È
rimasta nella memoria di molti la domanda rivolta dalla regina
Elisabetta
agli accademici della prestigiosa London School of Economics:
Era
il novembre del 2008.
In
realtà la più grande crisi dal crollo del '29, ancora un volta
innescata da un crack finanziario nord-americano, era stata prevista
da alcuni economisti controcorrente e “poveri”, ma non dai più
accreditati nell'establishment,
premi Nobel inclusi, che pur disponevano di enormi mezzi per
effettuare le loro diagnosi. Mezzi comprensivi di numerosi
collaboratori esperti, un mare di dati base storici, elaboratori
elettronici all'avanguardia, linee informative privilegiate,
sofisticati algoritmi.
Gli
uni hanno previsto giusto e gli altri hanno clamorosamente fallito.
Perché?
L'Oracolo
al 2.0
La
ragione del fallimento potrebbe dipendere dal fatto che la scienza
delle previsioni, basata sugli algoritmi, non fosse matura, o non lo
fosse a sufficienza per affrontare problemi economici e sociali di
tale complessità. A distanza di 10 anni dal 2008, tuttavia, questa
immaturità sembra essere superata. Lo annuncia Alessandro
Vespignani, uno dei massimi esperti mondiali in materia.
Nel
libro “L'algoritmo e l'oracolo”1
non sviluppa «un'analisi di quali previsioni funzionano o no.» Non
traccia un bilancio delle loro vittorie e sconfitte, ivi comprese
quelle riguardanti l'economia e la finanza, ma spiega i motivi per
cui l'Oracolo dei nostri giorni ha acquisito nuove sorprendenti
potenzialità. Motivi che lo mettono in grado di predirci con
successo cosa accadrà in futuro anche in campo umano e sociale,
valicando i limiti delle scienze naturali, entro i quali si è
prevalentemente esercitato. L'autore ne è convinto, anche per i
risultati conseguiti nelle predizioni sulla diffusione delle epidemie
che hanno incluso «nelle proiezioni le condizioni socioeconomiche
degli individui».
Secondo
Vespignani, due rivoluzioni hanno consentito il nuovo potere
predittivo:
- la “scienza della complessità”, attraverso la quale «abbiamo infatti scoperto che sistemi come le strutture gerarchiche delle formiche non sono il risultato di una leadership, ma la conseguenza di fenomeni collettivi, descrivibili matematicamente e statisticamente, che emergono da semplici interazioni tra un grande numero di individui»;
- la rivoluzione digitale che mappa la nostra quotidianità, accumula una montagna di dati storici e statistici, trasformandoli in apprendimento automatico (learning machine) tramite gli algoritmi. «Abbiamo costruito algoritmi basati su equazioni e regole che simulano gli individui e le loro interazioni.» Gli algoritmi trasformano i dati in potere predittivo.
In
quanto potere, avverte Vespignani in modo politically
correct,
può essere usato per manipolarci e controllarci, o, al contrario,
per consentirci di migliorare il nostro futuro.
Algoritmi
«Semplificando,
definiamo “algoritmi” una serie di istruzioni precise ed
espressioni matematiche che usiamo per trovare associazioni,
identificare tendenze, estrarre le leggi e le dinamiche alla base di
fenomeni come il contagio, la diffusione delle idee, o l'andamento
dei mercati finanziari.»
«Un
algoritmo è un insieme di regole che definiscono con precisione una
sequenza di operazioni. Gli algoritmi possono eseguire operazioni di
calcolo, elaborazione dati e ragionamento automatico, e sono
fondamentali per il modo in cui i computer eseguono istruzioni
specifiche.»
Le
citazioni racchiuse tra i caratteri « », presenti nell'articolo e
nei riquadri, sono tutte tratte dal libro di Alessandro Vespignani
“L'algoritmo e l'oracolo”.
Curiosità
inevase
Non
traendo un bilancio delle predizioni che funzionano o no, la
curiosità pedestre del lettore non viene soddisfatta.
Ad
esempio: le offerte “personalizzate” che riceviamo con la posta
elettronica quotidiana, in base alle nostre “preferenze”
opportunamente catalogate in un profilo psico-sociale, rientrano
nella manipolazione o nel miglioramento della qualità della nostra
vita?
Analogamente,
saremmo curiosi di conoscere eventuali previsioni sulle conseguenze
sociali delle applicazioni utilizzate da Uber o da Airbnb.2
Un fattorino in bicicletta di Uber Eats |
Potendo
disporre dei dati operativi registrati e mappati dai cellulari,
nonché dell'interazione tra i diversi
gruppi umani coinvolti (le imprese multinazionali detentrici delle
App, i fattorini in bicicletta, i viaggiatori in cerca di passaggio
auto, i turisti e i residenti alla ricerca di alloggio, eccetera),
tramite adeguate costruzioni algoritmiche, la
scienza delle previsioni non
dovrebbe incontrare soverchie difficoltà
nel definire l'impatto sociale e persino
prospettare soluzioni politiche ai derivanti problemi.
Il
che ci risparmierebbe inutili fatiche, condotte secondo obsoleti
metodi e strumenti, per comprendere tutti i risvolti della sharing
economy.
O siete scettici a tale proposito?
Dal
meccanico al probabile
Da
un punto di vista concettuale, la scienza delle predizioni per avere
successo deve potersi dotare di una teoria, senza la quale è
perlomeno depotenziata.
Sostiene
infatti Vespignani: «La scienza delle predizioni è però dotata di
un'arma più potente e straordinaria del punto di vista concettuale.
La teoria.»
Per
dimostrarlo ricorre all'esempio dell'astronomia.
Grazie
al telescopio, Galileo Galilei è riuscito a scrutare il cielo e
porre le basi per la legge di gravitazione universale e le leggi del
moto poi formulate da Isaac Newton.
Il
fenomeno, codificato in equazioni, a loro volta basate su leggi
fisiche, produce «un modello che si fonda sui meccanismi
d'interazione tra i corpi celesti, ed esegue le previsioni sulla base
della comprensione delle interazioni tra i vari elementi del sistema.
Non dobbiamo più osservare il sistema per molti anni e costruire un
modello empirico. Abbiamo invece un modello meccanicistico che usa
una costruzione algoritmica, ovvero un insieme di istruzioni e
calcoli matematici, per prevedere il futuro.»
Fu
così che dalla rilevazione del “moto anomalo” di Urano si giunse
ad ipotizzare l'esistenza di un altro pianeta, poi sperimentalmente
osservato e battezzato Nettuno.
Tuttavia,
sulla scorta delle difficoltà
incontrate in meteorologia, all'approccio del determinismo meccanico
è subentrato quello delle “previsioni probabilistiche”.
«La
difficoltà delle previsioni meteorologiche, infatti, non risiede
solamente nel numero di equazioni e variabili; esiste un problema
fondamentale, legato al fatto che in queste equazioni anche una
piccola variazione sulle condizioni iniziali viene amplificata in
modo esponenziale.» Si tratta del cosiddetto “effetto farfalla”,
nato dal modo di dire: “una farfalla che batte le ali in Indonesia
può provocare un uragano in Florida.”
Constato
che le previsioni sul clima generato dal surriscaldamento globale
sono probabilistiche, benché, in mancanza di una tempestiva
“rivoluzione solare”, risulti difficile determinare quali
effettive chances di sopravvivenza abbia il genere umano.
Ad
ogni modo, data la potenza di calcolo, basata su un afflusso di dati
socioeconomici senza precedenti, la scienza delle previsioni si
appresta a varcare in modo sistematico i limiti delle scienze
naturali per entrare da protagonista nelle scienze umane e sociali.
«La scienza delle previsioni si è
evoluta assimilando dati, modelli matematici, intelligenza
artificiale, tramutando l'uomo in un atomo sociale e rendendolo
quindi predicibile.»
Gerarchie
I
più accreditati studiosi di economia e finanza hanno fallito, non
sapendo prevedere la crisi del
2008, pur disponendo di già sofisticati algoritmi. Ancor meno hanno
previsto le dimensioni della
spaventosa crescita delle disuguaglianze planetarie, in seguito alla
globalizzazione capitalistica contemporanea.
I
modelli delle “reti relazionali” potranno aiutarci ad evitare
futuri ulteriori fallimenti?
In
questo specifico ambito di studi si è verificato un sorprendente
ribaltamento: una teoria economica è stata assunta a modello per una
ricerca della “fisica sociale”, mentre prevale la tendenza delle
scienze umane, in economia a esempio, ad introiettare modelli dalle
scienze della natura.
La
teoria economica è quella di Vilfredo
Pareto
(1848-1923), per la quale nel capitalismo meno del 20%
della popolazione è destinata a possedere più ricchezza di oltre il
restante l'80%. La previsione di Pareto è confermata su scala
mondiale dal distribuirsi a “coppa di champagne” del reddito
[vedi grafico qui sotto] ma pare non
turbi granché i teorici pluripremiati del neoliberismo.
Trascurata
da molta scienza economica per diagnosticare le tendenze della
globalizzazione capitalistica contemporanea, è stata invece assunta
all'interno del modello di rete dei flussi relazionali elaborato da
uno scienziato ungherese originario della Transilvania,
Albert-László
Barabási.
Nel
1999 elabora
un modello: «Il modello era basato su due principi
(…). Il primo è che le reti sociali ma anche tecnologiche e
infrastrutturali, sono oggetti dinamici, in continua crescita. I
nuovi nodi che entrano nelle reti – che siano persone in una rete
sociale o computer che si allacciano ad Internet – devono decidere
con chi stabilire le loro connessioni e interazioni. Il secondo
principio è proprio un meccanismo di scelta basato sulla nostra
tendenza a preferire connessioni con chi è altamente connesso.»
A
chi l'”atomo sociale” accorderà la “preferenza” relazionale
e connettiva, se non a chi è già altamente connesso? La scienza
delle reti adotta la teoria di Pareto per dirci che la società
capitalistica gerarchizzata nella ricchezza si riprodurrà nella
società gerarchizzata nelle connessioni.
Potenza
delle previsioni: le gerarchie sociali rimarranno immutate e ben
conservate, giacché per ritrovarsi ancora in quel “meno del 20%”
ai più ricchi basterà dominare l'orientamento delle “preferenze”
nelle connessioni, con la fastidiosa variante (aggiungo) di dover
accettare tra le proprie fila qualche parvenu, magari
tra gli influencers marketing, che
la darwiniana “selezione delle specie” loro imporrà.
Presupposti
teorici
In
seguito alle mancate previsioni degli economisti main
stream
sulla crisi è nata una discussione sulla validità della matematica
in quanto tale. Una discussione che mi pare manchi di cogliere il
punto essenziale. Sarebbe assurdo inibirci l'uso del linguaggio
matematico, o dei linguaggi, visto che esistono più matematiche.
Purché
non si pretenda di conferire loro una insita ed indiscutibile
capacità di verità.
In
economia questa pretesa risale all'avvento della scuola marginalista,
la cui teoria del valore fu espressa in termini matematici dal suo
massimo esponente, l'inglese Alfred
Marshall
(1842-1924)3.
Una pretesa riproposta da molti teorici del neoliberismo, insigniti
del Nobel per l'economia.4
Al
contrario, non si trascuri il fatto che l'economista antiliberista
inglese John Maynard Keynes, benché fosse un valente matematico e
fosse stato allievo di Marshall a Cambridge, abbia preferito per lo
più esprimersi in un linguaggio discorsivo.
A
proposito del ruolo della teoria, Vespignani critica la tesi di Chris
Anderson del 2008 per cui «la correlazione è sufficiente. Possiamo
analizzare i dati senza ipotesi su cosa potrebbe mostrare.» Secondo
lui se ci priviamo della teoria, corriamo «il rischio di costruire
un sapere su basi concettuali sbagliate senza esserne consapevoli.»
Il
sistema tolemaico, per esempio, «riusciva ad ottenere predizioni in
accordo con le
osservazioni non estremamente precise di quei tempi.» «Nella
nuova era dell'intelligenza artificiale e delle scatole nere,
rischiamo di replicare all'infinito trappole concettuali come il
sistema tolemaico.»
Scatole
nere
«Black
Box Definizione
di alcuni sistemi di machine learning che da un input forniscono un
output, ma nei quali i calcoli che avvengono durante il processo non
sono facilmente interpretabili.»
Per parte mia, ricordo che la teoria eliocentrica è stata geometricamente dimostrata da Aristarco di Samo (310 a.C. - 230 a.C.) più di duemila anni fa.
Perché
per secoli quella dimostrazione fu condannata all'oblio? Non è un
azzardo supporre l'essenziale motivo per cui venne accantonata dai
poteri dominanti per lungo tempo: contraddiceva l'immagine del cielo
che loro serviva per governare sulla terra.
Siamo
davvero sicuri che ai poteri dominanti dei nostri giorni sia così
indifferente l'immagine del cosmo che abbiamo in testa?
Mi
permetto di osservare, inoltre, che le
contraddizioni di una crisi sociale e politica non si risolvono come
si ricompone uno stormo di uccelli che eviti un ostacolo.
Giacché è proprio al modello naturalistico dello “sciame di
uomini” che fa riferimento la nuova scienza delle previsioni.
Uno stormo di uccelli |
Ahinoi,
le contraddizioni, gli antagonismi tra gruppi sociali umani, di
cui la scienza è pervasa in quanto parte di essi...
Emblematica
è la storia di 300 anni del pensiero economico sul valore.
Per
i “classici” come David Ricardo il valore derivava
“oggettivamente” dal lavoro. Era così anche per Karl Marx, pur
in una visione anticapitalistica estranea a Ricardo.
Dall'avvento
del marginalismo del prima citato Marshall, il valore è teorizzato
da un punto di vista “soggettivo”, poiché risiede nella “utilità
marginale” percepita dal soggetto acquirente, il quale (è solo un
esempio) per la prima merendina sarà disposto a pagare un prezzo,
via via decrescente per le merendine successive, pari al decrescere
marginale della soddisfazione da lui provata nel mangiarle. Fino al
punto da rinunciare al loro acquisto: a prezzo zero corrisponderà
valore zero.
Da
un simile approccio soggettivo derivano molte conseguenze, che
investono l'economia nel suo complesso. Si pensi alla green
economy,
nella quale si ripresenta ingigantita la contraddizione tra valore di
scambio e valore d'uso, già pensata da Marx. Quale valore attribuire
all'acqua o all'aria?
La
scuola marginalista, quando asseriva che non più il lavoro, bensì
il prezzo è il fondamento del valore, poneva una condizione: i
mercati nei quali il prezzo veniva fissato dovevano essere
perfettamente concorrenziali. Infinita e perdurante è la discussione
sui “mercati perfetti” e la loro possibile esistenza, oltreché
sul valore nell'odierna economia finanziarizzata.
Tutto
possiamo asserire, tranne che lo sviluppo della teoria del valore sia
avvenuto per mera accumulazione di conoscenza, ovvero per evoluzione.
Al contrario, ciascuna teoria è scaturita dall'aspro contrasto tra
scuole ed ideologie, riflesso di quello sociale, in un contesto
politico ed economico in continuo mutamento, al quale esse hanno
partecipato in modo attivo. Sono state e sono parte della realtà in
divenire. Non potrebbe essere altrimenti, poiché idee e teorie sono
pensate ed architettate da uomini e donne che non abitano su un altro
pianeta in un tempo storico indefinito.
La
risposta ad Elisabetta
Ricapitolando:
l'Oracolo previsionale è risultato della costruzione algoritmica, a
sua volta assunta in base ad una o più teorie.
Sicché
una previsione, quando si basi su una o più teorie false, conduce a
conclusioni inesorabilmente sbagliate.
Inoltre
la costruzione algoritmica, per applicarsi alle scienze umane
sociali, dichiara di partire dall'analisi delle molteplici e
dinamiche interazioni dell'”atomo sociale” e poi di tradurle in
algoritmi ritenuti validi al fine di prevedere l'andamento
dell'insieme sociale. Lo si voglia o no, viene qui inserita una
ulteriore supposizione teorica
che assume a riferimento l'individuo ”atomo sociale”,
dinamicamente inserito in una rete relazionale in movimento.
Questa
ulteriore supposizione teorica, elaborata nell'ambito della
“rivoluzione della complessità”, costituisce il secondo strato
della “cipolla”, che contiene a sua volta il sostrato di teorie
sociali, economiche e politiche, siano esse consapevolmente adottate
(come ha fatto Albert-László
Barabási)
o meno.
Nella
verifica di validità sarà molto difficile separare i due strati
teorici, eppure basterà che uno solo di essi sia falso per condurre
a sbagliate previsioni. Questa costatazione ci permette di rispondere
alla domanda posta da Elisabetta.
Tanti
prestigiosi accademici, pur esprimendosi nel linguaggio matematico
più esatto, non sono riusciti a prevedere, né la crisi economica,
né la smisurata crescita delle disuguaglianze sociali e,
tantomeno, l'emergere delle contraddizioni sociali e politiche che ci
attraversano.
Ciò
e dovuto ad un motivo teorico “primario”.
Che
il motivo, all'origine della débâcle
messa in luce da Elisabetta, risieda nella teoria detta
neoliberista, pre-assunta ad assioma, è una convinzione non solo
mia. Parimenti,
qualora l'Oracolo 2.0 insistesse a basarsi sul sostrato teorico del
neoliberismo nelle sue predizioni è destinato alla medesima
ingloriosa sorte.
Note
1
Alessandro
Vespignani, “L'algoritmo e l'oracolo – Come la scienza predice
il futuro e ci aiuta a cambiarlo”, il Saggiatore, 2019.
2
Uber è un'azienda USA. Ha iniziato fornendo un servizio di
trasporto automobilistico privato attraverso un'applicazione mobile
che mette in collegamento diretto passeggeri ed autisti. Poi ha
esteso la propria attività ad altri settori, quali la consegna di
cibo a domicilio. Airbnb è un portale online che mette in contatto
persone in cerca di un alloggio, o di una camera per brevi periodi,
con chi dispone di uno spazio da affittare. Uber ed AirBnb sono tra
le maggiori imprese della sharing
economy.
Nessun commento:
Posta un commento