Europa à la carte
Nello
spazio di un giorno l'intervista dell'europeista storico, ex
presidente della Commissione, viene contraddetta dall'eroe italiano
del Quantitative
Easing,
a capo della Bce di Francoforte. Prodi contro Draghi? O, più
semplicemente, manifestazioni dello stato confusionale in cui versa
la “classe dirigente”?
Romano
Prodi1
plaude alla Merkel che, finalmente, ha proposto che l'Unione proceda
“a due velocità” nel processo d'integrazione:
«Sono
quasi due anni che lo ripeto: questa, in mancanza di una condivisa
politica europea, è l'unica strada percorribile.»
“Quei
due”, Trump e Le Pen, vanno contrastati:
«Ma
come? Trump fa la rivoluzione, annuncia scompigli, attacca la
Germania e cerca di dividerla dall'Europa, mina la difesa europea. Le
Pen predica la morte della Ue e perfino della Nato. (…) Finalmente
la Germania sembra cominciare ad assumersi quel ruolo di leadership
che non aveva mai voluto esercitare. Va bene così.»
Prodi
si rende conto che caldeggiare un ruolo guida apertamente tedesco può
sollevare qualche ansia. Sicché subito aggiunge il correttivo per
cui l'Unione “a due velocità” non dovrà diventare un convoglio
“di prima e seconda classe”, con i passeggeri della prima a
decidere chi si deve accomodare in seconda.
Non
sembra invece preoccuparlo granché la difesa della Nato, diretta
contro la Federazione Russa, in una sorta di continuazione della
guerra fredda, ragione vera delle sanzioni volute da Barack Obama che
pure danneggiano le nostre esportazioni, nonché il “libero
commercio”. Il nostro governo vorrebbe l'una ma non le altre e,
come al solito, non sa che pesci pigliare. Mentre la coalizione di
centro-sinistra, da Prodi riproposta, dovrebbe ottenere il consenso
di ampi settori popolari da sempre avversi alla Nato e che, tuttora a
ragione, ne appoggerebbero lo scioglimento.
Com'è
noto, la nuova amministrazione nord-americana vuole che ciascun Paese
membro della alleanza militare paghi il suo, non essendo più
disposta a spendere per la “difesa europea” d'altri. Essa,
peraltro, non è autonomamente tale, così come l'Europa non è uno
Stato, né federale né confederale.
Quanto
a Marine Le Pen, nel suo programma2
chiede di fatto il ritorno al gollismo della force
di frappe,
autonoma dalla Nato, con maggior spesa militare anche per
sovvenzionare la propria industria in difficoltà. Il messaggio
sottaciuto è chiaro: spendere di più ma in funzione interna e per
la propria grandeur.
D'altro
canto, chi deciderebbe ed in base a quali criteri, in quale classe
del treno europeo ciascun Paese dovrebbe accomodarsi?
Quel
treno dovrebbe andare in una direzione unica. In pratica però i
“fratelli europei”, come li vorrebbe Prodi, paiono sempre più
“fratelli coltelli”, dediti al nazionalismo più che alla
“integrazione”, per giunta in un momento in cui (parole sue):
«Tranne
forse che in Germania, nel resto d'Europa il vecchio sistema dei
partiti si sta slabbrando.»
Invece
di chiedersi per quali motivi solo la Germania, forse, non si
“slabbri”, il professore bolognese non trova di meglio che
invocare la ricostruzione di “valori politici comuni” per
risolvere problemi e contrastare derive poste in essere proprio dalla
costruzione europea sin qui realizzata, anche grazie al suo fattivo
contributo.
Tanto
per non restare nel vago: a quale velocità dovrebbe andare l'Italia
in Europa? A quella della Lombardia o a quella della Sardegna? Ed a
quale velocità monetaria e valutaria? Disponendo della propria
potestà di bilancio o continuando a rinunciarvi?
Se
qualcuno cominciava già a pensare ad uno sdoppiamento dell'euro, uno
forte dei Paesi centrali ed uno più debole dei Periferici, è
arrivata a breve giro la doccia fredda di Draghi: l'euro è
“irrevocabile”; è stabilito dai Trattati; ci ha difeso in tempi
di epocale recessione ed è gran cosa... Fate quel che volete di
tutto il resto del “processo d'integrazione”, pure un'Europa à
la carte,
ma il sancta
sanctorum
non si tocca!
Il
capo della Bce era chiamato a smentire le critiche d'oltre Atlantico,
suffragate da inoppugnabili dati di fatto che evidenziano l'uso da
parte tedesca di una moneta debole per favorire le proprie
esportazioni,3
dopo aver risposto all'impertinente interpellanza di europarlamentari
del M5S4
sul costo di una eventuale uscita italiana dalla moneta unica.
Ai
più non sarà sfuggito l'assolutismo del banchiere centrale, a capo
di un potere tanto indipendente da ogni sovranità politica
democratica, quanto aderente agli interessi di ristrette cerchie
finanziarie. Forse non è risultato altrettanto chiaro l'implicito
ricatto: o si esce in
toto
dall'Ue, utilizzando l'articolo 50 sull'esempio della Brexit, o chi è
nell'euro non può uscirne.
Pur
di difendere l'indifendibile moneta unica, si minaccia di trascinare
a picco l'intera Unione.
Intanto, Marine Le Pen se sarà presidente avvierà un negoziato, «seguito da un referendum sulla nostra appartenenza all'Unione europea.»
Chi
è più anti-europeo?
Note
1
Intervista di Andrea Bonanni, “Quei due sono una minaccia,
l'Europa a doppia velocità può dare finalmente risposta”, la
Repubblica, 6 febbraio 2017.
2 Vedasi “144 engagements présidentiels” Marine 2017,
http://www.frontnational.com/le-projet-de-marine-le-pen/. La citazione a fine articolo è tratta dallo stesso testo.
3
Critiche fatte proprie da Trump, ma già presenti con
l'amministrazione di Barack Obama.
4
http://www.movimento5stelle.it/parlamentoeuropeo/170120letter_valli_zanni_1.it-2.pdf
-->
Nessun commento:
Posta un commento