla forza dei loro oppressori
non credono più!»
è quando coloro che sono
senza fede, senza forza, levano il capo e
alla forza dei loro oppressori
non credono più!»
Al
contrario, ricadere nel dubbio oggi ricorda un ammonimento contenuto
in un passo successivo della stessa poesia di Bertold Brecht, “Lode
del Dubbio”:
«Certo,
se il dubbio lodate
non lodate però
quel dubbio che è disperazione!
Che giova poter dubitare, a colui
che non riesce a decidersi!
Può sbagliare ad agire
chi di motivi troppo scarsi si contenta!
Ma inattivo rimane nel pericolo
chi di troppi ha bisogno.»
non lodate però
quel dubbio che è disperazione!
Che giova poter dubitare, a colui
che non riesce a decidersi!
Può sbagliare ad agire
chi di motivi troppo scarsi si contenta!
Ma inattivo rimane nel pericolo
chi di troppi ha bisogno.»
Note
1
Il che non esclude qualche eventuale grande opera, attuata secondo
una strategia coerente con le piccole opere.
2
https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/11/susanna-camusso-apre-alla-nostra-posizione-favorevole-agli-investimenti/196597/
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