giovedì 3 ottobre 2019

L'Oracolo algoritmico

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È rimasta nella memoria di molti la domanda rivolta dalla regina Elisabetta agli accademici della prestigiosa London School of Economics:
"Ma perché nessuno ha visto arrivare questa crisi economica?"
Got save the Queen!
Era il novembre del 2008.
In realtà la più grande crisi dal crollo del '29, ancora un volta innescata da un crack finanziario nord-americano, era stata prevista da alcuni economisti controcorrente e “poveri”, ma non dai più accreditati nell'establishment, premi Nobel inclusi, che pur disponevano di enormi mezzi per effettuare le loro diagnosi. Mezzi comprensivi di numerosi collaboratori esperti, un mare di dati base storici, elaboratori elettronici all'avanguardia, linee informative privilegiate, sofisticati algoritmi.
Gli uni hanno previsto giusto e gli altri hanno clamorosamente fallito. Perché?
L'Oracolo al 2.0
La ragione del fallimento potrebbe dipendere dal fatto che la scienza delle previsioni, basata sugli algoritmi, non fosse matura, o non lo fosse a sufficienza per affrontare problemi economici e sociali di tale complessità. A distanza di 10 anni dal 2008, tuttavia, questa immaturità sembra essere superata. Lo annuncia Alessandro Vespignani, uno dei massimi esperti mondiali in materia.
Nel libro “L'algoritmo e l'oracolo”1 non sviluppa «un'analisi di quali previsioni funzionano o no.» Non traccia un bilancio delle loro vittorie e sconfitte, ivi comprese quelle riguardanti l'economia e la finanza, ma spiega i motivi per cui l'Oracolo dei nostri giorni ha acquisito nuove sorprendenti potenzialità. Motivi che lo mettono in grado di predirci con successo cosa accadrà in futuro anche in campo umano e sociale, valicando i limiti delle scienze naturali, entro i quali si è prevalentemente esercitato. L'autore ne è convinto, anche per i risultati conseguiti nelle predizioni sulla diffusione delle epidemie che hanno incluso «nelle proiezioni le condizioni socioeconomiche degli individui».
Secondo Vespignani, due rivoluzioni hanno consentito il nuovo potere predittivo:
  1. la “scienza della complessità”, attraverso la quale «abbiamo infatti scoperto che sistemi come le strutture gerarchiche delle formiche non sono il risultato di una leadership, ma la conseguenza di fenomeni collettivi, descrivibili matematicamente e statisticamente, che emergono da semplici interazioni tra un grande numero di individui»;
  2. la rivoluzione digitale che mappa la nostra quotidianità, accumula una montagna di dati storici e statistici, trasformandoli in apprendimento automatico (learning machine) tramite gli algoritmi. «Abbiamo costruito algoritmi basati su equazioni e regole che simulano gli individui e le loro interazioni.» Gli algoritmi trasformano i dati in potere predittivo.
In quanto potere, avverte Vespignani in modo politically correct, può essere usato per manipolarci e controllarci, o, al contrario, per consentirci di migliorare il nostro futuro.

Algoritmi
«Semplificando, definiamo “algoritmi” una serie di istruzioni precise ed espressioni matematiche che usiamo per trovare associazioni, identificare tendenze, estrarre le leggi e le dinamiche alla base di fenomeni come il contagio, la diffusione delle idee, o l'andamento dei mercati finanziari.»
«Un algoritmo è un insieme di regole che definiscono con precisione una sequenza di operazioni. Gli algoritmi possono eseguire operazioni di calcolo, elaborazione dati e ragionamento automatico, e sono fondamentali per il modo in cui i computer eseguono istruzioni specifiche.»
Le citazioni racchiuse tra i caratteri « », presenti nell'articolo e nei riquadri, sono tutte tratte dal libro di Alessandro Vespignani “L'algoritmo e l'oracolo”.
Curiosità inevase
Non traendo un bilancio delle predizioni che funzionano o no, la curiosità pedestre del lettore non viene soddisfatta.
Ad esempio: le offerte “personalizzate” che riceviamo con la posta elettronica quotidiana, in base alle nostre “preferenze” opportunamente catalogate in un profilo psico-sociale, rientrano nella manipolazione o nel miglioramento della qualità della nostra vita?
Analogamente, saremmo curiosi di conoscere eventuali previsioni sulle conseguenze sociali delle applicazioni utilizzate da Uber o da Airbnb.2
Un fattorino in bicicletta di Uber Eats
Potendo disporre dei dati operativi registrati e mappati dai cellulari, nonché dell'interazione tra i diversi gruppi umani coinvolti (le imprese multinazionali detentrici delle App, i fattorini in bicicletta, i viaggiatori in cerca di passaggio auto, i turisti e i residenti alla ricerca di alloggio, eccetera), tramite adeguate costruzioni algoritmiche, la scienza delle previsioni non dovrebbe incontrare soverchie difficoltà nel definire l'impatto sociale e persino prospettare soluzioni politiche ai derivanti problemi.
Il che ci risparmierebbe inutili fatiche, condotte secondo obsoleti metodi e strumenti, per comprendere tutti i risvolti della sharing economy. O siete scettici a tale proposito?
Dal meccanico al probabile
Da un punto di vista concettuale, la scienza delle predizioni per avere successo deve potersi dotare di una teoria, senza la quale è perlomeno depotenziata.
Sostiene infatti Vespignani: «La scienza delle predizioni è però dotata di un'arma più potente e straordinaria del punto di vista concettuale. La teoria.»
Per dimostrarlo ricorre all'esempio dell'astronomia.
Grazie al telescopio, Galileo Galilei è riuscito a scrutare il cielo e porre le basi per la legge di gravitazione universale e le leggi del moto poi formulate da Isaac Newton.
Il fenomeno, codificato in equazioni, a loro volta basate su leggi fisiche, produce «un modello che si fonda sui meccanismi d'interazione tra i corpi celesti, ed esegue le previsioni sulla base della comprensione delle interazioni tra i vari elementi del sistema. Non dobbiamo più osservare il sistema per molti anni e costruire un modello empirico. Abbiamo invece un modello meccanicistico che usa una costruzione algoritmica, ovvero un insieme di istruzioni e calcoli matematici, per prevedere il futuro.»
Fu così che dalla rilevazione del “moto anomalo” di Urano si giunse ad ipotizzare l'esistenza di un altro pianeta, poi sperimentalmente osservato e battezzato Nettuno.
Tuttavia, sulla scorta delle difficoltà incontrate in meteorologia, all'approccio del determinismo meccanico è subentrato quello delle “previsioni probabilistiche”.
«La difficoltà delle previsioni meteorologiche, infatti, non risiede solamente nel numero di equazioni e variabili; esiste un problema fondamentale, legato al fatto che in queste equazioni anche una piccola variazione sulle condizioni iniziali viene amplificata in modo esponenziale.» Si tratta del cosiddetto “effetto farfalla”, nato dal modo di dire: “una farfalla che batte le ali in Indonesia può provocare un uragano in Florida.”
Constato che le previsioni sul clima generato dal surriscaldamento globale sono probabilistiche, benché, in mancanza di una tempestiva “rivoluzione solare”, risulti difficile determinare quali effettive chances di sopravvivenza abbia il genere umano.
Ad ogni modo, data la potenza di calcolo, basata su un afflusso di dati socioeconomici senza precedenti, la scienza delle previsioni si appresta a varcare in modo sistematico i limiti delle scienze naturali per entrare da protagonista nelle scienze umane e sociali. «La scienza delle previsioni si è evoluta assimilando dati, modelli matematici, intelligenza artificiale, tramutando l'uomo in un atomo sociale e rendendolo quindi predicibile.»
Gerarchie
I più accreditati studiosi di economia e finanza hanno fallito, non sapendo prevedere la crisi del 2008, pur disponendo di già sofisticati algoritmi. Ancor meno hanno previsto le dimensioni della spaventosa crescita delle disuguaglianze planetarie, in seguito alla globalizzazione capitalistica contemporanea.
I modelli delle “reti relazionali” potranno aiutarci ad evitare futuri ulteriori fallimenti?
In questo specifico ambito di studi si è verificato un sorprendente ribaltamento: una teoria economica è stata assunta a modello per una ricerca della “fisica sociale”, mentre prevale la tendenza delle scienze umane, in economia a esempio, ad introiettare modelli dalle scienze della natura.
La teoria economica è quella di Vilfredo Pareto (1848-1923), per la quale nel capitalismo meno del 20% della popolazione è destinata a possedere più ricchezza di oltre il restante l'80%. La previsione di Pareto è confermata su scala mondiale dal distribuirsi a “coppa di champagne” del reddito [vedi grafico qui sotto] ma pare non turbi granché i teorici pluripremiati del neoliberismo.

Trascurata da molta scienza economica per diagnosticare le tendenze della globalizzazione capitalistica contemporanea, è stata invece assunta all'interno del modello di rete dei flussi relazionali elaborato da uno scienziato ungherese originario della Transilvania, Albert-László Barabási.
Nel 1999 elabora un modello: «Il modello era basato su due principi (…). Il primo è che le reti sociali ma anche tecnologiche e infrastrutturali, sono oggetti dinamici, in continua crescita. I nuovi nodi che entrano nelle reti – che siano persone in una rete sociale o computer che si allacciano ad Internet – devono decidere con chi stabilire le loro connessioni e interazioni. Il secondo principio è proprio un meccanismo di scelta basato sulla nostra tendenza a preferire connessioni con chi è altamente connesso.»
A chi l'”atomo sociale” accorderà la “preferenza” relazionale e connettiva, se non a chi è già altamente connesso? La scienza delle reti adotta la teoria di Pareto per dirci che la società capitalistica gerarchizzata nella ricchezza si riprodurrà nella società gerarchizzata nelle connessioni.
Potenza delle previsioni: le gerarchie sociali rimarranno immutate e ben conservate, giacché per ritrovarsi ancora in quel “meno del 20%” ai più ricchi basterà dominare l'orientamento delle “preferenze” nelle connessioni, con la fastidiosa variante (aggiungo) di dover accettare tra le proprie fila qualche parvenu, magari tra gli influencers marketing, che la darwiniana “selezione delle specie” loro imporrà.
Presupposti teorici
In seguito alle mancate previsioni degli economisti main stream sulla crisi è nata una discussione sulla validità della matematica in quanto tale. Una discussione che mi pare manchi di cogliere il punto essenziale. Sarebbe assurdo inibirci l'uso del linguaggio matematico, o dei linguaggi, visto che esistono più matematiche. Purché non si pretenda di conferire loro una insita ed indiscutibile capacità di verità.
In economia questa pretesa risale all'avvento della scuola marginalista, la cui teoria del valore fu espressa in termini matematici dal suo massimo esponente, l'inglese Alfred Marshall (1842-1924)3. Una pretesa riproposta da molti teorici del neoliberismo, insigniti del Nobel per l'economia.4
Al contrario, non si trascuri il fatto che l'economista antiliberista inglese John Maynard Keynes, benché fosse un valente matematico e fosse stato allievo di Marshall a Cambridge, abbia preferito per lo più esprimersi in un linguaggio discorsivo.
A proposito del ruolo della teoria, Vespignani critica la tesi di Chris Anderson del 2008 per cui «la correlazione è sufficiente. Possiamo analizzare i dati senza ipotesi su cosa potrebbe mostrare.» Secondo lui se ci priviamo della teoria, corriamo «il rischio di costruire un sapere su basi concettuali sbagliate senza esserne consapevoli.»
Il sistema tolemaico, per esempio, «riusciva ad ottenere predizioni in accordo con le osservazioni non estremamente precise di quei tempi.» «Nella nuova era dell'intelligenza artificiale e delle scatole nere, rischiamo di replicare all'infinito trappole concettuali come il sistema tolemaico.»
Scatole nere
«Black Box Definizione di alcuni sistemi di machine learning che da un input forniscono un output, ma nei quali i calcoli che avvengono durante il processo non sono facilmente interpretabili.»


Per parte mia, ricordo che la teoria eliocentrica è stata geometricamente dimostrata da Aristarco di Samo (310 a.C. - 230 a.C.) più di duemila anni fa.
Perché per secoli quella dimostrazione fu condannata all'oblio? Non è un azzardo supporre l'essenziale motivo per cui venne accantonata dai poteri dominanti per lungo tempo: contraddiceva l'immagine del cielo che loro serviva per governare sulla terra.
Siamo davvero sicuri che ai poteri dominanti dei nostri giorni sia così indifferente l'immagine del cosmo che abbiamo in testa?
Mi permetto di osservare, inoltre, che le contraddizioni di una crisi sociale e politica non si risolvono come si ricompone uno stormo di uccelli che eviti un ostacolo. Giacché è proprio al modello naturalistico dello “sciame di uomini” che fa riferimento la nuova scienza delle previsioni.
Uno stormo di uccelli
Ahinoi, le contraddizioni, gli antagonismi tra gruppi sociali umani, di cui la scienza è pervasa in quanto parte di essi...
Emblematica è la storia di 300 anni del pensiero economico sul valore.
Per i “classici” come David Ricardo il valore derivava “oggettivamente” dal lavoro. Era così anche per Karl Marx, pur in una visione anticapitalistica estranea a Ricardo.
Dall'avvento del marginalismo del prima citato Marshall, il valore è teorizzato da un punto di vista “soggettivo”, poiché risiede nella “utilità marginale” percepita dal soggetto acquirente, il quale (è solo un esempio) per la prima merendina sarà disposto a pagare un prezzo, via via decrescente per le merendine successive, pari al decrescere marginale della soddisfazione da lui provata nel mangiarle. Fino al punto da rinunciare al loro acquisto: a prezzo zero corrisponderà valore zero.
Da un simile approccio soggettivo derivano molte conseguenze, che investono l'economia nel suo complesso. Si pensi alla green economy, nella quale si ripresenta ingigantita la contraddizione tra valore di scambio e valore d'uso, già pensata da Marx. Quale valore attribuire all'acqua o all'aria?
La scuola marginalista, quando asseriva che non più il lavoro, bensì il prezzo è il fondamento del valore, poneva una condizione: i mercati nei quali il prezzo veniva fissato dovevano essere perfettamente concorrenziali. Infinita e perdurante è la discussione sui “mercati perfetti” e la loro possibile esistenza, oltreché sul valore nell'odierna economia finanziarizzata.
Tutto possiamo asserire, tranne che lo sviluppo della teoria del valore sia avvenuto per mera accumulazione di conoscenza, ovvero per evoluzione. Al contrario, ciascuna teoria è scaturita dall'aspro contrasto tra scuole ed ideologie, riflesso di quello sociale, in un contesto politico ed economico in continuo mutamento, al quale esse hanno partecipato in modo attivo. Sono state e sono parte della realtà in divenire. Non potrebbe essere altrimenti, poiché idee e teorie sono pensate ed architettate da uomini e donne che non abitano su un altro pianeta in un tempo storico indefinito.
La risposta ad Elisabetta
Ricapitolando: l'Oracolo previsionale è risultato della costruzione algoritmica, a sua volta assunta in base ad una o più teorie. Sicché una previsione, quando si basi su una o più teorie false, conduce a conclusioni inesorabilmente sbagliate.
Inoltre la costruzione algoritmica, per applicarsi alle scienze umane sociali, dichiara di partire dall'analisi delle molteplici e dinamiche interazioni dell'”atomo sociale” e poi di tradurle in algoritmi ritenuti validi al fine di prevedere l'andamento dell'insieme sociale. Lo si voglia o no, viene qui inserita una ulteriore supposizione teorica che assume a riferimento l'individuo ”atomo sociale”, dinamicamente inserito in una rete relazionale in movimento.
Questa ulteriore supposizione teorica, elaborata nell'ambito della “rivoluzione della complessità”, costituisce il secondo strato della “cipolla”, che contiene a sua volta il sostrato di teorie sociali, economiche e politiche, siano esse consapevolmente adottate (come ha fatto Albert-László Barabási) o meno.
Nella verifica di validità sarà molto difficile separare i due strati teorici, eppure basterà che uno solo di essi sia falso per condurre a sbagliate previsioni. Questa costatazione ci permette di rispondere alla domanda posta da Elisabetta.
Tanti prestigiosi accademici, pur esprimendosi nel linguaggio matematico più esatto, non sono riusciti a prevedere, né la crisi economica, né la smisurata crescita delle disuguaglianze sociali e, tantomeno, l'emergere delle contraddizioni sociali e politiche che ci attraversano.
Ciò e dovuto ad un motivo teorico “primario”.
Che il motivo, all'origine della débâcle messa in luce da Elisabetta, risieda nella teoria detta neoliberista, pre-assunta ad assioma, è una convinzione non solo mia. Parimenti, qualora l'Oracolo 2.0 insistesse a basarsi sul sostrato teorico del neoliberismo nelle sue predizioni è destinato alla medesima ingloriosa sorte.
Note
1 Alessandro Vespignani, “L'algoritmo e l'oracolo – Come la scienza predice il futuro e ci aiuta a cambiarlo”, il Saggiatore, 2019.
2 Uber è un'azienda USA. Ha iniziato fornendo un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso un'applicazione mobile che mette in collegamento diretto passeggeri ed autisti. Poi ha esteso la propria attività ad altri settori, quali la consegna di cibo a domicilio. Airbnb è un portale online che mette in contatto persone in cerca di un alloggio, o di una camera per brevi periodi, con chi dispone di uno spazio da affittare. Uber ed AirBnb sono tra le maggiori imprese della sharing economy.
3 Marshall usò il calcolo matematico, preso a prestito dalla fisica newtoniana, per spiegare il funzionamento dell'economia.
4 Non mi riferisco solo a Milton Friedman, Nobel nel 1976, ma anche, tra gli altri, a Robert Merton e Myron Scholes, co-vincitori del Nobel nel 1997.

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