venerdì 20 gennaio 2023

Sinistra, ricominciamo da tre!

Alla ricerca della sinistra perduta, Domenico De Masi critica Goffredo Bettini

Sinistra: ricominciamo da tre!

In un articolo comparso di recente su Il Fatto Quotidiano,(1) il sociologo Domenico De Masi fornisce una propria lettura critica del libro di Goffredo Bettini “A sinistra da capo”.

Bettini, che analizza la crisi del Pd dall'interno, vi è considerato come «il più influente ideologo». De Masi, a sua volta, può essere considerato il più influente ideologo del nuovo M5S di Giuseppe Conte che, anche sulla scorta dei suoi consigli, si vuole partito di sinistra.

Dal dibattito tra i due intellettuali emergono interessanti ammissioni ed un ottimismo (ovviamente della “volontà”) del sociologo molisano. Non una, ma ben tre sinistre dovrebbero opporsi alla tre destre al governo, coltivando ciascuna il proprio campo sociale ed unendosi alla bisogna elettorale. L'Italia avrebbe una bella democrazia dell'alternanza bipolare, quasi fosse possibile riavvolgere il film della storia a prima che la sinistra istituzionale divenisse sostanzialmente indistinguibile dalla destra.

Abbandoni inspiegabili

Secondo De Masi:

«Il libro di Bettini testimonia che il mutamento del Pd, in termini di paradigma e di azione, non è stato adeguato, né sotto il profilo ermeneutico, né sotto il profilo organizzativo, alle trasformazioni che l'avvento postindustriale ha impresso alla società. Sicché oggi la sinistra si ritrova “senza un'idea alternativa di società, senza alcuna ideologia, senza principi forti e coerentemente orientati e senza forme” proprio mentre il capitalismo vive il suo momento di massima innovazione.»

Mentre Bettini lamenta l'assenza di un Marx dei nostri giorni capace di “una critica politica e umana al tecno-capitalismo finanziario”, De Masi ricorda che invece, in questa direzione, non sono mancati rilevanti contributi teorici sia a livello internazionale (Scuola di Francoforte, Touraine, Gorz, Wright Mills, Hobsbawn), sia nel nostro paese:

«contributi preziosi, intenzionalmente ignorati, insieme ai loro autori, da un Pd che lo stesso Bettini taccia di ignoranza, egoismo e arroganza.»

Sebbene sia indiscutibile che la presenza operaia si è fortemente ridotta dai tempi di Marx, per De Masi la storia non può dirsi finita con la caduta del Muro di Berlino, giacché se il comunismo reale non sapeva come produrre ricchezza, il capitalismo d'oggi non sa come distribuirla.

«Alla fine dei conti, pure essendone mutate le forme, restano intatti e, anzi, sono cresciuti i livelli dello sfruttamento, cioè del fenomeno che giustifica l'esistenza stessa, antagonistica, della sinistra.»

A questo punto l'ideologo dei 5Stelle rileva:

«Diventa perciò inspiegabile perché mai il partito storicamente leader di questo antagonismo abbia abbandonato, oltre alla ideologia marxista, anche alcuni capisaldi del pensiero di Marx tuttora validi: il rigore del metodo scientifico applicato alle scienze sociali, la visione della società come sistema di classi, la possibilità di trasformare la massa amorfa dei poveri in classe organizzata, il ruolo distorcente dell'alienazione, la necessità di combattere con processi rivoluzionari di sinistra quei processi rivoluzionari con cui la destra accelera a suo vantaggio la corsa della storia.»

Oltre alla rinunzia alla “trasformazione rivoluzionaria”, che per De Masi era cara a Berlinguer, il Pd ha cambiato linguaggio, sostituendo termini potenti come “proletariato” con “svantaggiati”, “ultimi”, “diseredati”, “poveretti”, mutuati dalle encicliche papali.

In effetti, De Masi qui dimentica solo la riscoperta categoria anni cinquanta dei “bisognosi” e la new entry della emergenza pandemica: i “gracili”.  

Si può essere d'accordo con De Masi: non sono mancate le analisi critiche del “tecno-capitalismo finanziario”, benché agli autori da lui citati se ne potrebbero aggiungere altri, credo più profondi ed attenti alle reali dinamiche del capitalismo globalizzato nella dimensione unipolare ed al prevalere della finanza.

Tuttavia, l'abbandono del metodo e del linguaggio marxista da parte del Pd, in quanto erede della sinistra che fu, non è affatto “inspiegabile”, laddove si prenda atto di quanto ammette lo stesso Bettini, a proposito del voto dei borghesi, i quali giustamente si sentono garantiti dallo stesso Pd, proprio in questa fase post-industriale del paese. Voti non “tollerati”, bensì voluti e “meritati”, semmai ottenuti oltremisura in particolare da tutti coloro che, piccola imprenditoria compresa, subiscono e subiranno le conseguenze delle sue scelte politiche.   

Sostiene De Masi:

«Bettini tollera che il Pd mieta voti nelle “masse borghesi e piccolo borghesi che percepiscono quel partito come il garante della loro condizione” ma gli ricorda che il suo elettorato naturale e prioritario è la massa sfruttata “del popolo lavoratore, del sottoproletariato, delle fasce più povere dei cittadini”.»

Interclassismo e tre sinistre

Bettini vorrebbe l'avvento di “un principe collettivo e democratico”, non escludendo e sperando che il Pd possa diventarlo, per dare corpo ad una ”democrazia aperta, contesa, conflittuale, progressiva”.

De Masi svela il reale proposito di Bettini.

«(...) A sinistra da capo indica come irrinunziabile la ricerca di una felicità ripulita dall'edonismo, nobilitata dalla giusta misura, resa genuina da un sano rapporto con la propria “terra” non disgiunto da ambizioni transnazionali, secondata da una tecnologia sotto controllo, ancorata alla centralità del lavoro, pacificata da consonanze e alleanze tra datori di lavoro e lavoratori, dunque dall'interclassismo.»

Secondo De Masi, qualora il Pd divenisse partito interclassista, alla stregua della vecchia DC o del nuovo Fratelli d'Italia, finirebbe solo per sottrarre voti ai 5Stelle, non riguadagnando consensi dall'area astensionista e confinando la sinistra intera ad una esistenza minoritaria.

Sorprende come un intellettuale del suo “spessore” non faccia il benché minimo accenno, nel pur succinto spazio di una pagina di un quotidiano, ad alcuni “fenomeni” piuttosto evidenti, quali:

- lo slittamento semantico subito dal significante “sinistra”, che agli occhi di buona parte del popolo astensionista si è dissociato vieppiù dal significato originario, perdendo la sua storica e radicata forza attrattiva;

- il disancorarsi dalle classi subordinate, effettuato nel divenire post-industriale dal Pd e dal suo immediato intorno, in totale adesione al neo-liberalismo delle classi dominanti che, svuotando di senso il significante “sinistra”, ha tolto significato oppositivo alla stessa diade destra-sinistra;

- la riduzione di ogni concreto spazio di autonoma agibilità politica nazionale, nelle strette di una sovranità delegata dalla sinistra quanto dalla destra ad organismi sovranazionali (Nato, Ue, Oms),  nella quale si ritrova ingabbiato qualsiasi governo che non scelga di volersene liberare.

Il sociologo molisano pare invece essenzialmente preoccupato dagli esiti elettorali di una postura interclassista del Pd, perciò più proteso alla contesa concorrenziale dei voti di un'area da lui destinata ai 5Stelle, piuttosto che, oramai “privo di popolo”, a consacrarsi definitivamente ai “borghesi”. 

Infine, giunge alla proposta centrale e conclusiva:

«Molto meglio per la sinistra – io credo – se il Pd, ormai ben radicato nella classe media precarizzata, si rafforzasse come suo partito di riferimento così impedendole di slittare a destra. I 5 Stelle, che assai meglio del Pd riescono a dialogare con il proletariato e il sottoproletariato, dovrebbero darsi un robusto paradigma di sinistra. Ancora più a sinistra, i cespugli raccolti intorno a De Magistris potrebbero rappresentare l'ala movimentista, più identitaria e combattiva. Queste tre sinistre, simmetriche alle tre destre oggi al governo, potrebbero crescere ciascuna per proprio conto e unirsi tatticamente in occasione delle scadenze elettorali.»

Ai limiti del surreale

Ciò che accomuna Bettini e De Masi è una sorta di esercizio di ingegneria della rappresentanza politica istituzionale, ai limiti del surreale.

Dalla scena scompaiono totalmente i principali fatti politici degli ultimi anni, quand'anche trascurassimo quelli dei precedenti decenni di cogestione del neo-liberalismo imperante.

Come se non fossimo reduci da una pandemia gestita in stato emergenziale da un podestà straniero, con l'imposizione di un pass verde discriminatorio e lesivo delle fondamentali libertà costituzionali, condiviso con furore da questa sinistra ed attivato pure da un ministro (di sinistra) della sanità, campione non di quella pubblica, ma di quella privata di Big Pharma.  

Come se la Nato non fosse oggi impegnata nella guerra, col sangue degli ucraini, contro la Russia. Con il consenso unanime di destra, centro e sinistra presenti in parlamento. 

Tutti a subito condividere condanna, sanzioni e rifornimento d'armi al regime para-fascista banderano di Zelensky, dopo essersi voltati dall'altra parte su quanto accadeva in Ucraina dal 2014. Con il Pd nel ruolo di sezione locale periferica del partito di Biden e dei guerrafondai atlantici. Con Giuseppe Conte a scimmiottare pacifismo, quando dice no alle forniture belliche, ma manca di disconoscere ai golpisti di Kiev il ruolo di “liberatori nazionali”, per cui siamo trascinati nella cobelligeranza e nel rischio di un conflitto atomico. 

Che dire poi della “democrazia europea”, sgretolata prima dai micidiali colpi riservati al popolo greco, e poi dalla inerte subalternità alla strategia della Nato, voluta dagli Stati Uniti per destabilizzare la Russia e, dividendola dall'Europa, privare quest'ultima (Germania ed Italia in primis) di forniture energetiche basilari? 

Non si capisce proprio su quali profili politicamente distintivi le tre sinistre si possano opporre alle tre destre, per poterle contrastare e vincere.

Alcuni potrebbero obiettare, con qualche ragione, che su Unione Popolare il giudizio debba essere diverso. Eppure De Masi, nell'includerla a sinistra nel suo presepe istituzionale, mostra un certo acume, avendo ben presente che la formazione capeggiata da De Magistris non chiede di staccarci dalla linea della Nato, bensì di favorirne il “superamento”, quasi fosse realistico un suo autoscioglimento in piena escalation militare anti-russa.

In queste condizioni di crisi epocale, il successo di una sinistra o di tre potrà contare unicamente su percentuali proporzionalmente ingigantite da un crescente astensionismo, al quale può porre rimedio solo la formazione di una coalizione antisistema organizzata che, recuperando sovranità nazionale democratica, aderisca sul serio agli interessi delle classi subalterne.


Note

(1) Domenico De Masi, "Il PD senza popolo pensi ai borghesi", Il Fatto Quotidiano, 14 gennaio 2023.

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