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Lo scheletro di Leopoldo
Il
Belgio e la sua capitale Bruxelles, sede principale anche dell'Unione
Europea, è stata in questi giorni al centro dell'attenzione
internazionale per lo stato di emergenza contro il terrorismo.
Dal
cuore della “civiltà europea” forte è il generale richiamo ai
suoi “valori universali”.
Pochi
hanno ricordato che il piccolo Belgio, nel cuore della ricca Europa,
non ha accumulato la ricchezza di cui gode solo in virtù del proprio
lavoro, ma di un passato coloniale che non passa mai, anche nei
monumenti.
Nell'armadio
del Belgio c'è uno scheletro rimosso dalla memoria e dalla politica.
Il
riferimento è a Leopoldo II, re del Belgio (1865-1909), e alle
statue a lui dedicate che campeggiano a Bruxelles come altrove.
Particolarmente significativa quella di Ostenda [vedi
foto “Monumento a re Leopoldo II].
In epoca coloniale Leopoldo II fu sovrano anche dello "Stato libero del Congo" dal 1885 al 1909.
L'eroe
esaltato dalla statuaria civile è noto storicamente per la brutale
amministrazione del Paese africano, in cui si ricavò uno spazio
tutto suo per una sorta di colonialismo privato. Trasse un'enorme
fortuna personale dal commercio della gomma, prodotta riducendo in
schiavitù la popolazione locale, terrorizzata con metodi ora
definiti criminali, quali l'educativo “taglio della mano” [vedi
foto “Taglio della mano”].
Si
calcola che il suo regno abbia provocato la morte di circa 2 milioni
di indigeni, su un totale di 15 milioni di abitanti. Senza
considerare le vittime indirette.
Da
sottolineare la continuità del linguaggio dai tempi coloniali ad
oggi: lo Stato congolese da lui fondato fu chiamato “libero”;
nella raffigurazione del monumento i congolesi avrebbero avuto motivo
di ringraziarlo per il suo intervento “liberatorio”, dunque
“umanitario”, dalla schiavitù degli arabi.
Taglio della mano
Immagini delle amputazioni a cui il Regno belga ricorreva sistematicamente
per costringere la popolazione congolese al lavoro schiavile.
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Anche
allora i “popoli arretrati”, furono assoggettati per dotarli
delle adeguate strutture che definiscono uno “Stato moderno”, in
tal modo protetti e sorretti nel loro doveroso cammino verso un
radioso “civile progresso”.
Sarebbe
bene che il Belgio chiedesse “scusa”, alla Tony Blair? Qualcuno
l'ha proposto...
Quanto
ai monumenti dedicati alla gloria di Leopoldo II, l'idea di
abbatterli sarebbe, a mio avviso, un cattivo servizio: essi non
andrebbero cancellati e rimossi dalla memoria collettiva, bensì
preservati e trasformati opportunamente in installazioni artistiche
aperte a tutti.
Allo
scopo potrebbero servire anche immagini delle vittime di quel
colonialismo.
Coltivarne
il ricordo serve più che mai all'oggi.
O,
davvero, pensiamo di vivere un tempo presente totalmente altro da
quello di quel periodo storico?
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